Questo mese di gennaio sono riuscita a leggere meno, un po’ per gli impegni, un po’ per la sovraffollata vita familiare in cui, a causa delle zone colorate, ci siamo ritrovati tutti sotto lo stesso tetto. Il che è bello perché ormai capita sempre più raramente … ma ovviamente toglie spazio ad altri interessi. In più, ho deciso di leggere anche qualcosa in lingua originale, come avrete visto, e questo comunque mi richiede più tempo.
Comunque, le letture del mese sono state tutte soddisfacenti, anche quando sono uscita dal mio repertorio preferito per esplorare un genere che non bazzico molto, il thriller. Dunque, ecco qua cosa ho letto:
Bernardine Evaristo. Ragazza, donna, altro
Rebecca Kauffman, La casa dei Gunner
Natsuo Kirino, Le quattro casalinghe di Tokyo
Marisa Salabelle, Gli ingranaggi dei ricordi
Alcuni di questi romanzi mi hanno sorpresa, e uno in particolare mi ha davvero colpito, per cui non può che essere il libro del mese.
Ragazza, donna, altro, di Bernardine Evaristo, BigSur 2020, traduzione di Martina Testa, pagg. 524
Ragazza, donna, altro è un magnifico ritratto delle intersezioni di identità tra un gruppo interconnesso di donne britanniche nere, che dipinge un vivido ritratto dello stato della Gran Bretagna contemporanea e guarda indietro all’eredità della storia coloniale britannica in Africa e Caraibi.
Le protagoniste che incontriamo in questo libro sono donne di età e generazioni diverse, che spaziano dai venti ai novant’anni; un ampio ventaglio di storie personali, in termini di età, luoghi e periodi storici vissuti, da giovani attiviste, anziane contadine del nord dell’Inghilterra, bancarie in carriera, insegnanti frustrate, femministe radicali della prima ora.
Questo primo livello di narrazione si completa con un discorso ancora più profondo che passa per l’intersezionalità a lei molto cara, in termini di sessualità delle protagoniste, ma anche nella loro cultura di provenienza, scelte politiche e classe sociale d’appartenenza.
Vivacemente spiritoso e pieno di emozione, Ragazza, donna, altro parla al lettore con voci centrate scritte in una forma innovativa fluida che prende in prestito molto dalla poesia: non c’è punteggiatura, fatta eccezione per le virgole, né lettere maiuscole all’inizio di ogni frase, non servono nemmeno i segni di interpunzione nei dialoghi, che risultano espressi in modo indiretto. Uno stile innovativo e sovversivo, che scardina lo stile narrativo convenzionale, e che è capace di creare un ininterrotto filo di storie, interconnesse, intergenerazionali, interrazziali e interculturali.