INCIPIT
2004
Una milpa, gli dissi. Salii sulla sedia della sala da pranzo e gli dissi: Una milpa vera e propria, di quelle tradizionali, con mais, fagioli e zucca, lì, accanto al tavolo da picnic. Facendo un grande cerchio con le mani, trionfale, proclamai: Come i nostri antenati! Guardammo tutti e tre oltre la porta scorrevole, verso il cortile dove c’è il tavolo da picnic. Una volta il tavolo si piegava e si poteva trasportare. Le due panchette laterali si infilavano sotto, come le zampe retrattili delle tartarughe, e il tutto si trasformava in una valigetta di alluminio. Ma ora non più. Ora nessuno lo piega più per portarlo al parco. Intorno al tavolo c’è solo cemento grigio, grigio sporco, e una fila di fioriere piene di terra secca, resti di arbusti, sottovasi rotti. É un cortile urbano, incolore. Il poco verde che c’è, è muschio. Se c’è qualcosa di rosso, sarà ruggine.
E anche delle erbe aromatiche: prezzemolo, coriandolo, tomatillo, peperoncini piccante per la salsa verde che fa papà quando abbiamo visite. Lui approvò subito l’idea: Potremmo anche piantare quei pomodori bitorzoluti che abbiamo mangiato quando eravamo in tournée in California, che ne dici? Mamma però, che a quanto dice ama le piante, no. Mamma se ne andò in camera sua prima che io scendessi dalla sedia e accettò l’accordo solo tre giorni dopo. Lo mettemmo per iscritto su un tovagliolo. Lo firmammo, con una piccola modifica per accontentare lo spirito gringo di mamma: vada per la milpa, ma con un po’ di verde attorno. Qui a Villa Campanario la milpa è una tradizione, non sono la prima a provarci.
Laia Jufresa