Il mestiere di leggere. Blog di Pina Bertoli

Letture, riflessioni sull'arte, sulla musica.

UFO 78

INCIPIT

Un tempo, d’estate, sul monte Quarzerone arrivavano gli scout.
Comparivano a Forravalle da un giorno all’altro, simili a stormi di uccelli migratori.
Venivano dai dintorni, dalla riviera e da oltre l’Appennino. Venivano in quella terra di confine, diversa dal resto della Toscana, già un poco Liguria e con parlate tutte sue. Secondo i glottologi erano dialetti emiliani, ma se lo dicevi ai lunigianesi, loro alzavano le spalle: «A parlàn cóm a parlàn».
Venivano, a volte solo ragazzi, a volte solo ragazze, e più di rado insieme, Esploratori e Guide. Scendevano dal pullman di fronte alla sbarra del lavatoio. Nello spiazzo sterrato li attendeva un uomo sulla quarantina, col naso aquilino, che in paese chiamavano Gheppio, ma per loro era il vicepresidente della Forestale Elio Gornara, pronto a scortarli col fuoristrada verde fino al terreno dove allestire il campo.
Gheppio ci teneva ad accogliere i nuovi arrivati, per controllare che avessero il giusto equipaggiamento e istruirli sui pericoli del monte. La gente veniva sul Quarzerone alla leggera, e gli scout non facevano eccezione, nonostante il loro motto – Estote parati! – li volesse sempre pronti. Quel massiccio incastrato tra l’Appennino e le Apuane, ma più basso delle loro cime, era considerato poca cosa, buono giusto per sgranchirsi le gambe e respirare aria pulita. Ma con le sue numerose grotte, le pareti a strapiombo sul Rio Borro, i crepacci e le rocce friabili, il Quarzerone meritava rispetto quanto una vetta delle Dolomiti. In più, le Alpi avevano sentieri ben segnati e mantenuti, lì invece erano appena accennati, e chi li percorreva senza conoscerli si trovava spesso bloccato dai rovi o da una frana, e se tentava di aggirare l’ostacolo finiva per perdersi.
– Ogni mese ne recuperiamo qualcuno. Gitanti, fungaioli… Incidenti che si potrebbero evitare, con un po’ d’attenzione.
Mentre Gheppio teneva impegnati i capi col suo predicozzo, le squadriglie caricavano sul mezzo gli attrezzi e le pentole, i bozzoli verdi delle canadesi, le scorte di cibo. Terminato il trasbordo, il forestale si metteva al volante, e i ragazzi s’incamminavano per la salita, zaino in spalla, scacciando la fatica con le loro canzoni.
E il ritmo dei passi ci accompagnerà, là verso gli orizzonti lontani si va!
Mettevano le tende a Pian del Cielo, subito fuori dal bosco, sotto le balze scure di Rocca Tesana. Un prato ideale per il campeggio, piatto come un materasso e morbido d’erba, con il ruscello per lavarsi, la legna per il fuoco e proprio nel mezzo un faggio secolare, che offriva riparo dal sole.
Si trattenevano una decina di giorni, due settimane al massimo. Infine una mattina, di buon’ora, smontavano le costruzioni di pali e corde, colmavano le latrine, ammainavano le bandiere e si lasciavano dietro solo impronte gialle stampate nell’erba dai catini delle tende.
Gheppio controllava che tutto fosse in ordine, poi riportava a valle bagagli e masserizie. Parcheggiava oltre la sbarra e mentre i ragazzi scaricavano i bagagli, li rimproverava per un picchetto o una cartaccia rimasta in giro.
Quindi con calma si accendeva la pipa in attesa del gruppo successivo.

WU MING

Recensione

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