Leïla Slimani è diventata una star in Francia. La sua notorietà è largamente dovuta all’assegnazione del Prix Goncourt per Chanson douce (Ninna nanna, trad. E. Cappellini, Rizzoli), che ha ricevuto nel 2016. Il mondo culturale francese le ha tributato onori e apprezzamento e Macron le ha persino proposto il ministero della cultura, che Slimani ha declinato per il meno impegnativo ruolo di rappresentante della Francofonia.  Oggi è presenza costante nei programmi radiofonici e nei principali dibattiti culturali francesi.

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Nata a Rabat nel 1981 e trasferitasi a Parigi per studiare scienze politiche, Slimani ha iniziato la sua carriera come giornalista coprendo i conflitti della Primavera Araba in Tunisia, per poi preferire dedicarsi, successivamente a un arresto, all’attività più propriamente letteraria, nella quale però ha continuato a mantenere uno sguardo tagliente sulla società contemporanea francese e marocchina.

Il suo primo romanzo, Nel giardino dell’orco (trad. E. Cappellini, Rizzoli, 2014), è la storia di una dipendenza sessuale tesa tra affermazione e sottomissione distruttiva al desiderio; tramite le opere successive – Ninna nanna su un infanticidio ad opera di una babysitter e I racconti del sesso e della menzogna, raccolta di testimonianze sulla vita sessuale di uomini e donne marocchine  – Slimani si è interrogata in maniera progressivamente sempre più partecipata su questioni centrali al femminismo terzomondista  (o decoloniale), tra cui in particolare sull’influenza che l’appartenenza etnica, la religione e il retaggio culturale e storico hanno sulla ridefinizione delle priorità nella pratica e nell’agenda politica femminista delle donne marocchine.

Se nel primo romanzo i suoi interessi erano principalmente l’uso e abuso del corpo e del desiderio femminile, in Ninna nanna ha affrontato le invisibili reti di potere e dominazione che si creano tra persone di classe ed etnia diverse, mostrando come i classici ruoli di vittima e carnefice non siano sempre nettamente distinguibili.

Con la serie di interviste apparse ne  I racconti del sesso ha ripreso i temi dei romanzi precedenti per raccontare come in un paese islamico tradizionalista e conservatore come il Marocco l’affermazione del desiderio possa essere punibile per legge e implicitamente dimostrare come alcune prerogative dei movimenti femministi radicali occidentali possano diventare secondarie rispetto al bisogno di affermare prima di tutto i diritti universali.

Attraverso la sua opera narrativa e giornalistica, Slimani ha dunque iniziato a farsi portavoce di un femminismo decoloniale, lontano da quello più radicale occidentale: pur riconoscendo una lotta comune per affermare la propria soggettività, le premesse su cui si muove e da cui parte questa lotta sono infatti diverse.

Slimani il paese degli altri

Su questo percorso di riflessione personale tra femminismo e decolonizzazione si colloca il suo recente romanzo Il paese degli altri, primo volume di una trilogia largamente autobiografica ambientata in Marocco tra il 1945 e il 2015.

Il paese degli altri, Leila Slimani, La Nave di Teseo 2020, traduzione di Anna D’Elia, pagg. 352

Nel 1944, durante la guerra, Mathilde, una giovane alsaziana, s’innamora di Amin, un soldato marocchino che combatte nell’esercito francese contro l’occupazione nazista. Lui è affascinato dalla vitalità e dalla libertà di Mathilde; lei è sedotta dalla bellezza e dalla sensibilità dell’uomo. Al termine della guerra decidono di sposarsi e di trasferirsi nei dintorni di Meknes, in Marocco, dove Amin aveva ereditato un terreno che sognava di trasformare in una fattoria moderna. Ma l’impatto con la nuova realtà è traumatico per entrambi. Mathilde deve imparare a vivere in un mondo fatto di regole che non comprende e non condivide, mentre Amin scopre a sue spese che non è facile essere un proprietario terriero né un marito moderno e liberale in un paese come il suo. Nonostante le difficoltà e i contrasti, il loro amore e la dedizione ai figli, Aisha e Selim, prevalgono anche quando, con l’esplodere della lotta per l’indipendenza del Marocco, la Storia torna a bussare alla loro porta. Tutti, in questa storia, vivono nel “paese degli altri”. Ci vivono i coloni francesi ospiti indesiderati dei marocchini che, a loro volta, sopportano a fatica il giogo degli europei. Ci vivono i soldati, costretti ad operare in un territorio ostile, così come i contadini che lavorano una terra che non appartiene a loro. Ma sono soprattutto le donne, costrette a vivere nel paese degli uomini, a dover lottare per la loro emancipazione.

Slimani ninna nanna

Attraverso la descrizione chirurgica, certosina, della giovane coppia e della figura intrigante e misteriosa della tata, Ninna nanna, acclamato Premio Goncourt 2016, affonda lo sguardo nelle nostre concezioni dell’amore, dell’educazione, dei rapporti di forza che si celano dietro il denaro, parlandoci di pregiudizi culturali e di classe e del tempo in cui viviamo.

«Una bomba nlle mani del lettore. Fin troppo vero.» – Lire

«Myriam accetta di farsi viziare. Ogni giorno le lascia qualche incombenza in più, e la donna le dimostra tutta la sua riconoscenza. Assomiglia a quelle figure che a teatro cambiano le scenografie al buio. Sollevano un divano, con una mano spingono una colonna di cartone, con l’altra un pannello del fondale.»
Quando arriva il secondo figlio, Myriam decide di riprendere a lavorare. È una scelta sofferta, ragionata, discussa a lungo con Paul, il marito, eppure imprescindibile, e appena si presenta l’occasione la neomamma la afferra con tenacia e torna alla sua professione di avvocato. Adesso però serve una tata per Mila e Adam. Sarà una selezione severa, nessuno affida di buon grado i propri figli a una sconosciuta. Poi un giorno nell’appartamento dei Massé entra Louise: luminosa, solare, dolce, e i bambini, soprattutto Mila, sembrano sceglierla prima dei genitori. È l’incastro perfetto dell’ultima tessera di un puzzle. La donna guadagna l’affetto incondizionato dei piccoli e la gratitudine di Myriam e Paul, tra- sforma la casa in un incanto, li vizia anticipando ogni loro necessità. Finché questo rapporto di dipendenza, come tutte le dipendenze, non si incrina, mostrandosi eccessivo, non si rivela sbagliato e infine deraglia rovinosamente.

Slimani racconti

Benvenuti nella “società della menzogna”. Una società che santifica la verginità pur essendo la quinta al mondo per consumo di pornografia online. Tredici racconti sulla sessualità in Marocco: tredici testimonianze spontanee raccolte dalla scrittrice Leïla Slimani.

«Un saggio infuocato» – Grazia

Sono voci di donne di estrazione sociale differente, con un livello di istruzione e un sentimento religioso profondamente diversi, eppure parlano tutte la stessa lingua e muovono un atto di accusa senza riserve verso una società in netta contraddizione tra quanto predica e quanto vive. La studentessa, la prostituta, il medico, l’attivista, il poliziotto ci offrono uno spaccato spietato della vita sessuale in Marocco, fatta di incontri rubati, consumati nei cantieri abbandonati, con la paura di essere scoperti dalla polizia o aggrediti da qualcuno. Il sesso fuori dal matrimonio è proibito per legge, il codice penale sanziona il crimine con due anni di carcere. Non si può abortire, a meno di non essere state violentate. Succede anche che le donne vittime di stupro possano essere sposate dai loro stessi violentatori. Questo è quello che prescrive la legge marocchina oggi, una giurisprudenza scollata dalle esigenze di una comunità per molti versi modernizzata, in cui le donne reclamano il tempo di conoscere e desiderare gli uomini con cui escono e rivendicano la libertà di rifiutarli. Se le ragazze non parlano di sesso in famiglia, né confidano alle amiche le loro relazioni non ufficiali, dall’altra i giovani uomini non sposano donne che abbiano perso la verginità. Che tipo di società è questa? Leïla Slimani, scrittrice premio Goncourt all’apice del successo e acuta osservatrice dell’identità femminile nelle sue infinite declinazioni, lascia alle parole di queste donne la risposta.

Slimani orco

Adèle è una giornalista di trentacinque anni, ha una bella casa a Parigi, un marito medico e un figlio piccolo. Ma questa vita apparentemente perfetta per lei non è abbastanza; la sua intera esistenza le si stringe intorno fino a farla soffocare. Così la donna cammina disinvolta per le strade parigine alla ricerca di sguardi e incontri, per nascondersi tra le braccia di sconosciuti che sappiano placare la sua angoscia – e la sua fragilità – anche solo per un momento di fugace amore, di veloce soddisfazione. E poi torna a casa, prepara la cena per il figlio, e si infila nel letto accanto al marito. Questa vita di menzogne richiede però un’organizzazione estenuante, che finisce per logorarla, mettendo a rischio la capacità di gestire le due realtà in cui Adèle si dibatte senza posa.

Slimani diavolo

Sono i dettagli che cambiano il corso della Storia e del pensiero e Leïla Slimani ne coglie sei, sia dalla propria memoria privata sia da alcuni eventi collettivi che hanno segnato la società contemporanea degli ultimi anni. C’è il racconto dell’anziano Hamid, un uomo colto, considerato un saggio nei vicoli di Tangeri, travolto dall’irruenza del nipote Karim, che confusamente si scaglia contro gli sciiti in un dialogo improbabile e carico di amarezza. Ci sono i ricordi di Leïla bambina in Marocco, di come ha cominciato a coltivare la propria libertà scontrandosi con certe istituzioni dogmatiche. C’è la sua rabbia di parigina ferita dopo l’attentato a “Charlie Hebdo”. C’è, in ognuno di questi interventi, il richiamo all’impegno dell’intellettuale, all’urgenza di prendere posizione. Sei brevi testi sviluppati attorno a due temi di fondo: il pericolo dei fanatismi e le responsabilità della letteratura rispetto a quanto accade nel mondo, la sua capacità di modificare modi di vedere e pensare. Sei testi che dialogano tra di loro con naturalezza, trasportando il lettore tra il Marocco e la Francia e dando vita a riflessioni profonde.

(Alcune informazioni sono state riprese da Il Libraio)