Vedi, quello che bisogna fare con un posto simile, un posto che ha subito ogni sorta di torto e offesa, è purificarlo. E per farlo, bisogna andare là in mezzo e placare tutti i fantasmi che vagano da queste parti.

Pag.233

Il giardino di marmo, di Alex Taylor, Edizioni Clichy 2022, traduzione di Giada Diano, pp. 341

Nei recessi oscuri del Kentucky, nel cuore dell’America rurale, povera e sporca, dove la terra è intrisa di segreti e la violenza è un’esperienza brutale e quotidiana, si svolge Il giardino di marmo, romanzo d’esordio di Alex Taylor, originario proprio del Kentucky, collocabile nel filone del southern gothic.
Tra le sue pagine, incontriamo un’umanità rude e ostinata, forgiata da una vita dura e segnata da un dolore inesauribile, disseminata di segreti talvolta inconfessabili; l’ambiente in cui vivono è costellato di edifici abbandonati, ex miniere di carbone, un fiume che trasporta quintali di rifiuti, una natura maltrattata. Una corrispondenza tra ambiente e umanità che si rimanda a specchio, l’una l’afflitta immagine dell’altra.

Eppure l’autore riesce a rendere poetico anche questo paesaggio grazie alle sue descrizioni dettagliate e attente ad ogni particolare di alberi e fiori, dando al lettore la possibilità di immaginare i boschi e i prati, laddove la mano dell’uomo è stata meno pesante, fin quasi a sentirne gli odori e i rumori, illuminati da apparizioni improvvise di animali selvatici.

La penna di Alex Taylor dipinge un affresco crudo e realistico, dove il sangue scorre con inquietante frequenza, le armi sempre pronte a scattare e a risolvere le questioni. I protagonisti, uomini resi brutali dalle circostanze e donne stoiche piegate dal peso dell’esistenza, portano con sé il fardello di rancori decennali e segreti sepolti che minacciano di emergere in superficie e travolgere ogni cosa.

La storia che leggiamo in questo romanzo (la vedrei perfettamente sul grande schermo per mano dei fratelli Coen) si compie nell’arco di una settimana che, capitolo dopo capitolo, giorno dopo giorno, accelera verso il tragico compimento di destini in bilico tra fatalità e autodeterminazione.

Un evento tragico dà il via alla spirale di violenza che anima la trama. Lungo il fiume Gasping – impetuoso, profondo, qualcuno dice senza fondo – Beam Sheetmire, un diciannovenne pieno di insicurezze sulla sua identità e introverso, afflitto da narcolessia, si trova da solo sul traghetto fluviale che suo padre gestisce; lì uccide un uomo che crede essere un ladro in procinto di rapinarlo e, chissà, magari di farlo fuori. L’omicidio assume un risvolto ancora più torbido quando si scopre che la vittima era il figlio di un potente uomo di loschi affari locale, appena evaso dalla prigione, e legato alla sua stessa famiglia, intrecciando così il suo destino con un segreto del passato di Beam. Consapevole della gravità del suo gesto e spinto dal padre, Beam tenta la fuga, ma il suo destino è ormai ineluttabile. Il suo atto ha scatenato una catena di eventi inarrestabile.

L’omicidio del figlio del boss locale funge da catalizzatore, sconvolgendo l’apparente tranquillità delle colline del Kentucky dando inizio a una serie di vendette e rappresaglie. Sulle orme di Beam si mette la giustizia incarnata dallo sceriffo Elvis, ma anche il temibile assassino Loat Duncan, padre dell’uomo da lui ucciso. Beam, braccato e disperato, si ritrova al centro di una voragine di violenza dalla quale sembra impossibile fuggire.

Durante la fuga incontra strani individui: un camionista che viaggia indossando un elegante completo, il gestore di un bordello senza braccia legato ai suoi genitori, un vecchio raccoglitore di ginseng; ognuno di loro rappresenta un pezzo mancante del passato di Beam, un frammento di verità che lo avvicina alla risoluzione del mistero che lo avvolge.

L’autore, Alex Taylor, costruisce magistralmente un’atmosfera tesa e opprimente, dove la violenza e il mistero si intrecciano indissolubilmente. I personaggi, tormentati da segreti e demoni interiori, si muovono in un mondo dominato dalla brutalità e dalla vendetta. È un viaggio nelle pieghe più oscure dell’animo umano, dove l’efferatezza si intreccia con la fragilità e la speranza lotta per sopravvivere contro ogni avversità. Mi ha ricordato le atmosfere di Non è un paese per vecchi, e di certi western contemporanei, penso ad esempio a Chris Offutt, anche lui originario del Kentucky.

Se siete alla ricerca di una lettura che vi scuota fino all’anima e vi faccia riflettere sulla natura più profonda dell’uomo, Il giardino di marmo è il libro che fa per voi. Preparatevi però ad entrare in un mondo duro e spietato, dove la redenzione è rara e la violenza è legge.

A proposito del titolo: l’espressione “Giardino di Marmo” per definire il cimitero riflette il tentativo umano di rendere la morte più accettabile, di abbellirne la realtà attraverso un’immagine poetica. C’è indubbiamente un velo di umorismo cupo in questa espressione, un’accettazione ironica della morte come parte inevitabile della vita.

Qui potete leggere l’incipit.

Il romanzo è inserito nella Box 17 di Romanzi.it, dedicata appunto a Edizioni Clichy. Vi ho illustrato la Box in questo POST. All’interno trovate i link per l’acquisto e un codice sconto riservato al mio blog.