Questa storia, per essere raccontata, ha bisogno di tanto tempo quanto ci mette questa candela a consumarsi, eppure si racconta da più tempo di quello che serve a una sola ape per fabbricare tutte le candele del paese.
Pag. 490
Il resto è aria, di Juan Gómez Bárcena , gran vía 2023, traduzione dallo spagnolo di Matteo Lefèvre, pp. 544, Illustrazione di copertina ©Caterina Ferrante
Juan Gómez Bárcena in questo vibrante romanzo racconta la storia del paese cantabrico di Toñanes attraverso un lunghissimo arco temporale, dal Seicento (con un salto indietro alla preistoria) ad oggi, e con un espediente narrativo originale, che fa fluire contemporaneamente i diversi piani temporali indicandoli a margine con date, e presentando, per ogni epoca, una galleria di personaggi di cui si possono seguire le vite legate appunto al piccolo centro, in una concatenazione di storie che hanno elementi in comune.
Chi ha amato la Macondo di Gabriel García Márquez noterà molte somiglianze (tranne il realismo magico, poiché qui tutto è reale).

Le storie partono come fili di una ragnatela, si alternano e compenetrano, collegando eventi principali importanti a piccole storie comuni. Man mano, si aggiungono altri fatti complementari che, come un rumore di fondo, sostengono il quadro complessivo.
I luoghi, dunque al centro. Lo sguardo sui luoghi è sì di occhi diversi ma noi li percepiamo in un continuum temporale, senza soluzione di continuità, pur se con la presenza di indicatori (i mezzi trasporto, i fatti storici, le leggende, la guerra civile, le malattie, cambio di re e plotoni di esecuzione…) che concordano con gli anni indicati a margine. Dunque una costruzione ardita, di non facile gestione, che Juan Gómez Bárcena riesce a tenere in bolla grazie ad una limpida capacità affabulatoria. Storie che si aprono e che ritornano ciclicamente nella narrazione, perché insieme ai luoghi, ci sono le persone al centro, coloro che quei luoghi li hanno abitati, o attraversati.
Toñanes assurge dunque a simbolo di un qualsiasi piccolo centro la cui storia risale fino alla notte dei tempi, per rivelarsi in un presente che lo vede essere un paesetto insignificante, che le auto attraversano in un minuto, senza neanche fermarsi, perché non possiede alcuna attrattiva, se non le poche case in pietra ancora in piedi e i campi erbosi che si affacciano fin sulla riva del mare. Uno dei tanti luoghi sparsi in quelle aree ormai spopolate, dove gli abitanti hanno abbandonato un territorio e uno stile di vita che garantiva appena la sussistenza. Luoghi che troviamo un po’ dovunque.
L’autore utilizza uno stile che ricorda per certi versi il nostro Verismo, mettendoci in contatto, grazie a descrizioni minuziose e precise, con la vita degli abitanti che nei secoli hanno popolato questo lembo di terra, soffermandosi su consuetudini – come l’alpeggio delle vacche – su leggende, su fatti storici, sulle contingenze eccetera, indagati con accuratezza fino a renderli vividi e vibranti.
I temi che stanno alla base di questa narrazione-fiume sono lo scorrere del tempo, la memoria, l’umana transitorietà, con il loro corollario di sentimenti e di avvenimenti, come l’amore, l’odio, il dolore, la religione, il fanatismo delle credenze, la giustizia, la disuguaglianza sociale, il razzismo, l’emigrazione forzata, la guerra, il radicamento, lo spopolamento, l’alto tasso di mortalità infantile, la perdita delle tradizioni… E la morte.

Il paesaggio della Cantabria gode oggi di una certa popolarità ed è meta di turismo, grazie alla bellezza del paesaggio, soprattutto delle sue scogliere, o di luoghi come la famosa grotta preistorica di Altamira, ma per l’autore – nato a Santander -, qui trasmutato in un personaggio (el niño de los dinosaurios), Toñanes è soprattutto lo scenario delle estati della sua infanzia e delle sue ricerche. Il luogo in cui la famiglia aveva quella seconda residenza che le famiglie della classe media spagnola iniziarono ad avere negli anni Ottanta e Novanta, di solito di fronte alla spiaggia o con uno o entrambi i genitori che recuperavano le proprie radici del luogo. Come la coppia che conosciamo subito nelle prime pagine, Emilio e Mercedes fanno, acquistando la casetta dell’anziano zio Mino che vuole lasciare la sua spartana residenza per trascorrere i suoi ultimi giorni in un luogo più confortevole. La coppia ha due bambine (un terzo in arrivo) che immediatamente si lasciano conquistare dal contatto con la natura che il luogo offre.
Scopre che una stessa vita non può essere vissuta due volte: che ovunque andrà, troverà sempre, mascherato o distorto, lo stesso paesaggio. E adesso è qui. Sta contemplando letteralmente lo stesso paesaggio. Lo stesso mare che si rompe contro gli scogli di Bolao. Lo stesso vento che agita i campi di mais. Lo stesso albero genealogico che il ragazzo ha disegnato dieci anni prima. Il ragazzo: cioè lui stesso. Il bambino dei dinosauri, il ragazzo, il madrileno: dopotutto, sempre la stessa persona.
Pag. 444
L’autore si è documentato in maniera impeccabile sulle epoche che la narrazione attraversa, unendo il macro al micro, sviluppando le trame alla perfezione, strutturando il testo con creatività e intelligenza, dando profondità e emozione al racconto. Il resto è aria, romanzo vincitore del prestigioso Premio Ciutat de Barcelona 2022, ha riscosso un enorme successo in Spagna.

Juan Gómez Bárcena è nato a Santander, Spagna, nel 1984. Con il suo primo libro di racconti, Los que duermen (2012), ha ottenuto il Premio Tormenta come autore rivelazione, mentre con Il cielo sopra Lima (Frassinelli 2016) ha vinto il Premio Ojo Crítico de Narrativa 2014 e il Premio Ciudad de Alcalá de Narrativa 2015. Tra le altre opere, si ricordano, Kanada (2017), Premio Ciudad de Santander 2017 e Premio Cálamo Otra Mirada 2017, e Ni siquiera los muertos (2020). Il resto è aria gli è valso il Premio Ciutat de Barcelona de Literatura 2022. Attualmente vive a Madrid.



Auguri Pina! 😀
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Tanti auguri Nadia 🤗😘
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Tanti cari auguri 🎉🎉🎉
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Auguriiiii 🥂
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Un libro bellissimo pina e poi a me gli scrittori spagnoli intrigano molto…ciaoooo salutissimi
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Hai ragione Viki, proprio bello 😘🤗
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