Lo sport parla un linguaggio diretto, universale ed emozionale, inoltre è una delle poche attività umane in grado di unire le generazioni. Non c’è quindi da stupirsi se da sempre la letteratura ne ha tratto spunto per raccontare storie esemplari. Entrando nelle librerie, troviamo interi scaffali dedicati a questo argomento: oltre ai manuali e ai testi motivazionali, ci sono numerose biografie e anche romanzi in cui lo sport è il leit motiv che anima la storia.
Nel genere biografie e autobiografie potete trovare tantissimi titoli; ve ne segnalo alcuni che secondo me hanno qualcosa in più.

Costretto ad allenarsi sin da quando aveva quattro anni da un padre dispotico ma determinato a farne un campione a qualunque costo, Andre Agassi cresce con un sentimento fortissimo: l’odio smisurato per il tennis. Contemporaneamente però prende piede in lui anche la consapevolezza di possedere un talento eccezionale. Ed è proprio in bilico tra una pulsione verso l’autodistruzione e la ricerca della perfezione che si svolgerà la sua incredibile carriera sportiva. Con i capelli ossigenati, l’orecchino e una tenuta più da musicista punk che da tennista, Agassi ha sconvolto l’austero mondo del tennis, raggiungendo una serie di successi mai vista prima.

Il libro racconta la presenza sacrale di Federer su un campo da tennis. Dai primi anni difficili e stranamente indisciplinati, a quelli del suo dominio incontrastato, per poi arrivare alle rivalità infinite, prima con Rafael Nadal e poi con Novak Djoković, che col loro confronto di stili hanno fatto brillare ancora più intensamente l’unicità del tennis di Federer. Roger col completo bianco immacolato, l’iconica fascia da samurai, la bocca un po’ triste e lo sguardo stretto e assorto. Quando cammina sul prato verde di Wimbledon, sul suo prato, nei momenti più duri o in quelli più felici, Federer non perde mai una profonda imperturbabilità, la forma di eleganza più apprezzata nel tennis. In uno sport sempre più dominato dall’atletismo estremo, Federer riesce a vincere mantenendo un’armonia neoclassica che lo fa apparire come la versione perfezionata dei tennisti del passato. Col passare del tempo le vittorie di Roger sono diventate più rare delle sconfitte, creando il paradosso perfetto del giocatore insieme più vincente e più perdente della storia. Il suo tramonto, così lungo ed enigmatico, ha reso la sua figura ancora più amata. Nei successi ma anche negli insuccessi, Federer è riuscito a incarnare l’essenza del suo sport, fino a diventare quasi più grande del tennis stesso.

Un viaggio per parole e immagini nella mente di un artista tra i più geniali e vincenti della storia dello sport. Impreziosito dalle meravigliose fotografie di Andrew D. Bernstein, fotografo ufficiale dei Lakers che ha seguito Kobe fin dai suoi primi passi allo Staples Center.
Vent’anni di carriera nella stessa squadra, i Los Angeles Lakers, 5 Titoli NBA, due ori olimpici, un’infinità di record personali. Kobe Bryant ha letteralmente rivoluzionato la pallacanestro, prima di ritirarsi nel 2016 scrivendo una toccante lettera d’addio al basket che è diventata un cortometraggio animato premio Oscar nel 2018. In questo magnifico libro illustrato Kobe (autosoprannominatosi “Black Mamba” dal nome di uno dei serpenti più letali e rapidi in natura) racconta il suo modo di intendere il basket: le sfide sempre più dure lanciate a se stesso e ai compagni in ogni allenamento, i riti per trovare la carica o la concentrazione, tutti i retroscena della preparazione ai match e i motivi per cui, semplicemente, per lui perdere non è mai stata un’opzione. E ancora: la volontà di superare il dolore e rinascere ogni volta più forte dopo i tanti infortuni patiti in carriera, i suoi maestri, lo studio maniacale degli avversari – da Michael Jordan a LeBron James – per carpire loro ogni segreto possibile e migliorare, migliorare ancora e ancora fino all’ultimo minuto dell’ultima partita disputata.

Oltre i trionfi, Ayrton Senna è stato il regalo per un’intera generazione, quella che ha cavalcato l’ultima onda della F1 romantica e selvaggia, tra gli anni Ottanta e l’alba dei Novanta. In quel tempo lontano e bellissimo, Senna forgiava capolavori destinati a durare per sempre. Era un sognatore, dei sognatori aveva l’ingenuità e la ferocia. Reggeva l’aura del predestinato, serbava la malinconia dell’eroe solitario, coltivava il fascino irresistibile di chi è di tutti senza appartenere mai a nessuno, offriva il profilo al destino che si stava compiendo.

Trait d’union del pianeta frammentato, il calcio è, come ha affermato uno scrittore britannico, la soap opera del nostro tempo. Un eccellente modo, dunque, per accostarsi, secondo Olivier Guez, alla storia di paesi e città, ai meandri del turbocapitalismo, persino alle metamorfosi dell’umanità divisa e ai cambiamenti nei suoi costumi, valori, speranze e paure. In queste pagine, l’autore dell'”Elogio della finta” conduce per mano il lettore nel paese della pampa e dei gauchos, l’Argentina, e lo fa attraverso un affascinante excursus nella storia del suo calcio. Una storia lunga un secolo. Dalla passione sportiva esportata dagli inglesi, passando per i primi club all’inizio del Novecento e poi per gli anni Venti a Buenos Aires, quando il calcio era «lo sport collettivo del popolo creolo e il tango la sua musica», fino al fatidico pomeriggio del 29 giugno 1986 in cui Víctor Hugo Morales, cronista argentino, celebra l’epopea del pibe de oro. Maradona, l’«aquilone cosmico».

Le storie raccontate in questo volume sono diventate l’archetipo di altre rivalità, presenti e future, e ancora a distanza di anni non hanno smesso di emozionare.
La rivalità è uno stimolo costante a migliorarsi, il motore dello sport. Quante vittorie, quanti record individuali sono, almeno in parte, merito anche di chi viene sconfitto, del secondo classificato? Le storie di atleti indimenticabili che, per uno scherzo del destino, si sono ritrovati a contendersi le luci dei riflettori. Anche lo sport, come la storia, celebra spesso i vincitori, dimenticando non solo gli sconfitti, ma anche quanto la competizione sia necessaria per raggiungere livelli di eccellenza impensabili in solitudine. La rivalità è un tipo di rapporto che può prendere sfumature diverse, ognuna interessante: può essere tossica, quando finisce per avvelenare uno dei due sfidanti, oppure virtuosa, quando porta entrambi i protagonisti a superare i propri limiti.

In “Due ore” le diverse facce dell’universo “maratona” sono raccontate in dieci tappe brillanti e affascinanti attraverso le sue storie e i suoi eroi. Ci sono le grandi gare di Geoffrey Mutai, quelle in cui ha perso di un soffio dopo aver corso sempre in testa, e quelle in cui ha vissuto l’estasi della corsa in solitudine, quando si sentiva attraversato dallo “Spirito”. E c’è la storia della sua vita, simile alle vite di tanti grandi campioni africani della maratona: un’infanzia scalza, un’adolescenza in bilico tra l’alcol e l’impegno sportivo, una scelta di massacranti allenamenti quotidiani in un ritiro sugli altopiani privo di acqua corrente e con le latrine esterne, ritiro in cui continua ad andare ancora oggi, nonostante il milione di dollari guadagnato. C’è poi la storia di Samuel Wanjiru, grande promessa della maratona keniana, travolto dalla ricchezza e dalla notorietà e morto tragicamente ad appena venticinque anni; e ancora, la storia della patria di tanti di questi corridori, la cosiddetta “terra della corsa”, dilaniata da guerre civili e tribali. C’è poi il racconto dei dibattiti scientifici sui motivi della superiorità degli atleti dell’Africa orientale (il cuore, lo scheletro, i piedi, i polmoni, l’altitudine, le usanze ataviche?) E naturalmente c’è la storia dell’evoluzione della maratona sportiva, un’evoluzione tecnica, ma anche e soprattutto organizzativa ed economica che ha portato dalla “maratonomania” del primo Novecento, a seguito dell’epica corsa olimpica di Dorando Pietri (descritta da un cronista d’eccezione, Sir Arthur Conan Doyle), all’attuale grande business delle maratone metropolitane.

Giorgio Rocca, uno degli sciatori italiani più vincenti della storia, racconta in prima persona il suo amore smisurato per lo sci e la montagna, fatto di passione, tenacia, determinazione e voglia di arrivare. Come puoi sognare di diventare un campione di sci se non hai un talento innato e sei un bambino in sovrappeso? Come puoi decidere di continuare a lottare per emergere se, a vent’anni, all’esordio in Coppa del Mondo frantumi il ginocchio a metà gara? Come puoi riuscire a vincere la medaglia d’oro alle Olimpiadi di casa se sulle spalle porti l’enorme peso delle aspettative di un intero Paese? Con una buona dose di autoironia e una carica di sincerità, sempre in bilico tra l’azione e l’emozione e tra la gioia e la delusione, Rocca descrive le esperienze sportive e umane che l’hanno portato a primeggiare sulle piste di tutto il mondo, in un’epoca non lontana in cui lo sci alpino era alla disperata ricerca dell’erede di Alberto Tomba. Un amore corrisposto che gli ha permesso di conquistare, in una carriera lunga quattordici anni, la Coppa del Mondo di slalom, tre medaglie di bronzo ai Mondiali e undici vittorie nel Circo Bianco.
E poi voglio presentarvi dei libri scritti da autori che forse non ci aspetteremmo su questo tema ma per le quali lo sport ha avuto un ruolo importante, come passione, come scuola di vita . Ecco qua:

Raccontando la sua storia di tifoso, Nick Hornby ci descrive i multiformi aspetti di un’ossessione: le abitudini, i riti, i tic, i sogni, le depressioni di un assiduo frequentatore di stadi. I molti appassionati del calcio possono ritrovare in questo racconto una parte della loro stessa vita. Perché la febbre del calcio, a tutte le latitudini, sembra essere la stessa e sembra rispecchiare le venture e le sventure della vita privata. Il Guardian l’ha decretato il miglior romanzo sportivo di tutti i tempi.

Montiamo in sella con Margherita Hack per ripercorrere con un’ironia garbata tutta toscana la sua vita al ritmo di dolci o sfrenate pedalate. La celebre astrofisica ci racconta come è passata dal triciclo alla bici da corsa. In mezzo ci sono le salite fiorentine, l’università, il secondo conflitto mondiale e il rifiuto di aderire al fascismo, l’amore per Aldo che, prima di diventare suo marito, fu grande amico d’infanzia e di giochi al Bobolino, la passione per il ciclismo e l’atletica, la carriera, l’affetto per gli animali, i viaggi all’estero, Trieste e le gite a due ruote a respirare libera nella natura, o le piacevoli nuotate a Barcola. Negli ultimi capitoli, quasi una pedalata civile, ci descrive il suo impegno culturale e politico, l’attenzione verso l’ambiente e le sue considerazioni sul dibattito dell’energia nucleare. Infine ci confida la vita nella sua “quarta giovinezza” lontana dalla bicicletta, ormai “appesa al chiodo”, ma ancora ricca di sogni e di ideali. Prefazione di Patrizio Roversi.

Negli anni della giovinezza e ben prima di diventare il più grande innovatore della letteratura americana contemporanea, David Foster Wallace si è a lungo dedicato al tennis, entrando nelle classifiche regionali e sfiorando la fama che ha saputo costruirsi altrove, e con ben altri esiti. Il tennis è rimasta una delle sue grandi passioni, tradotta nelle pagine di “Infinite Jest” e “Tennis, TV, trigonometria e tornado”. Ma soprattutto in due saggi, qui raccolti insieme per la prima volta, e dedicati rispettivamente a Roger Federer e a un’epica edizione degli U.S. Open. Ma anche a mille altre cose: lo scontro omerico tra il talento e la forza bruta, tra la bellezza apollinea di una volée perfetta e gli interessi economici “sporchi” che ruotano intorno a ogni sport. Il tutto, nella lingua immaginifica e inimitabile che i fan di David Foster Wallace hanno imparato da tempo a conoscere e amare.

Cosa c’è di più avventuroso, in una pigra giornata di sole, che decidere di attraversare tutta la contea a nuoto? Ned ha appena scoperto e battezzato il fiume Lucinda: un corso d’acqua composto da tutte le piscine e i rigagnoli che collegano la casa dei Westerhazy, di cui è ospite, a casa propria. Perché, si dice Ned, in una così pigra e piacevole giornata d’estate non tentare l’impresa, piscina per piscina? C’è qualcosa, però, che potrebbe rendere l’avventura più complicata di quanto Ned abbia previsto.

Sempre sul nuoto, vi suggerisco il bel libro di Carola Barbero. Il libro è diviso in otto capitoli, otto meditazioni su alcuni elementi fondamentali del nuoto: le Acque, il Tuffo, l’Apnea, i quattro stili (il Crawl, il Dorso, la Rana e il Delfino) e infine il Traguardo. Capitolo dopo capitolo, ci si immerge nello straordinario mondo del nuoto, alla ricerca degli attimi più belli ed emozionanti che si provano stando in acqua. Con uno stile semplice e un andatura decisa l’autrice porta il lettore a scoprire una serie di curiosità sul nuoto e sulla sua storia, mostrando interessanti e sorprendenti legami con la filosofia e la letteratura.

Il respiro della danza della scrittrice polacco-canadese Eva Stachniak è un romanzo avvincente, pieno di suggestioni, di atmosfere straordinariamente ricostruite, di personaggi noti e notissimi, di avvenimenti storici di importanza capitale del Novecento europeo. Il romanzo racconta l’evoluzione del balletto russo nei primi anni del XX secolo attraverso la vicenda pubblica e privata dei fratelli Nizinskij: Vaclav, Stassik e Bronia. Appartengono ad una famiglia di danzatori polacchi della troupe Lukovic che si esibisce in molte città russe, tra le quali Odessa, Kiev, Mosca. Dei tre fratelli la storia ufficiale rende omaggio a Vaclav, considerato uno dei ballerini più talentuosi della storia della danza e celebre per il suo virtuosismo e l’intensità delle sue caratterizzazioni. Eva Stachniak, senza mettere in ombra il genio della danza russa, si propone però di concentrare l’attenzione del lettore sulla sorella di Vaclav, Bronia.

Murakami racconta la sua passione per la corsa che si interseca strettamente con quella per la scrittura. Nata come antidoto contro la pigrizia e l’eccesso di fumo, iniziò a praticarla con regolarità; si recò in Grecia dove per la prima volta percorse tutto il tragitto classico della maratona. L’esperienza lo convinse: da allora ha partecipato a ventiquattro di queste competizioni, ma anche a una ultramaratona e a diverse gare di triathlon.
Nel libro Murakami spiega che tanti sono i punti in comune tra la scrittura e la corsa: pazienza, scrupolosità e resistenza sono tutte caratteristiche fondamentali per un buon podista, e sono le stesse esercitate da un autore nelle lunghe e solitarie ore di scrittura protratta. La preparazione e la dedizione necessaria per scrivere un libro, come Murakami sottolinea in questo collage di memorie, è la stessa richiesta per correre una maratona.
E poi quel senso di beata solitudine, la contemplazione di un paesaggio interiore ed esteriore, lunghe ore di sospensione spazio-temporale scandite dall’ascolto di respiro e battito, da sensazioni che inducono una ricerca profonda, dalla sublimazione della fatica che diventa un piacere estremo.

Il romanzo di Alfonsina Strada, la storia e le avventure della ciclista che per prima sfidò il maschilismo sportivo partecipando, unica donna, al Giro d’Italia del 1924. Nel 1924 il Giro d’Italia rischia va di non partire. Gli organizzatori non erano in grado di far fronte alle richieste economiche delle squadre e queste risposero con una diserzione in massa. Celebri campioni come Girardengo, Brunero, Bottecchia non avrebbero gareggiato; gli atleti dovevano iscriversi a titolo personale e la corsa rischiava di passare inosservata, con grave danno per gli sponsor. Occorreva qualcosa di eclatante, e si decise di accogliere la richiesta di una donna di trentatré anni che insisteva da tempo per partecipare. Si tratta va di Alfonsina Strada, aveva già affrontato due Giri di Lombardia.
Alfonsina è stata una pioniera della parificazione tra sport maschile e femminile. Simona Baldelli ha trovato lo sguardo e la voce per trasformare la sua epopea in un romanzo attento alle verità della Storia e sensibile alle sfumature dei sentimenti, creativo nella struttura e libero di intrecciare i fatti concreti con l’invenzione necessaria al gesto letterario.

Otello Marcacci con uno stile ironico, vivace, travolgente, scrive un romanzo dove sport, vita e anarchia si combinano per dire che la mediocrità è forse l’ultimo baluardo contro la corruzione che investe ogni cosa. E che forse è proprio da questa “aurea mediocritas” che bisogna ripartire… ridendo e sudando, sudando e ridendo.
Molti grandi scrittori hanno amato la boxe, dedicando pagine memorabili agli incontri sul ring. Lord Byron e John Keats si professavano grandi ammiratori della nobile arte e Arthur Conan Doyle non solo fece di Sherlock Holmes un pugile amatore, ma scrisse anche una dozzina di racconti nel libro pubblicato nel 1910 The Croxley Master and Other Tales of the Ring and Camp. Anche Ernest Hemingway era un grande appassionato di pugilato e da giovane aveva tirato anche qualche colpo sul ring. Cinquanta bigliettoni è il racconto che ha dedicato a un pugile fallito. Dunque troverete tanti libri dedicati a tale sport; tra tutti vi segnalo questo, pubblicato da una CE che offre molti titoli nel suo catalogo:

Una raccolta di saggi, scritti nell’arco di vent’anni – quattro dei quali pubblicati per la prima volta in Italia –, che ripercorrono la storia della boxe dai giochi gladiatori dell’antica Roma al pugilato a mani nude praticato in Inghilterra fin dal Diciottesimo secolo; dai combattimenti tra schiavi nell’America della Secessione alle sfide tra i fuoriclasse entrati ormai nella leggenda come Muhammad Ali, Mike Tyson, Jack Dempsey, Jack Johnson e Joe Louis. Joyce Carol Oates tratta con sensibilità e rispetto il mondo della boxe, che ha imparato a conoscere fin da bambina assecondando la passione del padre. Racconta le vite spesso rocambolesche dei campioni, le loro alterne vicende e fortune, i risvolti sociali e di costume, gli interessi che si intrecciano nell’attesa dei grandi incontri, gli aspetti controversi eppure affascinanti di questa disciplina. Intellettuale d’eccezione, Oates si accosta con entusiasmo e disincanto allo sport che forse più di altri incarna la miseria e la magnificenza della natura umana, offrendo un punto di vista inedito e virile sulla «nobile arte».
Una casa editrice che ha una collana dedicata allo sport è 66thnad2nd: la collana ATTESE è dedicata a tutti quei libri in cui lo sport, la competizione – non solo l’agonismo o la tecnica, ma anche il sogno e l’attesa che sempre accompagnano le gare e i fatti legati allo sport – offrono lo spunto per una narrazione più ampia e costituiscono le scintille che innescano il desiderio e il gioco della scrittura. Con questa missione, Attese ha dato finora spazio a discipline diverse – calcio, boxe, baseball, basket, rugby, ciclismo. Dalla riscoperta dei classici del genere alla pubblicazione di autori ancora inediti in Italia, fino alle opere delle giovani promesse della narrativa: tutti romanzi unici per stile, temi e ambientazione.
Molto interessante anche questo argomento. 🙂
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Grazie Nadia 🤗
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Rimasi ad affezione autentica a Soriano.
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Sì, piacevolissimi i racconti di Osvaldo Soriano. Il titolo è “Fútbol. Storie di calcio” e piacerà molto agli appassionati.
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Molto interessante!
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Grazie! È un genere che ti piace leggere?
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Non molto, ma mi sono piaciuti i riferimenti a Byron e Keats, e l’immagine tratta da quel bellissimo affresco sulla copertina del libro di Carola Barbero
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Il truffatore, che si trova al Museo Archeologico di Paestum ❤️
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Sì, stupendo!
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Agassi, Foster Wallace e Murakami: ce l’ho.
Tutti e tre consigliati 🙂
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Grazie del consiglio 🙌
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Grazie per i molteplici spunti. Aggiungo qualche altro titolo secondo me degno di figurare in una collezione di libri sullo sport e di o su sportivi:
– Eduardo Galeano: “Splendori e miserie del gioco del calcio”;
– Jorge Valdano: “Il sogno di Futebolandia”;
– Emanuela Audisio: ” Il ventre di Maradona”;
– Spirò Zavos: “L’arte del rugby”
– Adharandand Finn:”L’arte giapponese di correre”;
– Gianni Mura: “La fiamma rossa”
– Tim Moore: “Adagio su due ruote”
– Nicolò Campriani: “Ricordati di dimenticare la paura”
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Grazie!!! 🤗 Ottimi suggerimenti 👍👍👍
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Sai che nella vicinanza tra sport e letteratura non ci vedo niente di strano? Ciò che ci piace dello sport, in fin dei conti, sono le storie che racconta: cioè, la sua letterarietà.
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Hai ragionissima 👍👍👍
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La storia di Agassi mi è stata consigliata in lungo e in largo, anche da chi solitamente schifa il tennis o lo sport in generale, ma ancora non mi sono decisa a dargli una possibilità.
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Lo avevo regalato a mio figlio a cui è piaciuto molto e quindi l’ho letto anch’io. Mi è piaciuto come ha raccontato il rapporto col padre e come ha saputo trovare dentro di sé la forza per fare di sé una persona compiuta. Il suo ribellarsi è il percorso compiuto. Una bella storia di vita.
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Aggiungo il bellissimo “Diego da Buenos Aires” di Claudia Sapegno.
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Grazie 👍👍👍
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Grazie a te per la risposta! 🙂
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