Il mestiere di leggere. Blog di Pina Bertoli

Letture, riflessioni sull'arte, sulla musica.

All’ombra del fico

INCIPIT

Buje, Croazia, anno 1955: il commissario Risto Marjanović si prepara ad accogliere il futuro amministratore forestale Aleksandar Đorđević, come si usa dalle sue parti. Ha apparecchiato la tavola nel suo ufficio, disponendovi tutte le prelibatezze che la moglie Jovana aveva portato da Užice, in Serbia. La panna rappresa, il famoso formaggio kajmak di Užice, i ciccioli di maiale ben sgrassati e tagliati sottili come fili di tabacco, l’arista stagionata, la pancetta, l’indiavolata rakija di albicocche: tutto in onore di Aleksandar, che era in arrivo dalla Slovenia, Repubblica sorella, ma che a giudicare dal nome era in realtà dei suoi stessi luoghi e ci avrebbe potuto scambiare due parole nella sua lingua. Risto aveva appena ricoperto la carica di Commissario nell’Istria settentrionale e già lo pungeva la nostalgia dei suoi posti, e già di rendeva conto che nella sua amata Jugoslavia ci vivevano anche dei forestieri; la lingua che parlavano, a dir la verità, quasi quasi era comprensibile, ma, ciononostante, loro per lui restavano indecifrabili. Strana gente, lì a Buje. Risto se ne teneva alla larga più che poteva, invece di star loro col fiato sul collo per far iscrivere al partito quelli adatti e allontanare dalla vita sociale quelli non adatti, preferiva lasciarli andare per la loro strada, soprattutto per averci a che fare il meno possibile, lui con loro e loro con lui. Quando gli fu comunicato l’imminente arrivo da Lubiana del giovane Aleksandar Đorđević, si rallegrò della notizia come se gli avessero annunciato la visita di Josip Broz Tito. Qualcosa glielo diceva, Aleksandar avrebbe capito al volo che cosa c’era di sbagliato nella gente di Buje, e Risto, con lui, avrebbe potuto esprimersi su quegli argomenti di cui, nel mondo della fratellanza e dell’unità, non si poteva parlare, e Aleksandar, come già Risto, avrebbe percepito che con questa gente non c’era verso di averci un’intesa fraterna, e nemmeno di berci insieme fraternamente né di fraternamente azzuffarcisi, e si sarebbe anche reso conto da sé che il socialismo da questa gente bizzarra non ci poteva ricavare nulla di buono, e avrebbe concluso che la cosa migliore era di lasciarli perdere, senza cercare di levargli dio dalla testa.

Goran Vojnović

Recensione

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