INCIPIT
Questa storia ha inizio in modo del tutto prosaico. Attraversavo in treno le sconfinate vastità della steppa kazaka. Era ormai la quarta notte che i guardalinee percuotevano con i loro martelli le ruote dei treni nelle sperdute stazioncine di transito, accompagnando i loro gesti con imprecazioni in lingua kazaka. Avvertivo un senso di intimo orgoglio nel capire quelle parole lanciate da un angolo all’altro dello spazio. Durante il giorno, i vestiboli e i corridoi delle carrozze si riempivano di suoni simili, pronunciati però da donne e bambini che parlavano la medesima lingua. A ogni stazione di transito, il treno veniva preso d’assalto da venditori, o meglio, venditrici di lana di cammello, pesce essiccato e palline di kurt.
Ma torniamo al punto in cui la nostra storia ha inizio, Tra una stazione e l’altra, mentre me ne stavo nel vestibolo del treno a contemplare dal finestrino la steppa, monotona e sempre uguale – eravamo ormai al quarto giorno di viaggio – all’estremità opposta della carrozza apparve all’improvviso un ragazzino di dieci, dodici anni. Impugnava un violino, e prese a suonarlo con eleganza e maestria tali che di colpo le porte degli scompartimenti si spalancarono sulle facce assonnate dei passeggeri. Non eseguiva i soliti brani della tradizione locale e tzigana, ma addirittura le composizioni di Brahms, le sue famose Danze ungheresi. Suonando, veniva verso di me e, mentre l’intera carrozza lo seguiva a bocca aperta, si interruppe nel bel mezzo di una nota, sistemò il violino a tracolla, come un fucile, e con una voce robusta, stentorea, da adulto, gridò: “Bevanda locale, tutta naturale!”
Hamid Ismailov