Ho finito di leggere da qualche giorno “Tre figlie di Eva” della scrittrice turca Elif Shafak, Rizzoli editore. Quando era uscito, nel novembre scorso, era stato molto pubblicizzato e la presenza dell’autrice qui a Milano a “Bookcity”, aveva ulteriormente innalzato le mie aspettative.

la-bastarda-di-istanbulDi lei ho letto “La bastarda di Istanbul” (qui trovate la mia recensione, pubblicata il 31 di dicembre, la stessa notte del sanguinoso attacco in una discoteca di Istanbul;  qui l’incipit del romanzo) e l’ho molto apprezzato, per cui mi sono buttata a pesce tra le pagine di questa storia.

Si tratta di un romanzo congegnato su molti strati, che si sovrappongono fino a confondersi, generando un perfetto amalgama, così come accade nella vita reale.

C’è la storia personale di Peri, la protagonista, della sua famiglia, della sua vita fino al momento in cui si svolge l’azione narrata; c’è la sua vita da studentessa ad Oxford e le persone importanti che là conoscerà; c’è la città di Istanbul, che come un organismo vivo abbraccia i suoi abitanti, c’è la società turca della capitale, con le sue contraddizioni e complessità; c’è il dibattito filosofico su cosa sia Dio e il suo rapporto con le religioni; ci sono i contrasti dei nostri tempi, tra la cultura musulmana, quella cristiana e quella laica.

elif shafak 2Dunque una lettura che non si risolve in una bella storia, scritta bene, accattivante; in realtà ci sono davvero molti spunti di riflessione sulla contemporaneità, sulle problematiche etiche, religiose e sociali che caratterizzano la società Occidentale e Mediorientale. Un qualcosa che è in continuo divenire che anziché produrre delle semplificazioni, semmai, ne inasprisce gli elementi di attrito, mostrando scenari sempre più cupi, soprattutto in un paese come la Turchia, mai come in questi giorni in bilico su un pericoloso baratro.

Già dalle prime pagine capiamo che Peri è un personaggio complesso, fatto di contraddizioni e costantemente alla ricerca di se stessa; vive una profonda spaccatura nella famiglia, dove la madre e un fratello sono musulmani osservanti, mentre il padre è un laico progressista e l’altro fratello, che verrà incarcerato e subirà persino la tortura, marxista con simpatie per i leader rivoluzionari. Peri cresce nel crepaccio che si forma in seno alla famiglia, coltivando mille dubbi, a volte attratta dalle certezze e dalla sicurezza della madre e della sua fede, altre volte confortata dalla visione laica e scientifica del padre.

Quindi la prima impressione che Peri bambina ha in merito alla religione è di qualcosa che divide:

“L’abisso tra i suoi genitori risaltava al massimo in un preciso angolo del soggiorno di casa. Sopra il mobiletto del televisore c’erano due ripiani, il primo dei quali era riservato ai libri di suo padre: Atatürk: la nascita di una nazione di Lord Kinross, Il grande discorso del padre dei turchi in persona, Le cose che non sapevo di amare di Nâzim Hikmet, Delitto e castigo di Dostoevskij, Il dottor Živago di Boris Pasternak, tutta una collezione di memoriali (scritti da generali e soldati semplici) sulla Prima guerra mondiale e una vecchia edizione delle Rubāʿiyyāt di ʿUmar Khyyām, con la copertina a brandelli per via delle letture ripetute.”

Sul secondo scaffale, quello della madre, c’era un altro mondo:

“Gli Hadith collazionati dall’imam al-Bukhari; la Disciplina dell’anima di al-Ghazali; un Percorso guidato alla preghiera e alla supplica nell’Islam, le Storie dei profeti, il Manuale della brava musulmana, le Virtù di pazienza e riconoscenza e L’interpretazione islamica dei sogni. (…) due volumi a firma di Üzümbaz Efendi: L’importanza della purezza in un mondo immorale e Satana ti mormora all’orecchio.”

Lo scontro tra le due visioni dei genitori, le loro continue recriminazioni e accuse, soprattutto la reciproca acrimonia e la volontà ciascuno di indirizzare Peri su quella che ritengono la giusta via, creano nella bambina e poi adolescente Peri un senso di disagio, un’insicurezza emotiva che saranno suoi compagni di vita, anche nell’età matura. Peri annota le sue riflessioni su un librettino che il padre le regala e che lei chiama il “diario di Dio”.

“Davvero non c’è un altro posto, un altro spazio per le cose che non ricadono sotto la fede né sotto l’incredulità, che non sono pura religione né pura ragione? Una terza via per gente come me?”

 I suoi genitori sono mondi distanti e in contrapposizione: rappresentano la spaccatura della società turca, divisa ed incerta tra le sue varie identità.

“Mensur (il padre di Peri, ndr), mortificato dall’aspetto della moglie, non voleva più farsi vedere con lei. (…) La tenuta di Selma (sua moglie, ndr) simboleggiava tutto ciò che lui del Medio Oriente aveva sempre disprezzato, aborrito e sfidato. L’oscurantismo dei religiosi. La presunzione di saperla più lunga di tutti, solo perché erano nati dentro quella cultura e avevano recepito acriticamente qualunque cosa gli avessero insegnato, (…) quando sapevano poco o niente di altre culture, altre filosofie, altri modi di pensare.”

 Allo stesso modo, sua moglie Selma vedeva nella condotta del marito tutto ciò che la irritava.

“Tutta l’arroganza dei modernisti laici, la boriosa e tronfia facilità con cui ponevano se stessi al di fuori e al di sopra della società, guardando dall’alto in basso secoli di tradizione. Come facevano a definirsi illuminati, quando sapevano poco o niente della loro cultura, della loro fede?”

Due posizioni inconciliabili, dunque, in seno alla famiglia di Peri come in molte altre, un dissidio che caratterizza una larga fetta della società turca, soprattutto delle grandi città. Un dibattito interno e col mondo esterno, soprattutto quello Occidentale, che costituisce un terreno di scontro  più che mai attuale.

Il romanzo alterna la narrazione delle vicende presenti della vita di Peri con quelle legate al passato: l’elemento scatenante è una violenta aggressione che Peri subisce a Istanbul, nella quale scopre un lato oscuro di sé, e durante la quale si ritrova davanti una foto scattata ai tempi del suo soggiorno di studio ad Oxford.

La foto la ritrae insieme alle due amiche conosciute in quegli anni e al loro discusso professore. È la vista di quella foto a riportare Peri indietro nel tempo, e a farle ripercorrere la sua vita, da quando era una bambina, fino al momento attuale.oxford bodleian lib

Il doloroso episodio dell’arresto e della prigionia del fratello e l’ulteriore divisione che creerà in seno alla famiglia, la deriva ultranazionalista dell’altro fratello che abbandona l’università e frequenta un gruppo di integralisti, il dolore e la malattia del padre e il rinsaldarsi della fede della madre, sono i lati di un recinto che si stringe intorno a lei in modo claustrofobico, rendendola sempre più dubbiosa e solitaria. Il suo rifugio sono i libri, lo studio, nel quale si esprimerà a livelli altissimi, essendo sempre la migliore delle classi frequentate, riempiendo di gioia e di orgoglio il padre, preoccupando la madre, timorosa di quanto questo possa sviare sua figlia da quello che lei ritiene sia il destino delle donne: trovare un buon marito e mettere al mondo dei figli, il tutto nella stretta osservanza dei precetti religiosi.

Grazie alle sue capacità, Peri riesce ad essere ammessa all’Università di Oxford: parte con tante emozioni contrastanti nel suo cuore e un bagaglio di libri, i suoi preferiti.

Inizia una nuova vita, nella quale, però, si porta dietro tutta la sua fragile anima, divisa e combattuta, trovandosi nuovamente di fronte all’inconciliabilità di posizioni rispetto alla religione.

oxford campagna

Ad Oxford conosce e frequenta Shirin, Mona e il professor Azur.

Peri a Oxford è colpita dal silenzio: abituata a vivere in una città “spudoratamente” rumorosa come Istanbul, l’assenza di suoni della cittadina inglese la stordisce; unita alla nostalgia per la sua casa e suo padre, oltreché alla paura di non farcela, la destabilizza, rendendo arduo il suo tentativo di approcciare gli altri studenti.

Shirin, di origini iraniane, laica e amante della vita, disinibita, la compagna che le ha fatto da guida all’arrivo e che ha la stanza in fianco alla sua, irrompe nella sua vita, con la sua verve, le sue ferree convinzioni e le sue provocazioni, il suo cinismo. Lei ha opinioni su tutto e non si risparmia nell’esprimerle, contribuendo a destabilizzare ancora di più Peri. Come quando le spiega le tipologie di studenti di Oxford:

Primo tipo, gli eco-socio-demo-paladini. Stavano sempre raccogliendo firme e si cacciavano in tutti i dibattiti. Poi gli euro-fighetti, ricchi figli e figlie di papà del Vecchio continente che si conoscono tutti fra di loro, frequentano le stesse località di vacanza. Ecco poi quelli dei licei e convitti privati inglesi, iperselettivi in quanto a socialità. Poi gli studenti stranieri, i nerd e quelli che “quando arrivano qui sono una cosa, e poi ne diventano un’altra”.

Esattamente all’opposto, sta l’altra ragazza che conosce: Mona, una egiziano-americana, femminista e musulmana. “e se qualcuno pensa che sia impossibile è un problema suo, non mio”, le dice subito. Mona è un’attivista che partecipa a molte attività di volontariato, appassionata di musica hip-hop.

«Dobbiamo festeggiare!» dice Shirin: «Tre giovani musulmane a Oxford! La Peccatrice, la Credente e la Dubbiosa

Anche qui Peri si trova così coinvolta nello scontro tra le due ragazze, tra le loro visioni della religione, della vita, dei relazioni tra le persone; uno scontro da cui Peri vorrebbe tenersi alla larga perché sa quanto ciò le può causare dolore e disorientamento.

Cerca rifugio nel corso del professor Azur, a cui tutte e tre partecipano e che è incentrato su quello che è il suo dilemma; il titolo del seminario, “Nella mente di Dio/il Dio nella mente”, basta ad affascinarla e a farle fare di tutto per essere ammessa. Questa sarà la svolta che cambierà del tutto la sua vita, il salto nel buio dopo il quale niente sarà più come prima.

Nel romanzo di Elif Shafak l’analisi della società di Istanbul oltre a creare lo sfondo della storia, costituisce un elemento di interesse per chi legge e conosce in modo approssimativo la realtà turca. La società la vediamo dapprima con gli occhi di Peri bambina e poi con quelli della donna matura che è oggi. Peri, invitata ad una cena nella sfarzosa villa di un magnate dalla dubbia reputazione, seduta ad un tavolo sentendosi come in un dipinto rinascimentale che titolerebbe “L’ultima cena della borghesia turca”, osserva con fastidio i comportamenti, ascolta sconcertata le loro conversazioni, rendendosi conto che rispetto agli anni addietro, la situazione sta velocemente scivolando verso una pericolosa deriva.

“Alle feste private la borghesia di Istanbul non si stancava mai di inveire contro la politica; (…) oscillava fra un elitismo compiaciuto di sé e uno statalismo schivo. (…) Bisognava credere nello Stato per lo stesso motivo per cui bisognava credere in Dio: la paura.”

Ecco come i partecipanti si esprimono sugli elementi della democrazia:

“Non sto proponendo di abbandonare il suffragio universale: non sapremo come spiegarlo all’Occidente. Però andrebbe benissimo una democrazia controllata, una élite di burocrati e tecnici sottoposta ad un capo forte e in gamba. Fintanto che la persona al vertice sa il fatto suo, non ho problemi con l’autorità. Altrimenti come facciamo ad attirare investimenti stranieri?”

“Dopo il fiasco della Primavera araba, chiunque sia sano di mente deve riconoscere i benefici della stabilità e di una leadership forte.” 

“Il problema della democrazia è che è un lusso, come il caviale Beluga.”

“Ma neppure l’Europa ci crede più. L’Unione Europea va a pezzi.”

Peri ascolta i discorsi degli uomini presenti e si ribella a quelle opinioni, ma viene guardata con sdegno. Nemmeno col gruppo delle donne si sente in sintonia; donne impegnate a sfoggiare abiti firmati e gioielli, attente a esprimersi con tatto e reticenza.

“Tutte quelle donne erano animate dal timor di Dio, dei mariti, del divorzio, della povertà, del terrorismo, delle folle, del disonore, della pazzia; donne dalla casa immacolata, certissime in cuor loro di cosa aspettarsi dal futuro. Da giovani avevano sostituito l’arte di blandire il padre con l’arte di blandire il marito. Conoscevano benissimo il limite da non oltrepassare.”

Solo il suo paziente e comprensivo marito capisce il suo disagio. Lui conosce quasi tutta la sua storia ed era stato lui a raccogliere i suoi cocci quando era tornata da Oxford.

Dunque, un romanzo che mi ha assolutamente catturato e che mi sento di consigliare a chi ama i personaggi controversi, i romanzi che pongono quesiti importanti e che aiutano a capire realtà che non si conoscono.

qui l’incipit del romanzo

Copio il link al sito dell’editore e una intervista al settimanale D di Repubblica:

http://www.rizzoli.eu/libri/tre-figlie-di-eva/

http://d.repubblica.it/attualita/2016/10/31/news/elif_shafak_scrittrice_turca_intervista-3286493/?refresh_ce

elif shafak