Il mestiere di leggere. Blog di Pina Bertoli

Letture, riflessioni sull'arte, sulla musica.

Le vie dell’Eden

Il libro è composto da tre racconti lunghi. Riporto i tre incipit.

INCIPIT

La Strada della Morte

Il mio avvocato dice che anche se decideremo di mentire in tribunale, conviene avere chiara la verità. E che la cosa migliore è riportare tutti gli eventi esattamente come si sono svolti. Perciò eccoli qui.

Fino a quel momento non mi era mai capitato di vedere sul giornale la fotografia di un conoscente, morto. Lo so, in questo paese ha dell’impossibile. Prima o poi, con tutte le guerre e le operazioni-che-di-fatto-sono-guerre, ti deve succedere di scorrere la prima pagina e imbatterti nella fotografia di un ex compagno di classe. O di un commilitone. E invece no. Chissà come, sono riuscito ad arrivare a metà della mia vita senza dover affrontare quest’esperienza. Forse per questo il brivido è stato così intenso. Di solito si dice «brivido» perché non si trova una parola più precisa, ma a me è davvero venuto freddo alle scapole. E al coccige. Sono rimasto raggelato davanti alla foto nel piccolo riquadro, che non si trovava in prima pagina: era tra le ultime, vicino ai necrologi. Non ho avuto bisogno di soffermarmi. Era lui. Avevamo trascorso insieme a La Paz solo qualche ora, ma quel viso mi era rimasto impresso. Il naso scolpito. Gli occhi, che persino nel bianco e nero del giornale s’indovinavano chiari. La barbetta da monaco. Nel trafiletto sotto la foto si diceva che Ronen Amirov, turista israeliano di ventotto anni, era rimasto ucciso in un incidente sulla «Strada della morte», in Bolivia, mentre era in luna di miele. La bicicletta su cui era in sella, c’era scritto, aveva sbandato ed era precipitata nel baratro. La moglie, Mor Amirov, che era con lui al momento dell’incidente, aveva chiamato i soccorsi, ma al suo arrivo la squadra medica aveva potuto solo constatare la morte. La bara stava rientrando in Israele. Il funerale si sarebbe svolto nei giorni a venire.

INCIPIT

Storia familiare

L’avvocato mi ha suggerito di scrivere la mia versione dei fatti. «Cerchi di attenersi ai fatti» ha detto. «Alla commissione i sentimenti non interessano». Fuori dalla mia finestra la sera scolora nella notte. La casa è vuota. Dal salotto non arrivano le voci dei bambini. Nella doccia l’acqua non scorre sul corpo di Niva. Le sonate di Schubert mi fanno compagnia in sottofondo, a basso volume. Se devo confessare, questa è l’ora.

All’inizio era solo una specializzanda fra le tante. Forse appena più avvenente della media. Forse appena più brillante della media. Ma nessuno mi potrebbe accusare di averle accordato favori. Adesso rammento di averla persino rimproverata, una volta. In pubblico. Eravamo fermi, tutto il gruppo, intorno al letto di un paziente, e ho chiesto a Liat di riassumere il caso. Ha risposto in un tono arrogante, senza il benché minimo dubbio, che mi ha indispettito.

Un uomo entra nel frutteto

Febbraio 2017

Io e Ofer camminiamo nei frutteti ogni sabato. Un tempo ci accompagnavano i nostri figli. Ormai sono grandi, di sabato preferiscono alzarsi tardi. Noi ci alziamo presto. Io prendo un caffè e Ofer beve un finto caffè di datteri. Indossiamo abiti sportivi. Saliamo in macchina e guidiamo per qualche minuto, ci fermiamo prima della sbarra, benché di solito sia aperta e molti proseguano. Più oltre c’è la pista ciclabile che hanno aperto alcuni anni fa, noi la usiamo per camminare e se arriva una bicicletta ci accostiamo al bordo. Tre mesi all’anno gli alberi producono frutti, da dicembre a fine febbraio. Arance, pompelmi, clementine. Un anno uno dei proprietari ha provato a coltivare anche i pompelmi rosa. Deve essere andata male, perché non ne abbiamo mai più visti. Colgo un frutto lungo la strada, se ce ne sono, e Ofer protesta sempre. Dice che non è bello. Che mi comporto come gli israeliani che rubano i rubinetti degli alberghi. La natura appartiene a tutti, rispondo. E gli allungo uno spicchio. Lui me la dà sempre vinta, lo prende. Questo sabato, ora che ci ripenso, non l’ha preso. Gli ho allungato un succoso spicchio d’arancia, e lui non l’ha preso. Ma come potevo immaginare che era un segno?

Eshkol Nevo

Recensione

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