La vita è l’unico gioco d’azzardo legale nella DDR e l’omicidio nella DDR un gioco d’azzardo in cui ogni giocatore porta in aggiunta anche una pistola da roulette russa, dunque tenete a freno le aspettative, solo chi non si aspetta niente può vincere qualcosa.
Piano D, di Simon Urban, Keller editore 2018, traduzione di Roberta Gado, pagg 535. Prima pubblicazione 2011
Se decidete di leggerlo, mettete in conto qualche notte in bianco, soprattutto se avete l’abitudine di leggere allungati sul letto, per conciliare il sonno. Il romanzo di Urban vi terrà ben svegli. Le oltre cinquecento pagine non vi sembreranno impossibili da domare in breve tempo, una volta lette le prime, finendo risucchiati dentro questo romanzo ucronico di altissimo livello letterario. Un romanzo che ha in sé diverse anime: un thriller dove gli omicidi non mancano, una spy novel, un romanzo a sfondo fanta-politico. Il tutto confezionato con una scrittura capace di sorprendere per la sua grandezza immaginifica, per l’umorismo, per l’ironia che a volte si tramuta in doloroso sarcasmo, per la capacità visionaria dell’autore di dare forma con le parole alla realtà che egli ha immaginato. E che vi farà molto riflettere sull’antitesi socialismo-capitalismo, sulle crepe e le derive di ciascuno dei due sistemi che, da una parte e dall’altra del muro, governano le persone.
E la capacità visionaria è il motore che avvia e mantiene in marcia la realtà ucronica che ci troviamo di fronte aprendo le pagine di questo volume. Tutto inizia il 19 ottobre 2011: siamo a Berlino ma la città è ancora divisa dal Muro, e le Germanie sono ancora due, la Repubblica Federale e la Repubblica Democratica. Il Muro in realtà era stato abbattuto e le frontiere aperte ma, visto che qualche milione di abitanti aveva preferito fuggire all’Ovest, per fermare l’emorragia, si è provveduto a ricostruirlo e a richiudere saldamente i confini. La Germania Est è passata attraverso alcuni processi di democratizzazione (alquanto di facciata) e ha ridimensionato i poteri della Stasi (la famigerata organizzazione segreta di spionaggio) attraverso un processo denominato “Rianimazione” (il nome racchiude in sé una bella dose di ironia…) ma, in realtà, nulla è cambiato. I palazzi di Berlino – la città è uno dei protagonisti – sono grigi e con l’intonaco crepato, l’aria è irrespirabilmente untuosa a causa dell’olio di colza usato come propellente, le strade piene di buche, i cittadini rassegnati. Le loro facce grigie come gli abiti che indossano, il cielo plumbeo che li sovrasta, tutto definisce uno scenario deprimente, almeno per il popolo, per la massa, mentre, durante lo sviluppo della vicenda, verremo a sapere che, come al solito, le elite ci sono ancora e possono permettersi ben altri colori e stili di vita. Per certi versi, leggendo le descrizioni così vivide della città mi sono tornati alla mente molti fotogrammi delle scene in bianco e nero seppiato degli angeli de “Il cielo sopra Berlino” di Wenders.
Il romanzo si apre col ritrovamento di un cadavere: un ottantenne ben vestito, viene trovato impiccato al gasdotto che trasporta gas dalla Russia all’Europa, con le stringhe delle scarpe legate tra loro, e un cappio intorno al collo chiuso con otto nodi. Il vecchietto non si è suicidato, questo appare subito chiaro agli investigatori: è stato fatto salire sul tetto di un’auto che, partendo, lo ha lasciato al suo destino immediato di cadavere penzolante. Il rituale è noto: in passato, portava la firma della Stasi e veniva utilizzato per punire i traditori. Ma i tempi sono cambiati, si dice; la Stasi non può più permettersi di procedere così, gli osservatori stranieri si butterebbero a pesce su questa storia e non è il momento giusto. Infatti, al Ministero delle dell’Esportazione energetica e dell’Economia di transito (frecciatina pungente alla mania di usare definizioni chilometriche, tipiche dei paesi dell’est), si sta discutendo un importantissimo e lucroso accordo tra la Russia che ha il gas, la Germania Est che può farlo transitare sul suo territorio, e la Germania Ovest che lo necessita. E di tutto c’è bisogno nel Paese in questo momento tranne che di una crisi politica.
Al morto viene presto data un’identità: si tratta di Albert Hoffmann, tedesco dell’ovest, illustre studioso politologo, cattedratico nonché influente consigliere di Krenz, Primo Ministro della Germania dell’Est, dove da anni si è volontariamente trasferito a vivere.
Data la vitale importanza di questa delicata indagine per tutte e due le Germanie, il compito viene affidato ad un team di investigatori: un super poliziotto dell’ovest, Richard Brendel, e il capitano della Volkspolizei dell’est, Martin Wegener. Compito che si preannuncia piuttosto complesso e accidentato fin dalle prime pagine, perché si tratta di indagare a tutto campo, ma in particolare sulla Stasi che, come ben si può capire, non gradisce che si ficchi il naso nei propri archivi.
Conosciamo da subito il capitano Wegener, che viene convocato sul luogo del delitto e che seguirà per noi – essendo lui il punto vista da cui la storia è narrata – tutta la vicenda. Il cinquantenne capitano naturalmente è abbastanza allergico ai meccanismi omertosi e segreti della Stasi, e a loro è noto, a causa di un provvedimento disciplinare che si era beccato in passato quando aveva voluto intrufolarsi negli archivi per indagare sulla scomparsa del suo collega e amico Josef Früchtl. Naturalmente è succube di un amore devastante per la ex moglie, Karolina, che lo ha lasciato dopo avere scoperto una scappatella, ma che lui, dopo essersi mangiato le mani, spera di potere riconquistare. La bella Karolina, nel frattempo, è stata assunta proprio a quel Ministero e, guarda caso, deve occuparsi proprio di quell’accordo tanto importante…
In un clima di continua tensione, di tentativi di depistaggio e di capovolgimenti, Wegener non può fidarsi di nessuno, e niente è come sembra. Cerca di dipanare la matassa di questo intricato delitto ragionando con la sua testa, confrontandosi col fantasma dell’amico scomparso che pone domande e suggerisce ipotesi, e con la presenza, questa reale, di Karolina, che tanto innocente non sembra essere. Comportandosi come un “diffidatore automatico”.
Il tutto veicolato attraverso l’ironia che solleva la narrazione dalla classica spy story al romanzo vero e proprio, in cui non mancano colpi di scena e scene esilaranti, come quando i due detective, per incontrare un testimone chiave della vicenda, devono farlo in una spiaggia di nudisti, ammanettati tra di loro e finendo congelati nelle acque del Mar Baltico. Il loro rapporto mette a nudo (non solo in senso figurato) le differenze tra i diversi stili di vita. Elegante e fascinoso, atletico e ben educato Brendel, il poliziotto della Germania Ovest che viaggia in Mercedes; trasandato e un po’ imbolsito, diretto e sanguigno Wegener, che viaggia su una scassata Phobos e possiede un solo oggetto per cui il collega venuto dall’Ovest lo invidia. Il cellulare Minsk, che insieme ai computer Robotron e a tutta la tecnologia sembra essere l’unico campo in cui la DDR è avanti rispetto alla BRD.

Indagando sull’identità del professor Hoffmann, i due detective si imbattono in un disegno visionario, in una proiezione nel futuro che lo studioso aveva messo a punto in segreto: il Piano D. D come Deutchland, come un’unica Germania, un sogno di riunificazione che idealmente incendierebbe molti cuori, così come potrebbe incenerire molte menti. Un piano per coniugare il socialismo dell’est, riformato e depurato dalle sue restrizioni delle libertà, e il capitalismo dell’ovest, spogliato dai suoi risvolti disumani, più ecologico. Un’utopia, nella quale però, oltre al professore, sembra crederci anche qualcun altro. Una visione che potrebbe essergli costata la vita.
Non voglio dire troppo sulla trama perché va da sé che toglierei il mordente al romanzo; voglio solo aggiungere che sono rimasta davvero impressionata dalla capacità dell’autore di descrivere in modo così realistico e allo stesso tempo visionario un futuro che poteva essere e non è stato, e di mettere in gioco un puzzle spionistico e fanta-politico così verosimile da sembrare reale. E, alla, fine viene da domandarsi se e come e quanto di vero e di possibile ci sia in questa storia inventata e quanto, di ciò che non sappiamo, sia accaduto. O avrebbe potuto accadere.
Simon Urban (Hagen, 1975) e scrittore e copywriter. Ha studiato Germanistica e Filosofia a Munster e Scrittura letteraria al rinomato Literaturinstitut di Lipsia. Si e formato come copywriter alla celebre Texterschmiede di Amburgo e ha lavorato per anni nelle migliori agenzie pubblicitarie tedesche; dal 2013 e freelance. Per l’agenzia Scholz & Friends ha ideato nel 2009 la prima pausa pubblicitaria letteraria live, premiata con il Grand Clio Award, e per l’agenzia Jung von Matt ha scritto nel 2014 lo spot di Edeka #heimkommen che ha vinto diversi Leoni al Festival internazionale della creativita di Cannes ed è annoverato tra i video virali tedeschi più cliccati di sempre, con quasi sessanta milioni di visualizzazioni.
Il suo romanzo d’esordio, Piano D (2011), e stato finora tradotto in dodici lingue; la traduzione inglese e entrata nella longlist dell’IMPAC Award mentre in Germania il romanzo ha raggiunto la Top Ten Best Crime Novels of the Year della ≪Zeit≫ e si è aggiudicato lo Stuttgart Crime Award come miglior debutto dell’anno. Nel 2014 è seguito il romanzo Gondwana. Simon Urban vive e lavora tra Amburgo e il Mar Baltico.
Le ucronie sono sempre intriganti, specialmente se vengono presentate da un’ottima “spacciatrice” di libri come te ;). Riguardo alle notti in bianco, credo che i migliori libri siano proprio quelli che ti lasciano addosso una bella scarica di adrenalina e ti impediscono di addormentarti perché non riesci a toglierteli dalla testa. Buone letture!
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Di questo libro, oltre a quanto già detto, mi è piaciuta molto l’ambientazione, cioè il modo in cui l’autore ha reso la possibile Germania dell’Est ai nostri giorni. E poi le atmosfere, le vie di Berlino…. insomma, bravo davvero!
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L’ha ribloggato su Alessandria today @ Pier Carlo Lava.
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Un libro ambientato a Berlino… non me lo posso perdere. Mi hai convinta! 🙂
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Una Berlino est del 2011… te la immagini ?
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