Nato sessantun anni fa in Kentucky, Chris Offutt ha raccontato nei suoi libri la cosiddetta «America profonda», le montagne degli Appalachi, fatta di paesaggi desolati e solitudini, di alcol e armi. Nei suoi romanzi e racconti troviamo le storie di camionisti, sceriffi, giocatori d’azzardo, pugili dilettanti, ex carcerati, ex combattenti.

Iscritto alla grande tradizione letteraria del Sud americano, Chris Offutt ha dato voce al microcosmo colorito, spietato e insieme esilarante delle masse di poveri che abitano le colline del Kentucky, un’area da sempre depressa e isolata, insofferente al controllo e alle intrusioni del progresso. La sua narrativa ha dunque, anche, un ruolo testimoniale e politico, che ci ha consegnato il ritratto rabbioso e colmo di umana compassione degli ultimi fra gli americani, investendo di una nuova luce uno dei pochi angoli ancora oscuri della nazione. Con la sua prima raccolta di racconti, Nelle terre di nessuno, aveva partecipato alla costruzione delle leggende dei monti Appalachi, un luogo – come scrive Alessandro Portelli in America Profonda – ancora oggi più vicino al mondo del sogno (o dell’incubo) che alla realtà. Spogliando il mito dei suoi attributi negativi, quelli proiettati dall’incomprensione dell’America mainstream, lo scrittore si dedica a una ricostruzione fedele, e non di rado brutale, di queste montagne, forse l’ultimo ventre oscuro degli Stati Uniti. Marco Petrelli su Il Manifesto

Offutt nelle terre di nessuno

Nelle terre di nessuno, Chris Offutt, Minimum fax 2017, traduzione di Roberto Serrai

Paesaggi di brutale bellezza, alcol e fucili, rabbia e rassegnazione. Segherie abbandonate; vecchie baracche dove si gioca a poker e le partite rischiano di finire a colpi di pistola, bar fumosi in cui tutti gli avventori si conoscono, e molti coltivano antichi rancori. Figli senza padri, alla deriva; famiglie nelle quali nessuno lavora, ma che l’assistenza sociale sembra aver dimenticato. E ad aleggiare su tutto, l’amore lancinante e doloroso per una terra da cui si parte – ma quasi sempre per farvi ritorno e rimanere – e una testarda, assurda, commovente speranza di riscatto. Con Nelle terre di nessuno, Chris Offutt ha scritto uno tra gli esordi più fulminanti degli ultimi decenni, aggiungendo alla grande tradizione del racconto americano un nuovo, potente capitolo. Le sue storie, dure ma cariche di emozione, ci guidano in un Kentucky solo apparentemente marginale, e sanno narrarci con profonda empatia la sublime desolazione, il culto della violenza e la fame d’amore che si nascondono nell’America più ignota e dimenticata; in quei paesi che, come scriveva Mark Strand, nessuno visita mai.

Offutt country dark

Country dark, di Chris Offutt, Minimum fax 2018, traduzione di Roberto Serrai

Dopo la sua raccolta d’esordio Nelle terre di nessuno, Chris Offutt ci riporta in Kentucky, con un romanzo potente e teso come una corda di violino: una storia di violenza e vendetta che appassiona come un noir e illumina i lati più nascosti e oscuri del sogno americano.

Tucker è appena tornato nel suo Kentucky dopo aver partecipato a una delle guerre più sporche e dimenticate della storia americana, quella di Corea. Ha combattuto in condizioni estreme, non ha esitato a uccidere, come se fosse la cosa più naturale al mondo, è un reduce senza medaglie e senza rimorsi. Vuole solo ricongiungersi alle terre aspre e isolate nelle quali è cresciuto, costruirsi una famiglia e vivere in pace, anche se per farlo deve lavorare alle dipendenze di un contrabbandiere di alcol. Ma quando il suo fragile equilibrio e i suoi affetti più cari vengono messi in pericolo non ha la minima titubanza: riprende in mano le armi, che sa usare come pochi, e si prepara a difendere ciò che ama nell’unico modo che conosce.

Offutt a casa e ritorno

A casa e ritorno, di Chris Offutt, Minimum fax 2019, traduzione di Roberto Serrai

Grande presenza-assenza in tutta la produzione letteraria di Offutt, il Kentucky è il sostrato emotivo che unisce i nove racconti di «A casa e ritorno». L’attrazione magnetica esercitata dai boschi e dalle colline in cui i protagonisti di queste storie sono nati e cresciuti si traduce ora in vicende lineari, di fughe e ritorni, ora in narrazioni più complesse e indirette. I temi portanti restano però gli stessi: l’impossibilità di andarsene davvero, di lasciare casa; il peso del passato e dei ricordi; l’attrazione irresistibile verso quelle «terre di nessuno», ingrate e crudeli, che si sono radicate a fondo nell’anima di tutti i personaggi. Ricorrendo a quella portentosa combinazione di realismo minuto e accensioni grottesche e magiche che rappresenta il suo inconfondibile marchio di fabbrica, Offutt racconta storie di camionisti, sceriffi, giocatori d’azzardo, pugili dilettanti ed ex carcerati, uomini e donne che affrontano disastri familiari per ritrovarsi a «crescere figli di altri mentre un estraneo si prende cura dei tuoi»: personaggi indimenticabili nel loro isolamento, nella loro impermeabilità alle regole della convivenza civile, nella durezza che, ben lungi dal cancellarla, cristallizza la forza dei sentimenti e dei legami.

Offutt mio padre

Mio padre, il pornografo, di Chris Offutt, Minimum fax 2019, traduzione di Roberto Serrai

Quando Andrew Offutt muore, suo figlio Chris eredita una scrivania, un fucile e otto quintali di narrativa pornografica. Romanzi scritti in pochi giorni e venduti in decine di migliaia di copie, approfittando della fame di erotismo che aveva travolto un’intera nazione dopo la rivoluzione sessuale degli anni Sessanta e il successo cinematografico di Gola profonda. Una carriera, quella di Andrew, cominciata per pagare le cure dentistiche del figlio e poi trasformatasi in un’autentica ossessione, consumata nel chiuso di uno studio inaccessibile ai suoi cari: eccetto che alla moglie, pronta a dattiloscrivere alla velocità della luce le sue spericolate incursioni nella pornografia. Impegnato ad aiutare la madre nel trasloco dalla casa della sua infanzia, Chris si immerge nei manoscritti, nelle lettere e nei diari del padre, e si rende ben presto conto di trovarsi davanti un’opportunità irripetibile per comprendere finalmente, e fino in fondo, l’uomo difficile, instabile, a volte crudele che ha amato e temuto in eguale misura. E per raccoglierne, così, l’eredità più autentica. Mio padre, il pornografo ci racconta la vita di uno scrittore professionista, che sa di poter sostenere la propria famiglia solo attraverso l’incessante lavorio della sua penna, ma ci rivela anche il carico di rabbia e dolore che ogni padre, inconsapevolmente, trasmette ai propri figli; il conflitto fra creatività e produzione di massa; soprattutto, cosa significhi crescere sulle colline degli Appalachi, in un mondo isolato nel quale la libertà, la felicità, la spensieratezza sono inestricabilmente legati a un retaggio di povertà, ribellione e violenza.

Recensione di Minima&Moralia.

Offutt il fratello buono

Il fratello buono, di Chris Offutt, Minimum fax 2020, traduzione di Roberto Serrai

Virgil Caudill è un uomo tranquillo. Vive nel cuore del Kentucky, e non ha mai lasciato i boschi e le montagne dove è cresciuto e la comunità nella quale si riconosce. Le sue giornate scorrono tutte uguali, tra il lavoro e le chiacchiere da bar, ma Virgil ha un punto debole: il fratello Boyd, la testa calda della famiglia, che ha un autentico talento nell’inimicarsi il prossimo e andare a caccia di guai. Quando Boyd viene ammazzato, Virgil si trova davanti a una decisione impossibile. Tutti sanno chi è il colpevole, e tutti, dai familiari alla gente del posto allo sceriffo di contea, sono certi di quello che accadrà. Negli Appalachi, il sangue si lava con il sangue, e per Virgil esistono solo due alternative: la vendetta o la fuga. Qualunque decisione prenderà, nulla per lui sarà più come prima.

«Offutt conduce il lettore verso un finale che sorprende benché ampiamente prevedibile, non giudica i suoi personaggi, incattiviti dal disinganno, lasciati indietro dal progresso e dall’istruzione. Li osserva da vicino, li racconta perché li conosce, perché è “la sua gente”. Tutto è ridotto all’osso, rivestito da un fascino che allo tempo respinge perché Offutt lo sa, e lo mostra al lettore con chiarezza cristallina nonostante le sfumature» – Cristina Taglietti, la Lettura

Sotto riporto alcuni stralci di un’intervista apparsa su Corriere della sera:

In che misura il paesaggio di questa terra influenza il comportamento di chi ci vive?
«C’è un vecchio detto: “La geografia è destino”. Se si vive su un’isola, si mangia molto pesce. La gente di città si preoccupa delle apparenze per distinguersi dalla folla. Le persone in montagna sono più isolate e hanno un forte rapporto con la natura. Questa stretta vicinanza è insolita per l’uomo del XXI secolo, eppure niente è più bello della natura e niente è più spietato e brutale. Questa combinazione di bellezza e durezza influenza i montanari e ha influenzato anche me» .

I suoi personaggi hanno il culto della vita nei boschi, delle tradizioni di un passato che rispettano, non esitano a usare le armi. Ha familiarità con questo tipo di vita?
«Sì, molta. Sono cresciuto in una piccola comunità di 200 persone dei Monti Appalachi, fino agli anni Quaranta un posto di minatori. Fuori dal lavoro erano persone toste. La maggior parte cacciava per mangiare e l’isolamento ha permesso di continuare le vecchie tradizioni. Io vivo in una casa immersa in cinque ettari di terra alla fine di una strada sterrata. Ho un grande orto, alberi di fichi e noci, polli e uno stagno. Ho anche intenzione di provare ad allevare capre e api. Ho ereditato il fucile di mio nonno, il fucile di mio padre e la pistola di mio zio. Un giorno andranno ai miei figli. Nel mio piccolo, mantengo le tradizioni delle mie montagne».

Lei ha detto che in Kentucky c’è un forte senso di fedeltà alla propria terra e alla propria famiglia. Non ha trovato questa lealtà nelle grandi città in cui è vissuto?
«Non ho mai vissuto molto a lungo nelle grandi città, ma mi sono accorto che a New York, Los Angeles, Boston, dove sono stato, c’è un’idea diversa di fedeltà. Le persone sono fedeli alle loro squadre sportive, alle loro scuole, al loro lavoro. Sulle colline del Kentucky, non è così. Ci sono meno opzioni, abbiamo la famiglia come cosa più importante, e spesso unica, a cui essere fedeli».