INCIPIT
1.
I DISEGNI
Che bello essere andata via, un sollievo. Titus continua a chiamare, ma lei non risponde. Lui è nel panico, in ansia, ma lei se n’è andata. É arrivata più lontano di quanto le gambe possano portarla: ha volato. «Signora Owolabi» dice una donna dietro una porta socchiusa. Mojisola presume che sia la stessa donna con cui ha parlato al citofono al cancello, sotto lo sguardo vigile di due guardiani. Può basarsi solo sulla voce, brusca e diffidente. «La ringrazio» dice Mojisola, anche se sono anni ormai che non prova un vero e proprio senso di gratitudine. «Di avermi aperto». «Beh… io…». La donna faticherà a trovare le parole, come tutti. «Non so bene cosa dire, signora Owolabi». «Non si preoccupi. Mi chiami pure Mojisola». «Io sono Zelda. Zelda Petersen. Non la aspettavo. Non sapevo del suo arrivo». «Ho deciso all’ultimo». Spera che la padrona di casa non la inviti a entrare, che le dia le chiavi e basta, così può andarsene. Non ha voglia di fare conversazione o fingersi cortese. A dire il vero sa che non c’è pericolo: anche in penombra e attraverso uno spiraglio Mojisola vede (o forse intuisce dalla voce) che Zelda Petersen è, per necessità, scorbutica. Parla col sospetto di chi per una vita intera si è ritrovato alla porta gente strana con richieste ancora più strane.
Yewande Omotoso