INCIPIT
FORME
Senza nemmeno dirmi addio.
Rientrando a casa ho notato la porta della sua camera spalancata. Non accadeva mai, un chiaro segnale.
Le tapparelle mezze abbassate, il letto rifatto alla perfezione soffocato da quell’antica trapunta a fiori. I vestiti, di solito ammucchiati sulla poltrona, scomparsi. La scrivania vuota. Un ordine meticoloso e asettico simile a quello di una camera d’albergo in attesa di un nuovo ospite.
Sono entrata nel cucinino sperando di trovare un messaggio sul frigorifero. Facevamo così, di solito, per le comunicazioni della giornata.
La calamita a forma di tartaruga, in quella distesa abbagliante di bianco, tratteneva il vecchio post-it: “Fatto. Se mi cerca, tu non sai dove sono”.
Ho immaginato le ragioni di quell’abbandono improvviso.
Tutto era precipitato in pochi giorni. Non avevo capito, non ero stata capace di cogliere gli indizi.
Dovevo prevederlo: la comparsa di una variabile maschile porta spesso complicazioni irreversibili.
Si sentiva in pericolo, non poteva resistere un minuto di più rinchiusa nella stessa casa con la complice del suo aguzzino.
Non ho mai vissuto un’amicizia così intensa, ricca e nello stesso tempo così contorta e oscura. Per la prima volta mi ero trovata in comunione con una persona del mio stesso sesso e, per una imperscrutabile concatenazione di eventi, l’alchimia si era rotta. Ero riuscita a rovinare in un sol colpo la sua vita e la mia.
Le storie d’amore esclusive e assolute mi sono sempre parse una costruzione falsa, il racconto di un desiderio piuttosto che una realtà possibile.
“Il grande amore della mia vita”: una frase che nasconde incrinature e segreti inconfessabili.
Era stata probabilmente questa convinzione a non permettermi di valutare la situazione con la dovuta obiettività.
Quando l’ho visto nascere e poi crescere, il grande amore, e l’ho toccato, camminando al suo fianco, ho sempre mantenuto una specie di freddezza sospettosa.
Questo è stato l’errore, non essere riuscita a immedesimarmi nei suoi sentimenti e cogliere le ombre che andavano addensandosi. Così mi sono lasciata trascinare lungo la china fino all’inevitabile conclusione catastrofica.
L’avevo persa, se n’era andata. Aveva lasciato la sua casa in mano al nemico.
Qualcuno dice che sono superficiale, dispersiva, qualche volta calcolatrice. Quanto accaduto prova il contrario. Ho agito sempre per il suo bene, anche se lei non mi ha creduta. Ai suoi occhi rappresentavo una minaccia. E non è facile dimostrare il contrario.
Roberto Tiraboschi