Il mestiere di leggere. Blog di Pina Bertoli

Letture, riflessioni sull'arte, sulla musica.

Adelaida

INCIPIT

Questa storia inizia il 29 agosto del 1976 davanti all’arco dello zoo di Buenos Aires, nei pressi di Plaza Italia, dove si innalza il grande monumento equestre di Garibaldi.
È una giornata d’inverno, umida e fredda. Sotto l’arco, una riproduzione, in versione ridotta, dell’antico arco trionfale di Tito a Roma, c’è un venditore di palloncini con il suo folto grappolo in mano, tutto colorato.
Le strade sono affollate di macchine e di autobus provenienti da Avenida General Las Heras e diretti ad Avenida Sarmiento. Poco distante, a un angolo di Plaza Italia (che un tempo, oltre un secolo fa, era chiamata Plazoleta de los Portones), si trova una colonna di marmo originale del Foro Romano donata nel 1955 dal Comune di Roma, forse la più antica reliquia che esiste in Argentina.
Lungo General Las Heras cammina una ragazza con i capelli a caschetto e un leggero sorriso sulle labbra, dovuto più al suo carattere che alle circostanze. È da circa venti giorni che non esce di casa, ha trascorso questo tempo controllando, dietro una tenda appena scostata, il formicolante viavai della strada. Di tanto in tanto ha preso in mano il diario che sta scrivendo per sua figlia e ha disegnato tra le sue pagine un animaletto, un gatto con baffi lunghi o un coniglio con lo sguardo preoccupato. Ha ventidue anni e quel giorno è uscita con l’intenzione di fare un giro per le strade della città. Le piace andare a vedere gli animali nei pomeriggi freddi: i pappagalli colorati, le scimmie, le giraffe, ma forse quelli più l’attraggono sono gli elefanti, perché, come recita la canzone del flaco Spinetta, in un album che lei ama ascoltare da quando è uscito, sei anni prima, sanno morire in pace e dimenticare la propria solitudine.
Sa che quella domenica d’agosto allo zoo ci saranno anche alcuni dei suoi compagni, quelli che operano nella zona nord della città. Non è una riunione operativa, si trovano lì per confrontarsi, per condividere lo stesso dolore e per fare il punto su quello che sta succedendo attorno a loro.
Trova un taxi in via Paraná, uno di quei taxi neri e gialli che fanno parte del paesaggio urbano, e si fa lasciare alla fine di via Lafinur. Appena imbocca General Las Heras comincia a guardarsi intorno, con il sospetto di essere seguita. Non ne è certa ma si aspetta, per meglio dire auspica, che una volta giunta davanti allo zoo quegli uomini che da un bel tratto hanno iniziato a camminarle dietro possano dileguarsi. Ha l’impressione di avere sempre addosso lo sguardo degli altri: sarebbe bello, pensa, poter diventare all’occorrenza incorporea come il dottor Jack Griffin nel film L’uomo invisibile, che ha visto assieme al suo compagno Carlos Goldenberg (per lei, Carlitos).
In braccio tiene la sua bambina di nove mesi, Inés, nata alla fine di novembre del 1975.

Adrián N. Bravi

Recensione