Il mestiere di leggere. Blog di Pina Bertoli

Letture, riflessioni sull'arte, sulla musica.

Monogamia

INCIPIT

1.

Annie era single da sette anni quando conobbe Graham. Ogni volta che pensava al suo primo matrimonio, anche dopo che era finito da un pezzo, la principale reazione emotiva era una sorta di vergogna. Vergogna per aver trovato attraente una persona nei cui confronti alla fine non provava quasi nulla. Per essere riuscita a viverci insieme tanto tempo.
Scuse ne aveva, se avesse voluto usarle. Alan era decisamente un bell’uomo, con un’aria da studente perbene: alto, con un ciuffo di capelli biondi che gli scendevano con grazia sulla fronte. E lei era giovane, così giovane e ignorante che sulle prime si era sentita in qualche modo inferiore: Alan era uno che sapeva dove stava andando, che sapeva cosa voleva. Annie era meno solida su quel terreno. Si era appena laureata e non aveva un’idea molto chiara del proprio futuro.
C’era poi il fatto che lui, a sua volta, si sentiva abbastanza superiore. Nutriva un facile disprezzo per chi gli
stava intorno, perfino per i loro amici. Per qualche tempo ad Annie aveva fatto piacere condividere quel disprezzo, insicura com’era nelle situazioni sociali. Che meraviglia, tornare a casa da una festa e mettersi seduti a sparlare di tutti quelli che avevano incrociato. Come la faceva sentire sofisticata, competente. Adulta – e aveva ventitré anni.
Ben presto, però, come avrebbe potuto prevedere, Alan rivolse il suo disprezzo verso di lei. Verso la sua vita, le sue inutili occupazioni – all’epoca frequentava un corso di fotografia dietro l’altro alla Museum School. Verso le sue miserrime entrate (faceva ritratti dei cani per i proprietari, scattava foto alle riunioni di famiglia, alle cerimonie di laurea e alle feste di compleanno). Verso le sue pie illusioni (continuava a mandare foto degli eventi locali al «Phoenix» o al «Boston Globe», nella speranza di ottenere un lavoro come corrispondente). Annie considerava una propria debolezza il fatto di non aver capito prima che sarebbe andata così, di essersi creduta immune dalla sua critica generale del mondo.
Fu mentre tornavano a casa in macchina da una festa, festa di cui lui stava parlando nel solito tono leggermente irritato, che lei si rese conto di trovarlo tutto sommato antipatico. Nel giro dei pochi giorni successivi arrivò, quasi letteralmente, a vederlo in maniera diversa. Tutto ciò che in lui le era parso ammirevole adesso le sembrava l’esatto opposto. Meschino. Sulla difensiva. Come aveva fatto a
pensare di amarlo?
Non lo amava. Le sembrava di non averlo mai amato. Era così? Aveva mai amato veramente qualcuno? Le
pareva di essere priva di amore: come fosse un’incapacità, un vuoto che aveva dentro. Era la prima volta che formulava il pensiero con tanta chiarezza e anche la prima volta che lo collegava – lentamente, dopo vari mesi di autoanalisi – al suo lavoro di fotografa.

Sue Miller

Recensione

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