INCIPIT
Era il momento che separa il giorno dalla notte. Mentre Rūdolfs si avvicinava a casa Tomariņi, davanti ai suoi occhi il sole calava piano e scompariva dietro l’orizzonte. Solo una striscia di luce si irradiava ancora in lontananza, e la prima stella accese in fretta la sua lanterna opaca. Sullo sfondo del cielo ancora roseo e chiaro emersero gli edifici, maestosi e pesanti come barconi carichi, e solo quando Rūdolfs li ebbe raggiunti vide con stupore come tutto lì fosse in realtà decrepito. Nemmeno la delicata doratura della luce al tramonto riusciva a salvarlo o abbellirlo più di tanto. I tetti di diversi colori, riparati con scandole bianco sporco e giallo scuro, erano ora più ora meno incavati, come fianchi di cani tormentati dalla fame. La casa con le sue piccole finestre occhieggiava miope e scontrosa attraverso i lillà e i gelsomini che crescevano folti fino alla grondaia e in certi punti anche più in alto. Durante la fioritura doveva affondare in una nuvola bianca e violetta, vivace e profumata, ma adesso i rami ricordavano dita rovinate dalla fatica aggrappate alle pareti di legno grigie. Anche i meli, radi e coperti di licheni, spezzati dal vento autunnale, avevano il loro mezzo secolo, e in quel regno diroccato le mele, abbondanti e lustre come piccoli corpi luminosi sui rami grigi e contorti, sembravano troppo belle per essere vere.
Regīna Ezera