Ragazza, donna, altro, di Bernardine Evaristo, BigSur 2020, traduzione di Martina Testa, pagg. 524

Ragazza, donna, altro è un magnifico ritratto delle intersezioni di identità tra un gruppo interconnesso di donne britanniche nere, che dipinge un vivido ritratto dello stato della Gran Bretagna contemporanea e guarda indietro all’eredità della storia coloniale britannica in Africa e Caraibi.  

Bernardine Evaristo è la vincitrice del Booker Prize 2019 e la prima donna di colore a ricevere questo alto onore letterario in lingua inglese. Il romanzo si legge come una raccolta di racconti, con ciascuno dei dodici personaggi principali che riceve il proprio capitolo, culminando in un grande ricevimento dopo lo spettacolo teatrale di Amma messo in scena al National Theatre, che li unisce abilmente.

Le protagoniste che incontriamo in questo libro sono donne di età e generazioni diverse, che spaziano dai venti ai novant’anni; un ampio ventaglio di storie personali, in termini di età, luoghi e periodi storici vissuti, da giovani attiviste, anziane contadine del nord dell’Inghilterra, bancarie in carriera, insegnanti frustrate, femministe radicali della prima ora.

Questo primo livello di narrazione si completa con un discorso ancora più profondo che passa per l’intersezionalità a lei molto cara, in termini di sessualità delle protagoniste, ma anche nella loro cultura di provenienza, scelte politiche e classe sociale d’appartenenza. In un mondo che viene rimodellato dai movimenti #metoo e #blacklivesmatter, l’opera di Evaristo aggiunge un tassello letterario di primo piano, che porta al lettore i temi del femminismo, inteso oggi in modo eterogeneo, dell’antirazzismo e dell’inclusione. Agevolati dalla scrittura particolare – quella che Evaristo definisce fusion fiction – tutti i temi emergono con apparente semplicità e sono perfettamente a fuoco. Così anche per l’aspetto di appartenenza alla classe lavoratrice: tutte le donne che popolano il romanzo lavorano, il che è sì dovuto ad un ordine di necessità, ma garantisce anche quell’autonomia che permette di prendere decisioni in proprio.

Black feminist

(illustrazione di Arielle Gray)

I dodici personaggi centrali di questo romanzo a più voci conducono vite molto diverse. Amma, un lungo passato da attivista femminista, è una drammaturga arrivata al successo dopo anni di gavetta; riesce a mettere in scena la sua opera grazie all’arrivo di un direttore donna al National Theatre, teatro storicamente riservato ai britannici bianchi. Il suo lavoro esplora spesso la sua identità di lesbica nera; non è ironico che la produzione di Amma, “The Last Amazon of Dahomey“- una rilettura del mito delle Amazzoni-, presenti la storia di una tribù di donne guerriere e delle loro battaglie contro gli invasori perché Amma è usata come il filo che collega i personaggi e le loro battaglie personali. I personaggi sono collegati, con vari gradi di separazione, ad Amma. Le loro storie si intersecano e si costruiscono l’una sull’altra, fornendo sfumature e contrasti che mostrano che le donne, in questo caso le donne nere, non sono un monolite. Sparsi nel testo si trovano anche tanti riferimenti alla cultura nera, letteraria e musicale, come ad esempio a Audre Lorde.

Dominique, mi spieghi perché questo
revival del femminismo non dovrebbe essere una cosa
buona? Non è proprio quello che ci vuole?
in effetti è la mercificazione del tutto che mi dà fastidio,
Amma, un tempo le femministe venivano così diffamate
dai media che intere generazioni di donne hanno
rinunciato alla propria liberazione perché non volevano
sentirsi accusare di esserlo, mentre adesso ci vanno
in brodo di giuggiole, le hai viste le foto di tutte queste
giovani femministe strafiche vestite mezze punk che
se la tirano – finché non sarà più un fenomeno di
tendenza
il femminismo deve spostare placche tettoniche, non serve
che si rifaccia il trucco per essere alla moda
(..) sei troppo cinica e catastrofista, Dom
sono preveggente, un movimento politico serio che usa la
bellezza per vendersi meglio è spacciato

(pag. 503)

Amma, con il suo raggiungimento del successo come drammaturga, innesca un quesito etico: è possibile far coesistere l’attivismo radicale femminista e il privilegio che scaturisce dal successo raggiunto? La risposta la si trova declinata nei vari punti di vista che emergono dalle voci delle protagoniste. Così come per il tema altrettanto centrale dell’identità e dell’appartenenza, che per alcune delle donne è il fulcro dell’esistenza mentre per altre si attenua col passare del tempo e con le scelte di vita messe in atto. 

Incontriamo la sua vecchia amica Shirley, un’insegnante, stanca dopo decenni di lavoro nelle scuole di Londra prive di fondi – i danni delle politiche attuate dalla Thatcher emergono chiaramente, e sua madre Winsome, che si riscatta attraverso la lettura; Carole, una delle ex studentesse di Shirley, è diventata vice presidente di una banca di investimenti di successo; la madre di Carole, Bummi, lavora come donna delle pulizie e si preoccupa per la mancanza di radicamento di sua figlia nonostante i suoi ovvi risultati di successo sociale. LaTisha, madre single di tre figli avuti con padri che si sono prontamente dileguati e che trova sostegno nella madre e nella sorella. Yazz, femminista moderna che lotta contro il patriarcato e il privilegio dei bianchi, figlia di Amma, con le sue amiche musulmane, bianche, nere, altamente consapevoli del proprio ruolo nel mondo. Dominique, amica e compagna nel teatro di lunga data di Amma, espatriata negli USA irretita da una donna possessiva e maniacale, da cui riesce poi a liberarsi per costruire il suo percorso di vita. Hattie, una anziana signora di novantatre anni arrivata in Gran Bretagna con le grandi migrazioni degli anni Cinquanta della diaspora Africana, e sua nipote Megan alle prese con la propria identità sessuale, che diventerà Morgan dichiarandosi non-binary. Grace e la sua mamma bambina Daisy e i figli per il mondo. Penelope, che riceve dall’analisi del DNA la risposta più importante della sua vita.

Le donne che popolano il racconto sono lesbiche, bisessuali, poliamorose, pansessuali, non binarie e c’è persino qualche omofoba. Il messaggio di questa scelta, nonché uno dei temi cardini attorno al quale ruota tutto il libro,  è che le donne nere meritano di essere rappresentate in tutta la loro complessità e fuori dagli schemi del patriarcato.

black women
Lorna Simpson (American, born 1960). Rodeo Caldonia (Left to Right: Alva Rogers, Sandye Wilson, Candace Hamilton, Derin Young, Lisa Jones), 1986. Photographic print, 8 x 10 in. (20.3 x 25.4 cm). Courtesy of Lorna Simpson. © 1986 Lorna Simpson

Il contesto in cui si dipanano le vite delle protagoniste è l’Inghilterra dell’ultimo secolo, ma soprattutto una Londra eterna e in continua trasformazione, afflitta dagli inarrestabili fenomeni di gentrificazione (vedi Brixton) e dalle conseguenze sociali ed economiche della politica dagli anni Ottanta ad oggi: le politiche della Thatcher, la Brexit, le conseguenze dell’elezione di Trump, il cambiamento climatico e quel senso di condanna eterna che la generazione di Yazz, ma anche i millennial, vivono quotidianamente. Emergono anche il volto multiculturale e il vivace dialogo artistico, la musica alternativa dei locali underground.

Vivacemente spiritoso e pieno di emozione, Ragazza, donna, altro parla al lettore con voci centrate scritte in una forma innovativa fluida che prende in prestito molto dalla poesia: non c’è punteggiatura, fatta eccezione per le virgole, né lettere maiuscole all’inizio di ogni frase, non servono nemmeno i segni di interpunzione nei dialoghi, che risultano espressi in modo indiretto.

Londra Brixton

(foto credits Polvere d’Arte, Trieste)

La scrittura alterna una gentile empatia al realismo d’acciaio alla satira ironica: una gamma tonale che rende facile la lettura di questo romanzo così moderno nella sua visione, così fiducioso nella sua intuizione. La scelta stilistica è funzionale agli obiettivi del romanzo e rende l’opera attuale e consapevole, aperta e inclusiva di tutta l’umanità. Uno stile sovversivo, che scardina lo stile narrativo convenzionale, e che è capace di creare un ininterrotto filo di storie, interconnesse, intergenerazionali, interrazziali e interculturali.

La dedica di Evaristo: “For the sisters & the sistas & the sistahs & the sistren & the women & the womxn & the wimmin & the womyn & our brethren & our bredrin & our brothers & our bruvs & our men & our mandem & the LGBTQI+ members of the human family.”

In questa intervista, Bernardine Evaristo fornisce molti spunti per la lettura del romanzo. Qui potete leggere l’incipit.

Evaristo foto

Bernardine Evaristo è nata a Londra nel 1959 da madre inglese e padre nigeriano. È autrice di otto romanzi (fra cui Mr. Loverman, Playground 2014) e di testi teatrali e critici, ed è da sempre impegnata in campagne per l’inclusione e la visibilità degli artisti di coloreRagazza, donna, altro, vincitore del Man Booker Prize e di un British Book Award, finalista all’Orwell Prize per la letteratura politica e al Women’s Prize for Fiction, nel Regno Unito è stato il primo libro di una donna di colore ad arrivare in testa alla classifica della narrativa tascabile.