Il valore della vita e quello del teatro finiscono per convergere nello stesso destino fugace, inafferrabile che forse solo nei momenti estremi della nostra esistenza riusciamo a intuire. Un destino al quale noi attori aderiamo naturalmente, senza farci troppe domande, passando dalla realtà alla finzione scenica e viceversa senza mai sentirci inadeguati, così come mai ci si sente inadeguati ad addormentarsi, a risvegliarsi, a mangiare, a bere, a muoversi, a restare fermi, a sognare, a pensare.
La sartoria di Addis Abeba, pag. 169
La sartoria di Addis Abeba, di Massimo Venturiello, Ensemble edizioni 2021, pagg. 203
Massimo Venturiello, noto attore e regista teatrale, si racconta in questo bellissimo romanzo memoir, un romanzo che funziona un po’ come quando ti metti ad aprire dei cassetti in cui non guardavi da tempo e da ognuno salta fuori un frammento, e pian piano si compone un disegno, il collage di una vita. Una vita piena, dove il privato e la dimensione lavorativa si fondono in un tutt’uno; una corrente in cui a volte ci si lascia trasportare, si preferisce lasciare andare le cose come devono, si lascia che i capitoli si chiudano e se ne aprano altri. Prendendo però le decisioni quando diventa necessario farlo. Anche quando sono dolorose, anche quando azzerano molte certezze.
Seguendo il filo dei ricordi, sollecitati da un volto, da un biglietto ritrovato, da un oggetto gelosamente custodito, da un’immagine che fa capolino dal passato, Venturiello ci trasporta nella sua vita indissolubilmente legata alla professione di attore e regista. Una vita spesso itinerante come lo sono i set delle tournée teatrali e dei film – Verona, Venezia, Mosca, Varna e così via -, che ti porta a dormire in alberghi di cui a malapena ricordi le sembianze, ma anche di incontri; la casualità di imbattersi in persone che lasceranno un segno nella vita, e persone che così come si sono trovate, si sono poi anche perse.
E poi le complicazioni della vita: un amore sincero suggellato dal matrimonio che però, dopo trent’anni, frana, lasciando uno strascico di dissapori; un figlio da salvaguardare rispetto alle decisioni prese. Una donna importante con la quale però qualcosa non ha funzionato. Infine, un amore che ristabilisce l’armonia e la gioia di vivere e di lasciarsi sorprendere.
Nel seguire gli eventi ci si imbatte anche nei viaggi che portano Venturiello in giro con gli spettacoli teatrali e per i set cinematografici, che spesso creano opportunità di incontri con persone attraenti. Traspare spesso una vena di malinconia che mette tra lui e il mondo una certa distanza, quasi di sicurezza. Un suo modo di vivere, lasciando che le cose a volte prendano la loro strada, senza prendere delle decisioni definite o accampare diritti di intromissione nelle vite degli altri.
Il rapporto con la recitazione è uno degli assi portanti della sua vita, quella dimensione su cui si è stabilizzato e ha trovato la possibilità di esprimersi. Un naturale sbocco al suo carattere.
In quella zona limbica della nostra vita, che più o meno per ogni ragazzo si colloca intorno ai diciotto, diciannove anni, alla ricerca spasmodica di un’identità che non trovavo, incontrai per la prima volta la nausea e la tenni con me per circa un anno. Avevo bazzicato diverse strade viaggiando da un personaggio all’altro senza trovare una completa affinità con nessuno di loro; non avevo ancora capito che la mia vera aspirazione era proprio quella di compiere quel tipo di viaggio, il passare da un ruolo all’altro senza mai arrivare a destinazione.
La sartoria di Addis Abeba, pag.145
Venturiello racconta che durante i molti traslochi che ha fatto, ha sempre portato con sé alcuni oggetti con un significato particolare, che rimandano a precisi momenti della sua vita: delle foto, un nastro di pizzo nero di una ragazza russa incontrata a Mosca, un libro con dedica di un grande attore, il primo camioncino di legno regalatogli dal padre, una scatolina contenente sabbia blu che gli aveva regalato suo figlio Tommaso. In queste pagine tocca il lato emotivo di ogni lettore, perché tutti abbiamo, ben nascosta in fondo ad un cassetto, quella scatola di ricordi, di oggetti apparentemente senza valore, che invece ne possiedono uno grandissimo per noi. E proprio il contatto visivo e tattile con quegli oggetti è come salire su un ottovolante che ci lancia a tutta velocità in mezzo ai ricordi.
I ricordi del tempo passato di Venturiello si rivolgono anche alla dimensione familiare di origine. Il padre emigrato in Etiopia, ad Addis Abeba, dove aveva aperto una piccola sartoria con rivendita di tessuti. La madre che lo aveva aspettato per quindici anni e finalmente aveva coronato il suo amore col matrimonio. Il paesello dove è nato, il trasferimento a Roma, il bisogno di mantenere un contatto con la campagna.
Quello di Venturiello è davvero un bel libro, da leggere per il piacere di mettersi in relazione ad una vita vissuta ma anche a tante riflessioni che tra le pagine l’autore sviluppa e rimpalla al lettore. Una scrittura matura, scorrevole che invoglia a lasciarsi conquistare dal ritmo di una narrazione che alterna presente e ricordi dal passato; un libro sincero che non nasconde anche i fallimenti o le azioni di cui poi, col tempo, ci si pente, che mette a nudo le passioni, le delusioni e gli amori, duraturi o fugaci, le amicizie, insomma tutti quei tasselli che compongono un’esistenza.
Le cose più belle della vita sono quasi sempre quelle che ci sfiorano soltanto.
La sartoria di Addis Abeba, pag.35

Massimo Venturiello è un attore, regista teatrale e doppiatore. Si diploma nel 1982 all’Accademia nazionale d’arte drammatica di Roma ed esordisce col Tito Andronico di Shakespeare diretto da Gabriele Lavia. Nel 2006 interpreta Cesare Carrano nella serie televisiva Distretto di Polizia 6, poi il commissario Angelo Mangano nella serie Il capo dei capi (2007), il colonnello Carlo Fulgeri nella serie Intelligence (2009) e l’avvocato Alcamo nella prima serie de Il sistema (2016).
Al cinema è stato diretto dai fratelli Taviani, Ettore Scola, Gabriele Salvatores, Nikita Michalkov, Beppe Cino, Giuseppe Bertolucci, Sergio Rubini e Carlo Lizzani.
In teatro è stato Masaniello nell’omonima pièce per la regia di Armando Pugliese, Mackie Messer ne L’opera da tre soldi per la regia di Pietro Carriglio, Gastone nella commedia di Ettore Petrolini di cui ha curato anche la regia. Ha adattato inoltre per il teatro Il grande dittatore di Charlie Chaplin di cui è stato protagonista e regista. Nel 2008 interpreta a teatro Zampanò ne La strada di Federico Fellini, di cui è anche regista. Nel 2011 interpreta lo spettacolo di teatro canzone “Musicanti” e nello stesso anno è protagonista e regista de Il borghese gentiluomo. Nel 2012 è regista e interprete del monologo Barberia di G. Clementi, accompagnato dall’orchestra di musica popolare di Favara.
Da doppiatore ha prestato la voce a vari attori: Gary Oldman, James Woods, Liam Neeson, Colin Firth, Richard Gere, Kurt Russell, John Turturro, Bruce Willis, Willem Dafoe, Julian Sands, Dennis Quaid, Christopher Lambert, Jeremy Irons e altri. È stato inoltre la voce di Kitt in Supercar nella seconda, terza e quarta stagione e la voce di Ade nel film di animazione Hercules.
Venturiello è sposato con la cantante e attrice Tosca: i due si sono conosciuti durante la loro carriera teatrale e hanno collaborato per numerosi spettacoli.