INCIPIT
Con la firma sul contratto, quella strana donna (gli agenti immobiliari sono tutti strani) mi fa: «Congratulazioni! Sono proprio felice per lei!… Ha la faccia scura, però. Perché? Guardi che le ho dato il meglio sulla piazza, per rapporto qualità-prezzo!».
Dopo di che prende il rossetto dalla borsa e, fregandosene del fatto che l’ex proprietaria sia lì con noi, aggiunge col suo vocione:
«Si fidi, ci abbiamo guadagnato tutti e due da questa vendita! Con ch ha detto che viene a viverci, qui?».
«Con mia figlia» rispondo mentre osservo l’asilo nel cortile.
«Quanti anni ha?».
«Ha tre mesi».
«Ma che bellezza! Una famigliola giovane giovane! Potrà dirmi solo grazie, vedrà!».
«Per cosa?».
«Ma se gliel’ho appena spiegato! Accidenti se è distratto, lei! Sul piano ha una vicina soltanto. Una sola. Una vecchia di novantun anni suonati, pensi, e pure con l’Alzheimer. Se la fa amica, e quella le lascia la casa. Bingo!».
«La ringrazio» le rispondo senza neanche alzare gli occhi (ma perché le avrò risposto, poi?).
L’appartamento è vuoto. Niente sedie, niente letto, niente tavolo. Disfo la borsa. L’ex proprietaria non si decide ad andarsene. In piedi davanti alla finestra, prova a scacciare il girotondo dei ricordi stirando le grinze di vernice sul davanzale come se fossero un lenzuolo. Non ce n’è bisogno: ribalterò tutto quanto, qui dentro.
«È solo soletto, oggi?» insiste l’altra.
«Sì».
«Intende dormire qui? Dove? Come?».
«Ho un sacco a pelo e un bollitore…».
«La ospito io, se vuole».
«No no».
Si rassegna. Sono troppo giovane per lei. L’ex proprietaria la prende sottobraccio e se ne vanno, finalmente. E finalmente solo, mi siedo per terra. Questo è quanto, penso, sipario. Una vita finisce, un’altra comincia. Azzeriamo tutto. Alle soglie dei trent’anni la mia vita ha già un prima e un dopo. Ritenta-sarai-più-fortunato. È l’unica reazione che conosco. Il suicidio non fa per me, e poi ho una figlia, adesso.
Saša Filipenko