INCIPIT
Denis, 1989
Gli piacevano le nebbiose serate autunnali, nelle quali si vede solo ciò che è davvero vicino. In quel piccolo mondo circoscritto nel raggio di un metro, delimitato da pareti di umidità condensata, in cui non c’è posto per nessun altro, poteva fingere di essere solo: per strada, nella città, nel mondo. Vedeva soltanto un passo o due davanti a sé e il suo piccolo universo si spostava con lui, come se su un palco buio lo accompagnasse un fascio rotondo di luci da palcoscenico. Degli altri, che gli venivano incontro, dapprima sentiva solo i sordi passi silenziosi, che diventavano sempre più percettibili, poi per un attimo le ombre nere tagliavano la parete brumosa e cadevano dall’altra parte. Poteva anche passare accanto a qualcuno che conosceva, nella nebbia, ma senza doverlo salutare o intrattenersi con lui in noiose, garbate conversazioni sul nulla. La maggior parte delle persone, in un modo o nell’altro, gli dava sui nervi. Aveva sedici anni: abbastanza per le sigarette, l’alcol e le risse serali, troppo poco per una vera e propria indipendenza. Da tempo si era stancato di dover rendere conto ai suoi vecchi delle cose che faceva. Il piccolo appartamento al dodicesimo piano nel Villaggio gli stava ogni giorno più stretto. Gli pareva tollerabile solo nei momenti in cui non si muoveva nessuno, quando il vecchio dormicchiava davanti al televisore, la vecchia aveva appena riordinato la cucina e dietro al grande tavolo si accendeva una sigaretta, lui intanto, solo nella sua stanzetta, ascoltava musica con le cuffie dal mangiacassette, leggeva oppure, senza emettere suoni, provava degli accordi alla chitarra, con la mano destra che appena sfiorava le corde mute. In realtà spesso aveva la sensazione che nell’appartamento, anche se ci vivevano solo in tre, ci fosse un rumore insopportabile. Come se il soffitto ogni giorno scendesse di qualche millimetro verso il pavimento, e le pareti si avvicinassero di qualche millimetro l’una all’altra. Gli mancava l’aria, sentiva di essere attirato dall’esterno, sulla via, nel freddo imbrunire, nel riparo della nebbia. Sera dopo sera, lui e il vecchioripetevano nei dettagli, come due temprati attori, un affiatato rituale. Solo per loro stessi e per la vecchia, quando non lavorava il pomeriggio, mettevano in scena un atto unico di teatro all’aperto. Nel momento in cui lui stava già per uscire, dopo aver indossato una logora giacca militare e aver afferrato con una mano il berretto nero fatto a maglia, mentre con l’altra teneva la maniglia della porta, dalla sala da pranzo interveniva in serbo-croato il vecchio.
«Denis! Dove vai di nuovo?».
«In città».
«Perché diavolo vai a girovagare in città come un barbone? Vuoi metterti di nuovo nei guai con la polizia?».
Dino Bauk