Le Fontane. Una roccia frantumata nel bel mezzo di un paese che se ne frega. Un pezzo di mondo alla deriva, portato dai venti e dai temporali. Un’isola nel mezzo di una terra scoscesa. Conosco le storie di quel villaggio, ma una sola, una soltanto le riunisce tutte. Dev’essere ascoltata. La storia di André, di suo figlio Benedict, di sua nipote Bérangère. Una famiglia di medici. La storia di Maxime, di suo figlio Valère, e delle sue mucche. Una famiglia di contadini. E in mezzo, una casa. O quello che ne resta. (pag. 14)
Tre stagioni di tempesta, di Cécile Coulon, Keller editore 2021, traduzione di Tatiana Moroni, pagg. 323, Premio dei Librai Francesi al miglior libro dell’anno
Cécile Coulon nel suo nuovo romanzo – una storia potente, decisa, brusca – intreccia le storie di due famiglie legate da un segreto, in un villaggio del Massiccio Centrale. Dico subito che per me è un romanzo bellissimo, capace di catturare l’attenzione dalla prima all’ultima pagina; un libro che si fa strada per la forza del suo respiro, un libro che l’autrice Cécile Coulon scrive traendo forza dalle profondità del suo universo romantico e stilistico, dalla sua ampiezza faulkneriana.
La precisione del suo sguardo, trasfusa nelle sue descrizioni di tenui legami, esplode nelle svolte di tante scene inaspettate, dimostrando un innato virtuosismo narrativo e una grande capacità di cogliere l’universalità nei dettagli.
Tre stagioni di bel tempo e tempeste, tre generazioni di due famiglie legate tra loro da un segreto che pochi conoscono, in un luogo che si chiama le Tre-Fauci: una sfilata di rocce grigie circondate dalla poesia di paesaggi secolari, un scenario maestoso e minaccioso allo stesso tempo, con anfratti che fanno paura perché veloci ad inghiottire chi si avventura incautamente sui suoi ripidi pendii.
Cécile Coulon sa fondere la sua storia con quella di un Novecento francese (e non solo) segnato dall’esodo rurale, dalla trasformazione delle disuguaglianze sociali in altre forme di soggezione, dalla metamorfosi delle città e della campagna, e quella del posto delle donne.
Evocando i quattro pilastri della ruralità che furono per lungo tempo il medico, il prete, il maestro e il sindaco, non tralascia la lunga tradizione delle credenze contadine, l’importanza dei rapporti con la natura e l’importanza delle “forze” contro cui gli uomini, ricchi o modesti, non possono fare nulla. Al destino di queste forze, che la superstizione può trasformare in veleno insidioso, gli uomini devono opporre solo i loro sogni, siano essi nutriti per se stessi, per la loro famiglia o per la loro comunità.
Come in una tragedia, sappiamo in anticipo che tutto finirà male o per lo meno, non bene: ci avvisa, infatti, fin dalle prime pagine il narratore, Clément, il sacerdote che ha prestato servizio al villaggio, colui che non parla mai ma che custodisce tutti i segreti degli abitanti. È lui a raccontare la fatidica storia delle due famiglie.
Una minaccia sembra aleggiare creando una tensione drammatica che si fa strada fin dall’inizio e che raggiunge il suo apice nella seconda parte della storia. Difficile indovinare che forma assumerà il male ma la bestia è lì, pronta a balzare …La storia che Clément racconta prende avvio dopo la seconda guerra mondiale, quando l’azienda di estrazione mineraria dei fratelli Charrier si afferma in questo luogo dove la pietra è di qualità eccezionale. Gli operai dalla faccia impolverata sono soprannominati “le formiche bianche”. Si stabiliscono nel villaggio e ingrossano le fila dei pochi contadini indigeni del paese. I centocinquanta abitanti crescono rapidamente fino a mille. Eppure questa natura minacciosa spaventa la gente della città: una natura che affoga, brucia, soffoca, uccide, è magica e sublime, ostile e superba, un paradiso misto all’inferno o viceversa. Alcuni uomini in città dicono «non devi amare la vita per vivere alle Tre-Fauci.»
È lì che un medico originario di Lione, André, viene a stabilirsi in una sontuosa casa, “La Capanna”, che domina il paese. La prima volta che ci aveva messo piede era accorso per la morte di un bambino, lui che dal tempo della guerra era inseguito dalle morti di bambini. Eppure, appena vede quella casa, se ne innamora, è affascinato dalla sua posizione che domina la valle e sa, fin da quel giorno, che trascorrerà lì la sua vita. Certo, conosce le storie spaventose che aleggiano su queste terre di leggende e superstizioni di un’altra epoca; lui si rifiuta di dare troppo credito a quelle storie, in fin dei conti è ateo e uomo di scienza, eppure una sorta di timore reverenziale gli fa abbassare il capo di fronte alla natura e alle forze che può scatenare.
André è il primo medico a scegliere di praticare in quel villaggio, con grande sorpresa dei suoi colleghi per i quali questa terra non è altro che arretratezza e barbarie. André ama profondamente questo luogo e il suo arrivo coincide con il boom economico dovuto all’apertura della cava di gesso i cui operai, come formiche bianche, trasformeranno questo villaggio fino ad allora condannato ad un inesorabile declino.
La storia di André si allarga a quella di suo figlio Benedict che diventerà anche lui medico, e che, come il padre, vuole fare qualcosa di utile per il villaggio, di sua nuora Agnès e la figlia che avranno, Bérangère. Tranne la figlia, sono tutti nati in città e nonostante Benedict nutra un grande amore per quelle terre – come a sua volta André – il fatto di non essere “uno di loro per esserci nato” avrà il suo peso. È anche la storia di Valère, figlio di contadini nati in quella regione, gente del posto a tutti gli effetti: Maxime e Delphine, la loro fattoria – una delle più grandi – e i suoi tre fratelli.
Le due famiglie, quella cittadina di professionisti laureati e quella dei robusti contadini, legano i loro destini, perché Bérangère e Valère si innamorano fin da adolescenti. Ma proprio quando tutto sembra andare per il meglio, ecco che “le forze” dispiegano la loro potenza, prima sugli uomini, poi sulla natura.
Cécile Coulon racconta il destino dell’isolato villaggio di Le Fontane, che sfrutta la pietra per sopravvivere; grazie al racconto del narratore, l’anziano sacerdote Clément, assistiamo allo sviluppo del villaggio e della sua situazione economica, sempre delicata perché dipende solo dal lavoro fornito dalle cave e dall’agricoltura collegata all’espansione del villaggio. Nell’arco di tre generazioni e attraverso il prisma di due famiglie, siamo letteralmente immersi nella vita di questo villaggio, nei suoi sviluppi, negli anni che passano, e che seminano la loro parte di gioie e dolori. Questo libro è un affresco, una testimonianza luminosa e scintillante del tempo che scorre, scritto con una sensibilità, una grazia, ma anche una durezza, che non può lasciare indifferenti. Leggendolo, siamo progressivamente sempre più coinvolti nelle vite dei personaggi, appesi al loro spessore, alle loro stranezze, alla loro storia travolgente.
Cécile Coulon riprende un tema classico: la saga familiare e il suo destino suggestivo, coniugato alla storia sociale di una comunità nella seconda metà del XX secolo.
Cécile Coulon è nata a Clermont-Ferrand. Ispirata dalla letteratura francese quanto da quella americana, l’autrice è anche una grande appassionata di cinema e musica. Nel suo universo convivono Maupin, Proust, Flaubert, Steinbeck, Tennessee Williams ma anche le pellicole di Pier Paolo Pasolini e dei fratelli Coen, e la musica di Elvis Presley, Jerry Lee Lewis, Chuck Berry. Considerata una delle scrittrici più talentuose della sua generazione, ha conquistato critici e lettori con una produzione narrativa di grande qualità. In Italia sono apparsi, sempre per Keller editore, Il re non ha sonno e La casa delle parole, entrambi nella traduzione di Tatiana Moroni.
Non l’ho ancora comprato, ma lo farò ciaoo
"Mi piace"Piace a 1 persona
Proprio bello 💕
"Mi piace"Piace a 1 persona
lo immagino
"Mi piace"Piace a 1 persona