INCIPIT
A dopo
Poteva benissimo andare avanti così, ma poi tutto si è infranto, il che, come disse Blank in seguito, era un segno infallibile del fatto che in realtà non poteva andare avanti così, checché ne pensassi io. A volte quello che pensiamo noi, sempre come disse Blank in seguito, non ha la minima rilevanza nel determinare se qualcosa debba infrangersi o meno.
Ogni mattina, quando mi svegliavo, Jakob era tornato da un pezzo, oppure non se n’era mai andato. Stava sdraiato di fianco a me nel letto, sotto un lenzuolo o una coperta a seconda della stagione. Dormiva così sodo che sembrava il sonno della morte e per dirsi propriamente sveglio gli ci voleva un bel po’. Spesso se la prendeva comoda e si svegliava solo quando la segretaria lo chiamava dicendo: «Adesso deve venire davvero, qui è pieno di pazienti che soffrono». Allora Jakob scivolava nei vestiti ubriaco di sonno, usciva di casa ubriaco di sonno, lungo il tragitto comprava un caffè da asporto senza nemmeno aprire bocca, tanto al bar lo conoscevano, arrivava in studio ubriaco di sonno e sempre ubriaco di sonno attraversava la sala d’aspetto gremita. La segretaria sapeva che Jakob era grato per ogni parola che non era costretto a pronunciare o ascoltare la mattina, perciò taceva, lo seguiva nella sala visite e una volta lì gli toglieva dalla tasca della giacca il bicchiere di carta schiacciato che fino a poco prima conteneva il caffè, gli porgeva il camice fresco di bucato e – sempre in silenzio – gli indicava le cispe negli angoli degli occhi, giusto in tempo per accogliere il primo paziente della giornata. È inquietante farsi visitare da uno che ha ancora le cispe negli occhi.
Jakob faceva il dentista. Lo avevo conosciuto nel periodo in cui i miei denti erano malconci, ragion per cui avevo dimestichezza con i dentisti e non avevo nessuna intenzione di conoscerne un altro. Avevo dimestichezza con le sale d’aspetto, dove in genere c’erano persone che sembravano essere lì solo per un controllo. Conoscevo il modo di salutare dei dentisti, una stretta rapida e decisa con una mano incolore e molliccia a causa dei troppi lavaggi. Conoscevo i loro cenni irrequieti con la testa quando volevi dichiarare qualcosa prima di spalancare la bocca e non poterti più esprimere: cominci a parlare già sulla soglia della sala visite per riuscire a dire tutto quello che c’è da dire nel breve tratto fra la porta e la poltrona, ti impappini nel tentativo di essere più svelto come piace a loro, spieghi in fretta e furia dove e quanto ti fa male e aggiungi in fretta e furia che davvero armeggi ogni sera con filo interdentale e bastoncini, scovolino e idropulsore, perché vuoi essere in buoni rapporti con uno che di lì a poco con molta probabilità sarà fonte di dolore. Purtroppo, però, dimentiche sempre che il dentista vuole che ti spicci, o meglio ancora che salti del tutto la parte delle conferme, e che ti decida a spalancare le bocca.
Mariana Leky