Il mestiere di leggere. Blog di Pina Bertoli

Letture, riflessioni sull'arte, sulla musica.

Crepitio di stelle

INCIPIT

Abito in un condominio che si trova nella città di Reykjavík ed è l’ultimo di quattro palazzi tutti uguali. Il mio appartamento è quello del primo piano a sinistra, al numero 54, tre stanze più uno stanzino senza finestra, un balcone e una cantina. Davanti al condominio c’è un parcheggio e chi si affaccia alla finestra della nostra camera verso sera o magari la domenica può vedere dall’alto la Trabant con il tetto rosso. Sul sedile davanti c’è una cazzuola. Di fronte al condominio c’è un grande edificio a due piani. Al pianterreno ci sono la lavanderia Björg, una libreria e un barbiere con delle vetrine enormi che arrivano fino all’angolo. Nelle giornate tiepide d’estate il barbiere, che è pelato, si piazza sulla porta, e se dimentico di dirgli buongiorno mi tira uno scappellotto con il giornale arrotolato. Vicino al barbiere c’è un negozietto pieno di vestitini per bambini, poi di fianco c’è una specie di caverna con lo sportello della bottega di Söbbek. Niente porta, solo questa specie di sportello, e chi ha sette anni deve alzarsi sulle punte dei piedi per vedere dentro; qualche passo più in là c’è la porta della bottega, poi la latteria e subito dopo la panetteria di Böðvar. Böðvar è pelato proprio come il barbiere, ma è talmente grande e grosso che a qualcuno fa persino paura. Eppure è capace di regalarti una viennese calda che si scioglie in bocca mentre ti guarda con quei suoi occhi rossi e tristi per vedere l’espressione che fai. Böðvar non dorme, sono passati molti anni dall’ultima volta che ha dormito. Resta tutta la notte a fissare l’interno del forno rovente e pensa a cose tristi. Sono l’insonnia, il calore del forno e la tristezza dei pensieri a fargli venire gli occhi rossi. Non si può mai sapere che cosa si nasconda nelle pagnotte di Böðvar; una posata, uno spiedino, un pezzo di plastica, un tappo. Le donne del negozio Vogue un po’ storcono il naso e un po’ si commuovono per lui, sono quattro o cinque, tutte gentili, ti fanno pensare ai maglioni di lana cotta. Sopra la porta del loro negozio sta appesa una delle meraviglie del mondo, un paio di enormi forbici sfavillanti che sono grandi come un’automobile, o se non proprio come un’automobile almeno come un coccodrillo. Sono forbici che tagliano di continuo, un giorno dopo l’altro. Tagliano e sforbiciano eppure non tagliano niente se non forse questi ricordi, perché a volte la sera quando vado a letto, non più a sette anni ma a quasi quaranta, e il sonno mi si avvicina come un crepuscolo, vedo quelle forbici enormi che tagliano in profondità la nebbia del mio passato.

Jón Kalman Stefánsson

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