Le piante hanno una personalità, possiedono i cinque sensi come noi, si scambiano informazioni e interagiscono con gli animali. Per sopravvivere adottano strategie mirate, hanno una vita sociale, sfruttano al meglio le risorse energetiche. Sono capaci di scegliere, imparare e ricordare, sentono perfino la gravità. Le piante hanno intelligenza, apprendimento e memoria. Sono organismi viventi niente affatto inferiori. E hanno molto da insegnarci. Tutto questo spiega Stefano Mancuso nei suoi imperdibili libri.

Stefano Mancuso, Scienziato di prestigio mondiale, professore all’Università di Firenze, dirige il Laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale (LINV). Membro fondatore dell’International Society for Plant Signaling & Behavior, ha insegnato in università giapponesi, svedesi e francesi ed è accademico ordinario dell’Accademia dei Georgofili.

Nel 2012 «la Repubblica» lo ha indicato tra i 20 italiani destinati a cambiarci la vita e nel 2013 il «New Yorker» lo ha inserito nella classifica dei “world changers”. Con la sua start-up universitaria PNAT ha brevettato “Jellyfish Barge”, il modulo galleggiante per coltivare ortaggi e fiori completamente autonomo dal punto di vista di suolo, acqua ed energia presentato all’EXPO Milano 2015 che si è aggiudicato l’International Award per le idee innovative e le tecnologie per l’agribusiness dell’United Nations Industrial Development Organization (UNIDO). È autore di volumi scientifici e di centinaia di pubblicazioni su riviste internazionali.

Verde brillante. Sensibilità e intelligenza del mondo vegetale” (con Alessandra Viola) pubblicato nel 2013 e più volte ristampato, è tradotto in 17 lingue. Ha ottenuto il Premio nazionale per la divulgazione scientifica dell’Associazione italiana del libro (2013) e il Premio Gambrinus “Giuseppe Mazzotti” (2015). Nel 2016 il Ministero della Ricerca scientifica austriaco l’ha proclamato “The Science Book of the Year”.

Per Giunti ha inoltre pubblicato “Uomini che amano le piante. Storie di scienziati del mondo vegetale” (2014); con Carlo Petrini, “Biodiversi “(Giunti Slow Food 2015) e “Plant Revolution. Le piante hanno già inventato il nostro futuro” (2017)

Stefano Mancuso ha tratto ispirazione dagli studi di George Washington Carver, Ephraim Wales Bull e Charles Harrison Blackley, e dai naturalisti Charles Darwin e Gregor Johann Mendel.

La neurobiologia vegetale è parte della botanica e studia la memoria (tra cui quella transgenerazionale), l’apprendimento (incluso l’apprendimento epigenetico), l’esperienza (ad esempio attraverso la pianta modello Mimosa pudica che sembra avere la capacità, in una certa misura, di adattarsi alle condizioni del luogo in cui vive, alla comunicazione e alla vita sociale delle piante.

Secondo Stefano Mancuso, dall’inizio degli anni 1990, gli scienziati hanno iniziato ad ammettere che le piante hanno non solo capacità “sociali”, ma una forma di intelligenza che fino ad allora non era stata immaginata. Per approfondire le sue teorie e studi vi rimando QUI.

Mancuso ha scritto molti libri, tenuto molte conferenze, lezioni ecc, quindi il materiale è cospicuo. In questo post vi segnalo alcuni suoi lbri, lasciando a voi la scelta di continuare a scoprirlo dopo queste mie righe.

«”Verde brillante” è, come nella migliore scienza, il prodotto di un’immaginazione poderosa e di una capacità di guardare il mondo da un punto di vista inedito e senza condizionamenti, che ci rende partecipi di questa nuova prospettiva. Perciò, mettete da parte il vostro abituale antropocentrismo èer un paio d’ore ed entrate in quest’altro più ricco e sbalorditivo mondo. Non ve ne pentirete e quando ne uscirete non sarete più quelli di prima» – dalla Presentazione di Michael Pollan

Le piante sono esseri intelligenti? Sono in grado di comunicare tra loro, di risolvere problemi? O sono inerti e insensibili, immobili arredi del nostro mondo? Muovendo da questi interrogativi, Stefano Mancuso e Alessandra Viola dimostrano che le piante non sono affatto organismi inferiori. Anzi, come gli altri esseri viventi, hanno una personalità, possiedono tutti i cinque sensi come noi, si scambiano informazioni e interagiscono con gli animali, adottano strategie per la sopravvivenza, hanno una vita sociale, sfruttano al meglio le risorse energetiche. Sono capaci di scegliere, imparare e ricordare, sentono perfino la gravità. Intelligenza, apprendimento, memoria e comunicazione non sono prerogative del mondo animale: Verde brillante spiega perché sono qualità che le piante condividono con noi. Indispensabili alla sopravvivenza dell’uomo, hanno molto da insegnarci e, se consideriamo le loro straordinarie capacità, saranno sempre più importanti per il futuro sviluppo scientifico e tecnologico. Altro che “vegetali”!

Le piante consumano pochissima energia, hanno un’architettura modulare, un’intelligenza distribuita e nessun centro di comando: non c’è nulla di meglio sulla Terra a cui ispirarsi. Un libro che esplora il mondo vegetale per immaginare il futuro dell’umanità.

Una pianta non è un animale. Sembra la quintessenza della banalità, ma è un’affermazione che nasconde un dato di fatto di cui sembriamo essere inconsapevoli: le piante sono organismi costruiti su un modello totalmente diverso dal nostro. Vere e proprie reti viventi, capaci di sopravvivere a eventi catastrofici senza perdere di funzionalità, le piante sono organismi molto più resistenti e moderni degli animali. Perfetto connubio tra solidità e flessibilità, le piante hanno straordinarie capacità di adattamento, grazie alle quali possono vivere in ambienti estremi assorbendo l’umidità dell’aria, mimetizzarsi per sfuggire ai predatori e muoversi senza consumare energia. La loro struttura corporea modulare è una fonte di continua ispirazione in architettura. E ancora: producono molecole chimiche di cui si servono per manipolare il comportamento degli animali (e degli umani) e la loro raffinata rete radicale formata da apici che esplorano l’ambiente può tradursi in concrete applicazioni della robotica. Sappiamo ormai che allevare vegetali nello spazio è un requisito necessario per continuare a esplorarlo, e spostare parte della nostra capacità produttiva negli oceani grazie a serre galleggianti come Jellyfish Barge può essere una soluzione per soddisfare la nostra crescente richiesta di cibo. Organismi sociali sofisticati ed evoluti che offrono la soluzione a molti problemi tecnologici, le piante fanno parte a pieno titolo della comunità dei viventi. Se vogliamo migliorare la nostra vita non possiamo fare a meno di ispirarci al mondo vegetale.

Storie di vita esemplari, aneddoti, esperimenti e ricerche di naturalisti, botanici, genetisti, filosofi, esploratori che hanno rivoluzionato la nostra idea del mondo vegetale. L’universo verde in cinque secoli di stupefacenti scoperte: Charles Darwin e l’orchidea del Madagascar che può essere impollinata soltanto da un tipo di farfalla, la cruciale teoria dello scienziato inglese sulla fecondazione incrociata e l’evoluzione delle piante, Federico Delpino che ha studiato la collaborazione tra vegetali e formiche, l’indagine di Leonardo da Vinci sulla disposizione delle foglie per catturare la luce solare, la scoperta dell’Amorphophallus Titanium da parte di Odoardo Beccari a Sumatra, la tragica storia di Nikolaj Ivanovic Vavilov che, cercando di selezionare in laboratorio il super-chicco di grano capace di sfamare milioni di russi, preserverà la biodiversità delle piante ma muore di stenti un carcere sovietico. E, ancora, il genio di Marcello Malpighi, l’invenzione della genetica vegetale da parte dell’abate Mendel, l’incredibile vita di George Washington Carver, il primo nero americano laureato, e la tenacia con cui, a rischio della propria incolumità, Charles Harrison Blackley individua l’origine della febbre da fieno. Un libro pieno di curiosità e di amore per l’universo verde.

Se le piante potessero parlare forse la prima cosa che ci direbbero è: «Vegetale a chi? Noi non vegetiamo, siamo dotate di tutte le facoltà sensibili e, udite, udite, non siamo immobili, solo che voi non ve ne accorgete».

Attraverso il racconto di storie straordinarie, uno scienziato di fama internazionale ci accompagna nel viaggio impercettibile, intelligente che le piante compiono per conquistare il mondo. Sì, perché esse sono la maggior parte di tutto ciò che è vivo sulla Terra, gli animali sono una minoranza risicata e gli uomini delle tracce irrilevanti.

«Spostarsi in lungo e in largo per il mondo, raggiungendo i posti più impraticabili: è un’attività difficile da associare a esseri viventi incapaci di muoversi, eppure le piante hanno mostrato una propensione all’esplorazione e alla conquista superiore a quella di qualsiasi giramondo umano» – Il Venerdì

Nel 1896 il botanico tedesco Wilhelm Pfeffer realizzò un filmato in time lapse per studiare il comportamento e i movimenti delle piante. Pfeffer mostrò, davanti ai volti sbigottiti dei colleghi, la fioritura di un tulipano e i movimenti esplorativi delle radici nel suolo. Per la prima volta fu possibile vedere quello che sino a quel momento si poteva solo immaginare: a muoversi non sono solo gli animali ma anche le piante. Esse si spostano e si muovono per procurarsi nutrimento, per difendersi, per riprodursi. Non potendosi spostare dal luogo in cui nascono, le piante hanno bisogno di aiuto per ricevere e inviare all’esterno… messaggi, polline o semi. Per questo hanno messo in piedi una specie di sistema postale. Le piante aviatori si affidano all’aria, le naviganti all’acqua, ma più spesso usano come postini gli animali, soprattutto quando si tratta di incarichi molto delicati come la difesa o la riproduzione. La bardana, ad esempio, produce dei semi dotati di uncini che si attaccano in maniera tenace al pelo degli animali. Se avete un cane e lo portate a passeggio in campagna sapete di cosa parlo. I semi delle naviganti possono percorrere migliaia di chilometri e passare anni in acqua prima di approdare in luoghi sicuri dove germinare: sappiamo di noci di cocco entrate nella corrente del Golfo e approdate sulle coste dell’Irlanda, oppure del giacinto d’acqua scappato da un giardino botanico di Giava che ormai abita quasi ogni continente.

Finalmente la Nazione delle Piante, la più importante, diffusa e potente nazione della Terra, prende la parola.

«Immaginare una costituzione scritta dalle piante, cui io presto l’opera di tramite con il nostro mondo, è l’esercizio giocoso dal quale nascono le pagine del mio libro» – Stefano Mancuso, Robinson

«In nome della mia ormai pluridecennale consuetudine con le piante, ho immaginato che queste care compagne di viaggio, come genitori premurosi, dopo averci reso possibile vivere, vengano a soccorrerci osservando la nostra incapacità a garantirci la sopravvivenza. Come? Suggerendoci una vera e propria costituzione su cui costruire il nostro futuro di esseri rispettosi della Terra e degli altri esseri viventi. Sono otto gli articoli della costituzione della Nazione delle Piante, come otto sono i fondamentali pilastri su cui si regge la vita delle piante, e dunque la vita degli esseri viventi tutti.»

Tutto comincia e finisce con le piante. Dalla possibilità di vivere su questo pianeta al piacere di ascoltare la voce di un violino, all’inizio di ogni storia c’è sempre una pianta. La maggior parte di queste rimangono per sempre sconosciute – come l’abete rosso che regalò a Stradivari il legno per i suoi 14 violini. Altre, per caso o perché legate a persone o avvenimenti che hanno colpito l’immaginario degli uomini, hanno avuto per fortuna una storia diversa che stiamo qui a raccontare.

Un giorno al compositore inglese Sir Edward Elgar venne chiesto da dove provenisse la sua musica. La risposta fu: «La mia idea è che ci sia musica nell’aria, musica dappertutto intorno a noi, il mondo ne è pieno e ne puoi prendere ogni volta tutta quella di cui hai bisogno». Lo stesso accade per le piante che, come la musica per Elgar, sono letteralmente dappertutto e per scriverne non si deve far altro che ascoltare le loro storie e raccontarle. Tutte quelle di cui abbiamo bisogno. È così che è nato questo libro, scrivendo storie di piante che intrecciandosi agli avvenimenti umani si legano le une alle altre nella narrazione della vita sulla Terra. Perché le piante costituiscono la nervatura, la mappa (o pianta) sulla base della quale è costruito l’intero mondo in cui viviamo. Non vederla, o ancora peggio ignorarla, credendo di essere al di sopra della natura, è uno dei pericoli più gravi per la sopravvivenza della nostra specie

Le piante non solo si nutrono e crescono, ma respirano, comunicano tra loro, reagiscono ai mutamenti dell’ambiente circostante, si muovono, imparano, memorizzano e provano persino delle emozioni. E soprattutto, con la loro peculiare complessità, ci propongono modelli innovativi per le nostre relazioni sociali e per i nostri modelli organizzativi.

Tutt’altro che passive o “insensibili”, non inferiori ma diverse dal regno animale, le piante possiedono una consapevolezza dell’ambiente che le circonda molto più elevata di numerose specie viventi. Da sempre considerate più vicine al mondo inorganico che alla vita attiva degli animali, le piante in realtà nascondono una complessità grandiosa che le rende organismi funzionali, modulari, non centralizzati, in grado di resistere alle predazioni, dotati di memoria, strategie di difesa e azioni sociali sofisticate. Grazie alle loro incredibili capacità chimiche, alla struttura priva di organi vitali, alla loro sensibilità ai fattori ambientali, che le rende capaci di avvertire in anticipo i minimi cambiamenti, sono in grado di sviluppare tattiche di sopravvivenza raffinate.

Dall’incontro tra il fisico e filosofo Fritjof Capra e il neurobiologo del mondo vegetale Stefano Mancuso nasce “Discorso sulle erbe”. Prendendo le mosse dalle intuizioni sulla natura di Leonardo da Vinci, il libro propone interessanti spunti di riflessione sulla nostra vita in rapporto a quella delle piante. Mancuso e Capra illustrano con molta chiarezza che l’universo è una fitta rete di relazioni, e che il pianeta è un sistema vivente che si autoregola. Le piante sono il modello più straordinario di rete che si possa studiare, perché, a differenza degli animali, il mondo vegetale non ha concentrato le funzioni in particolari organi, ma ha distribuito le funzioni essenziali della vita affidandosi a un modello diffuso. I due scienziati mostrano con un linguaggio sempre molto accessibile che un’organizzazione distribuita, come è appunto quella delle piante, esprime una maggiore efficacia sulla risoluzione dei problemi di una comunità di individui.