Rallentò il passo e i figli guadagnarono qualche metro su di lei. (..) Sarebbero cresciuti anche loro – anche loro avrebbero studiato, morso, amato, gareggiato e sognato, e forse sarebbero partiti per paese lontano, e forse sarebbero tornati; e poi un giorno si sarebbero fermati e si sarebbero domandati che fine avesse fatto la propria vita: che ne era stato di quelle promesse, delle speranze che avevano riempito tutti gli anni fino a quel punto. E ci avrebbero messo un po’ a capirlo – o forse non ci sarebbero mai riusciti – che il futuro, le possibilità inesplorate, i sogni, si tramandavano di madre in figlio, come un testimone, e l’unica cosa che davvero contava era mollare la presa sulla vita nel momento giusto.(cit. da “Pattini”)

La gente non esiste, di Paolo Zardi, Neo Edizioni 2019, pagg. 209

Charles Schulz (il papà dei Peanuts) diceva “Io amo l’umanità, è la gente che non sopporto”; Paolo Zardi sembra pensarla come lui: “La gente non esiste. Esistono gli uomini, i loro insopprimibili desideri, le speranze insondabili, le misteriose direzioni che tessono ogni vita.”

E ce lo dimostra in questa variegata raccolta di racconti – ben 27 – dove protagonisti sono gli uomini e le donne comuni, colti in un momento, in una singola scena, dove dettagli minimi, pensieri ordinari, assommati, acquisiscono forza e diventano un momento topico, un’epifania che squarcia, per un attimo, quel velo opaco che era stato steso per rendere tutto piattamente omogeneo e inoffensivo. Frammenti di vite quasi ripresi con una cinepresa: una scena, una sequenza, quanto basta per inquadrare un vissuto, un disagio, una perdita, un rimpianto, una felicità inattesa, una verità sconosciuta. Zardi ha senza dubbio una grande padronanza dell’arte del racconto, lo ha già dimostrato con “Antropometria” (Neo Ed. 2010): sa dosare perfettamente sintesi, intensità emotiva e tensione narrativa, sa scegliere i particolari giusti per connotare i tratti distintivi di un individuo, così come sa indurre l’empatia di chi legge nei confronti dei personaggi raccontati; il tutto avvolto da un sottile e malinconico velo intessuto di ironia. Spesso il lettore ritrova qualcosa di se stesso nei protagonisti che via via gli si parano davanti; nelle loro delusioni, sconfitte, personali affermazioni, sentimenti, distacchi. Così come ha l’impressione di avere già visto quel luogo, quella fila di ombrelloni, quel condominio dalle pareti sottili. Perché quella che incontriamo nei racconti, alla fine, è l’umanità al singolare, aggregata in plurali che a volte si sono scelti, altre no, ma che hanno un comune sentire, uno stesso anelito ad un’effimera felicità.

Devo dire che quasi tutti i racconti mi sono piaciuti – alcuni li trovo folgoranti, o commoventi, altri tristemente veri -, qualcuno di meno; credo che questo sia normale, e del tutto sindacabile. Dato che i racconti sono tanti e abbastanza brevi, non mi sembra corretto anticipare contenuti. Il consiglio è di leggerli tutti.

Del Paolo Zardi romanziere, vi consiglio di leggere “XXI Secolo“; qui sul blog trovate la mia recensione di “La passione secondo Matteo”.

Lo ammetto. Non ho mai capito in cosa consista praticamente l’anima. Credo che se ne sia parlato troppo, e per troppo tempo, cercando risposte che forse non è possibile formulare – o almeno non nello stesso linguaggio che usiamo per gestire le transazioni finanziarie, per definire un triangolo, per creare la politica di un paese. Tuttavia, senza aver capito in cosa consista questa dannata anima, sento in qualche modo di possederne una; sento, con gioioso sgomento, di custodire un mondo, dentro di me, tanto grande e vasto quanto il mondo che sta là fuori e del quale, forse, questa lucetta non è che un luminoso riflesso. ( cit. da “Riverbero”)