INCIPIT
Katia Ziegler toglie il cappuccio alla stilografica con cui ha firmato tutti i documenti importanti della sua vita. È la stessa che aveva il giorno in cui si è sposata, negli anni Settanta. Quante facce sconosciute tra i banchi della chiesa… Ricorda che lui aveva sorriso per tutto il tempo, ma non i tratti del suo viso. Come se la sua faccia fosse stata rimossa dal passato e di quell’uomo non le restasse altro. Una sola fotografia: la schiena di lui contro la macchina argentata, le mani in tasca, il ciuffo biondo sull’occhio sinistro. È ottobre. La pioggia cade come una cascata fiacca, Applaude lenta sulle tegole del tetto. È la stessa pioggia che li lasciava senza luce. Per questo suo padre teneva pronti fiammiferi e candele nei cassetti. In realtà lui si era procurato una torcia, come quelle che usa la polizia, aveva detto. Ma siccome le bambine ci giocavano la sera, quando restavano al buio non c’era mai verso di trovarla. La pioggia risvegliava gli odori del giardino. E subito dopo, a guardare dalla finestra, l’orizzonte sembrava ristretto. Ecco lì un vicino, il cortile ordinato, un operaio. All’inizio lei scattava ogni mese una fotografia degli alberi. Li vedeva cambiare mentre faceva il caffè. Con la pioggia le torna in mente anche il muso freddo di quel cavallo baio disteso per terra, fradicio fino al midollo. L’acqua disegnava cerchi che si toccavano e si dissolvevano. In un mese d’ottobre come questo aveva piantato cento bulbi. L’erba aveva sollevato l’argilla rossa del terreno. Adesso è ancora tutto indietro, addormentato. Finché, con l’arrivo del caldo, riesploderà il giallo. È ottobre. È il mese della rivoluzione. Dopo le piogge, arriva l’inverno. La neve che cade non fa rumore.
Aroa Moreno Durán