Quello che amo di più nei bambini: il loro essere dipendenti. Han­no bisogno di noi per sopravvivere. Da madre, tutto quello che ho sempre voluto è stato sen­tirmi necessaria. Per i primi anni di vita del bambino, nes­suno è importante come la madre, nemmeno il padre. Quell’imperativo biologico pretende di essere soddisfatto continuamente. E poi il tuo bambino compie dieci o dodici o diciotto anni e, all’improvviso, tu non conti più niente. E noi come dovremmo reagire? Noi madri rinunciamo a tutto per i nostri figli, finché loro non decidono che quel tutto non lo vogliono più. Pag.265

Cara Rose Gold, di Stephanie Wrobel, Fazi editore 2021, traduzione di Donatella Rizzati, pagg.360

Il romanzo di debutto di Stephanie Wrobel è un thriller psicologico, inquietante e pieno di suspense tagliente, che esplora le relazioni madre-figlia quando diventano tossiche. Al centro di Cara Rose Gold c’è l’angosciante sindrome di Münchhausen per procura. La sindrome di Münchhausen per procura è una condizione psichiatrica che prende il nome dall’omonimo barone tedesco vissuto nel XVIII secolo, famoso per la sua spasmodica tendenza a raccontare gesta inventate e inverosimili con il solo scopo di attirare l’attenzione.
Si tratta di una malattia mentale – e di una forma di abuso – in cui un genitore o un’altra persona che si prende cura del bambinosimula o provoca una malattia del bambino.

In Cara Rose Gold, Stephanie Wrobel esplora i lati oscuri del legame madre-figlia attraverso la lente di questo disturbo inquietante.

«È corretto dire che Patty Watts creò un ambiente tossico per crescere una bambina?».

Rose Gold annuì. «Lei non mi lasciava mai sola».

Rose Gold proseguì: «Era mia madre a parlare di me con i miei medici». Eri tu a chiedermi di farlo, eri sempre timida e nervosa quando c’erano estranei intorno.

«Mia madre sceglieva i miei vestiti ogni giorno, finché non ho compiuto diciassette anni». Tu non ti fidavi della tua capacità di abbinare gli abiti.

«Mia madre masticava il cibo che pensava potessi tolle­rare prima che mi fosse permesso di mangiarlo». Tu dicevi che se il cibo fosse stato già tritato forse non ti saresti sentita male. Pag.105

Il romanzo ruota attorno a due personaggi principali: Patty Watts, la madre, e sua figlia Rose Gold Watts, in un racconto avvicendato in prima persona di ciascuna di loro, alternando il presente – Patty – al flashback di Rose Gold. Fin da bambina, Rose Gold credeva di essere gravemente malata. Sua madre, Patty, sembrava al mondo esterno una santa: una madre single – un’infermiera diplomata – disposta a sacrificare qualsiasi cosa pur di prendersi cura della sua giovane figlia. Fin da neonata Rose Gold aveva sintomi riconducibili a malattie, anche gravi; la sua vita era un continuo entrare e uscire da ospedali, eseguire esami, seguire terapie. Dall’applicazione di un sondino nasogastrico, alla sedia a rotelle, il suo esile corpicino ha sperimentato di tutto. Ma, in realtà, nessun medico è riuscito a formulare una diagnosi precisa dei suoi disturbi. Crescendo, Rose Gold ha scoperto una verità scioccante: sua madre, la persona di cui avrebbe dovuto potersi fidare, la stava facendo ammalare di proposito.  

Il romanzo inizia quando, anni dopo essere stata condannata dopo un processo, Patty ha finito di scontare una pena detentiva per aver abusato di sua figlia. Rose Gold è ora lei stessa una madre e sta per ricongiungersi con la donna che l’ha ferita così gravemente. Infatti, dopo essere stata il testimone chiave nel processo contro la madre, verso la fine della sua detenzione, ha messo in atto un tentativo di riconciliazione e, quando la madre esce di prigione, la va a prendere per ospitarla in casa sua. 

Al di là di apparire come un’edificante storia di riavvicinamento e perdono tra madre e figlia, si intuisce subito che non tutto è come sembra. Le due donne sono estremamente sospettose l’una dell’altra, e i particolari fanno scricchiolare questo falso idillio. Mentre Rose Gold e Patty tentano di riparare la loro contorta – e tossica – relazione, si chiarisce che il cuore dell’azione non è ciò che Patty ha fatto a Rose Gold, ma quale ricaduta hanno avuto queste crudeltà passate nel presente. Wrobel stabilisce abilmente i fatti del caso fin dall’inizio, lasciando il lettore a chiedersi cosa potrebbe succedere dopo che madre e figlia si riuniranno… e ciò che accadrà è a dir poco inquietante. Il legame tra Patty e Rose Gold è tanto disfunzionale quanto forte: tra loro si sviluppa una sorta di gioco del gatto e del topo in cui vittima e carnefice continuano a scambiarsi di ruolo.

Capitolo dopo capitolo, Patty e Rose Gold portano avanti un braccio di ferro che innesca una tensione tale che il lettore difficilmente potrà rinunciare di portare a termine la lettura. Si entra nella storia con delle certezze che però, man mano, cominciano a dissolversi. Patty, all’inizio, è l’ovvia colpevole: manipolatrice e bugiarda, a volte strafottente, si profila come una donna che vuole e ottiene il controllo sugli altri, persino quando è in prigione. Rose Gold – senza amici e impegnata in un lavoro umile presso Gadget World per mantenersi e risparmiare per l’enorme lavoro dentale di cui avrà bisogno per riparare i denti devastati da anni di malnutrizione — è la sopravvissuta traumatizzata dagli abusi che ha subito. Ma, nel giro di qualche capitolo, Wrobel inizia a destabilizzare sottilmente le simpatie dei lettori. Veniamo a sapere che Rose Gold ha usato i suoi risparmi non per le cure dentali ma per comprare la casa abbandonata in cui Patty è cresciuta e ha subito abusi da bambina da parte del padre. Immaginate lo shock di Patty quando arrivano a casa, la casa in cui lei stessa ha sperimentato un’infanzia dolorosa… ma, non basta, Rose Gold ha dipinto due giganteschi occhi sul soffitto della camera degli ospiti dove dormirà Patty. Rose Gold chiude sempre a chiave la porta della sua camera, e sembra non volere mangiare: infatti a Patty è subito evidente che sia malnutrita, e questo la insospettisce. Lo sta facendo apposta? Sta mettendo in atto una strategia? Non è forse lei stessa una manipolatrice bugiarda?

Sull’altro fronte, Patty vuole monopolizzare le cure del bambino di Rose Gold; fa in modo di rimanere con lui più tempo possibile e insinua che Rose Gold non sia in grado di prendersi cura di lui, che non lo protegga abbastanza. Sta forse architettando di rapire il piccolo e fuggire? Vuole di nuovo creare un rapporto di controllo sulla vita di un bambino?

In questa altalena di sospetti su cui il lettore viene trascinato dalle due donne, la verità ha sempre due facce.

Intorno alle due protagoniste incontriamo diversi personaggi chiave, che hanno avuto e avranno ruoli decisivi nello sviluppo della trama. Come la vicina di casa, Mary Stone, lo pseudo fidanzato – conosciuto su internet – di Rose Gold, e Tom, un infermiere ex amico di Patty. Il ritorno di Patty nella loro cittadina è accolto in modo ostile da tutta la comunità: il suo caso aveva destato molto scalpore soprattutto per il fatto che tutti avevano creduto alla sua buona fede e l’avevano ritenuta una brava madre. Tutti si erano prodigati per aiutarla anche economicamente e rendendosi disponibili nelle necessità quotidiane. Si erano sentiti ingannati e si erano schierati dalla parte di Rose Gold, la vittima innocente a cui la malvagia madre aveva rovinato l’infanzia. Rivederla tornare in città è l’ultima cosa che tutti si aspettano e Rose Gold lo sa bene… 

Stephanie Wrobel ordisce la trama del suo thriller attorno all’assunto: “Mothers never forget. Daughters never forgive”. Una verità di cui Rose Gold è pienamente convinta:

Tu non amerai mai tua madre quanto lei ha amato te. Lei ha creato ricordi di te da quando eri un seme di papavero nella sua pancia. Tu non cominci ad avere ricordi finché non arrivi a tre, quattro, cinque anni. Lei è partita in van­taggio. Lei ti conosce persino da prima che tu esistessi. Come potremmo competere con tutto questo? Non pos­siamo. Abbiamo accettato che le nostre madri brandiscano il loro amore su di noi, lasciamo che lo sfoggino a destra e sinistra, come un ninnolo di carne, perché il loro amore è stato superiore al nostro. Pag. 279

Qui potete leggere l’incipit.

La foto che ho usato come sfondo in copertina è di Lewis Baltz, Model Home, Shadow Mountain, 1977. Ringrazio l’editore per avermi dato la possibilità di leggere in anteprima questo attesissimo romanzo.

Stephanie Wrobel è cresciuta a Chicago ma vive nel Regno Unito con il marito e il cane Moose Barkwinkle. Ha conseguito un MFA presso l’Emerson College e ha pubblicato alcuni racconti su «Bellevue Literary Review». Prima di dedicarsi alla narrativa, ha lavorato come copywriter creativa presso varie agenzie pubblicitarie. Cara Rose Gold è il suo sorprendente esordio. Di prossima pubblicazione sempre per Fazi Editore il suo secondo romanzo, This Might Hurt.