Il mestiere di leggere. Blog di Pina Bertoli

Letture, riflessioni sull'arte, sulla musica.

Tre stagioni di tempesta

INCIPIT

La casa, o quel che ne resta, sovrasta la valle; le sue finestre, quattro grandi occhi vuoti, vegliano a est del massiccio delle Tre-Fauci. Le Fontane, villaggio minuscolo, macchiano il paesaggio, gessetto alla deriva nel bel mezzo di un mare vegetale e calcareo. La foresta sputa uomini come semini, i boschi frusciano, scie di nebbia coronano le loro cime al levar del sole, la luce le riveste. In autunno, venti furiosi scuotono gli alberi. Le radici emergono allora dal suolo, le cime tornano alla polvere, la sabbia, i rami e il fango secco si stringono in vortici sopra i tetti. Le formiche si riparano nel ventre della collina, le volpi bucano il suolo, i cervi fuggono; i corvi, loro, resistono sempre alla violenza degli elementi. Eppure gli uomini ritengono di poter dominare la natura, disciplinare le sue turbolenze, pensano di conoscerla. Ci si riversano per colmarla con la loro presenza, dimenticando, in un terribile eccesso d’orgoglio, che era là prima di loro, che non appartiene loro, ma che loro le appartengono. Può stritolarli con la sola forza del suo respiro, le basta fremere perché scompaiano.

Le Fontane. Vi parlo di un luogo che è morto mille volte prima del mio arrivo, che morirà mille volte ancora dopo la mia partenza, di un luogo umido e nebbioso, coperto di terra, di pietra, di acqua e d’erba. Vi parlo di un luogo che ha visto uomini soffocare, bambini nascere, di un luogo che sopravviverà loro, fino alla fine, se mai ce ne sarà una. Sono nato in una chiesa. La chiesa di una grande città. Morirò in una chiesa. Una chiesa di paese. Quella delle fontane. Piantata in mezzo. Mi chiamo Clément, sono vecchio, come tutti gli uomini di chiesa.

Cécile Coulon

recensione

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