Ho iniziato a leggere “La promessa” di Damon Galgut, romanzo dello scrittore sudafricano che ha vinto l’edizione 2021 del Booker Prize, – l’autore era già stato due volte nella shortlist – il più importante premio letterario per l’area anglofona, e prestigioso riconoscimento a livello mondiale. Con lungimiranza, l’editore E/O aveva già tradotto il libro, per cui è già disponibile.
Un altro prestigioso riconoscimento che premia la letteratura africana: il Nobel è andato allo scrittore tanzaniano Abdulrazak Gurnah e il Goncourt al senegalese Mbougar Sarr. Nella storia dei vincitori del Booker Prize c’è un altro scrittore africano che ha vinto più volte, J.M. Coetzee, sudafricano anche lui.
Il Booker Prize – al pari di Pulitzer, Goncourt, Cervantes, Deutscher Buchpreis, Strega, Nobel – ha premiato nelle sue edizioni autori/trici che sono balzati all’attenzione di pubblico e critica, premiati spesso anche dalle vendite; ma sono stati e saranno capaci di lasciare un segno indelebile nella storia della letteratura? Questo lo sapranno i posteri (come direbbe il buon Manzoni…), per ora possiamo solo dire che hanno colpito l’immaginario dei lettori e forse influenzato altri autori/trici, se non addirittura stabilito un canone.
Ecco alcuni esempi degli ultimi anni:
Se vogliamo nominarne uno, di esempi di fama internazionale, di successo di pubblico e di critica, il primo nome che mi viene in mente è Margaret Atwood (canadese): Il racconto dell’ancella, finalista nel 1986, L’assassino cieco vincitore nel 2000, L’ultimo degli uomini shortlisted nel 2003, e nel 2019 con I testamenti vince ex-aequo con Bernardine Evaristo e il suo innovativo Ragazza, donna, altro.
Del romanzo di Bernardine Evaristo vi ho parlato in questa recensione. Ragazza, donna, altro è un magnifico ritratto delle intersezioni di identità tra un gruppo interconnesso di donne britanniche nere, che dipinge un vivido ritratto dello stato della Gran Bretagna contemporanea e guarda indietro all’eredità della storia coloniale britannica in Africa e Caraibi. Vivacemente spiritoso e pieno di emozione, Ragazza, donna, altro parla al lettore con voci centrate scritte in una forma innovativa fluida che prende in prestito molto dalla poesia: non c’è punteggiatura, fatta eccezione per le virgole, né lettere maiuscole all’inizio di ogni frase, non servono nemmeno i segni di interpunzione nei dialoghi, che risultano espressi in modo indiretto.
Lincoln nel Bardo, di George Saunders si aggiudica il premio nel 2017, con il suo primo romanzo. Un libro struggente, che ha riscosso un successo immediato, di pubblico e di critica.
Un padre, la perdita del figlio, i doveri pubblici e il dolore privato; un limbo di anime sospese tra la vita che è stata e l’incapacità di lasciarla andare. Il romanzo si svolge in una sola notte, eppure abbraccia le epoche e arriva fino a noi, spaziando in un territorio dove tutto è possibile, dove la logica convive con l’assurdo, le vicende vere con quelle inventate, dove tragedia e farsa non sono due categorie distinte e separate ma un’unica realtà indifferenziata e contraddittoria, che proprio per questo appare spaventosa e viene negata. Come si può vivere, amare e compiere grandi imprese, sapendo che tutto finisce nel nulla?
Lincoln nel Bardo non è un testo semplice e nemmeno immediato, ma è capace di avvincere il lettore per la trama intrigante e l’abilità di un narratore esperto nel costruire un racconto corale, frammentario, in cui testimonianze storiche – reali o solo verosimili – si mescolano all’invenzione letteraria pura, in un’alternanza di toni e stili sorprendente.
Un romanzo davvero particolare nello stile innovativo, si aggiudica il premio nel 2018: è Milkman dell’irlandese Anna Burns (mia recensione). La Burns usa una lingua letteraria nuova che talvolta risulta di non facile lettura: una critica del ‘Guardian’ definisce il romanzo ‘una lettura macina-cervello’ per l’alto livello di sperimentalismo linguistico che caratterizza lo stile dell’autrice.
Burns racconta un sobborgo della Belfast degli anni Settanta. È un periodo caldo: le strade sono attraversate da una guerra che non fa sconti da nessuna delle due parti. Corpi di uomini e animali vengono fatti a pezzi dalle bombe dei rivoltosi o dai fucili dei combattenti. E poi c’è la stampa che con il suo apparato onnipresente di schermi e microfoni racconta un posto in cui si “beve, si combatte e si insorge” con la naturalezza di chi le ritiene azioni “comuni, consuete, perfino necessarie e difficilmente venivano considerate aberrazioni mentali”.
Andando più indietro negli anni, troviamo Il dio delle piccole cose, di Arundhati Roy, vincitore nel 1997; insieme a Salman Rushdie – vincitore nel 1981 con I figli della mezzanotte, e credo shortlisted almeno tre volte – e V.S. Naipaul – vincitore nel 1971, anche vincitore del Nobel nel 2001 -, ha contribuito a fare conoscere la letteratura indiana nel mondo. Criticato sia nel Regno Unito che in India, il romanzo ha invece riscosso un grande successo a livello internazionale; tradotto in moltissime lingue, ha fatto da apripista a tutto un filone letterario.
“Il dio delle piccole cose” narra la vicenda di una donna che lascia il marito violento e torna a casa con i suoi due bambini, i gemelli Estha e Rahel, maschio e femmina. Ma nell‘India meridionale dei tardi anni Sessanta, una donna divorziata come Ammu si ritrova priva di una posizione sociale riconosciuta; a maggior ragione se commette l’errore imperdonabile di innamorarsi di un paria. Non è dunque una vita facile quella toccata ai due gemelli, legati nel profondo da “un’unica anima siamese”. Attraverso lo sguardo di Estha e Rahel, prende forma la storia di un grande amore, in cui si riflette il tema universale dei sentimenti in conflitto con le convenzioni.
E l’immaginario collettivo è stato sicuramente colpito dalla storia narrata dal romanzo Vita di Pi, di Yann Martel, scrittore canadese, che si è aggiudicato il Booker nel 2002. Sicuramente il bellissimo film che ne è stato tratto ha contribuito alla sua fama, ma il romanzo, che personalmente ho letto insieme ai miei figli, non è da meno, anzi…. è sicuramente più facile spettacolarizzare con le immagini, mentre più difficile il compito dello scrittore.
Il naufragio di Piscine Molitor Patel, un ragazzo indiano chiamato da tutti Pi, e quattro insoliti compagni di viaggio – una zebra ferita, un orango, una iena e una tigre – si trasforma in un’avventura sospesa tra realtà e magia. La sfida del protagonista sarà la sopravvivenza nonostante la sete, la fame, gli squali e la furia del mare. Un libro unico, un po’ romanzo d’avventura e un po’ favola surreale dall’inattesa anima nera.
Altro esempio: Il paziente inglese, dello scrittore singalese naturalizzato canadese Michael Ondaatje, vincitore nel 1992, da cui è stato tratto un film di grande successo, vincitore di ben nove Oscar.
Sul finire del secondo conflitto mondiale, tre uomini e una donna si rifugiano in una villa semi devastata sulle colline di Firenze. In una stanza del piano superiore giace, gravemente ustionato in un incidente d’aereo, premurosamente accudito dall’infermiera Hana, il misterioso «paziente inglese». Dai suoi racconti allucinati dalla morfina riemergono l’amore travolgente per Katharine e le avventurose peregrinazioni nel deserto. Intorno alla sua convalescenza s’intrecciano le vicende degli altri abitatori della villa: Hanam Caravaggio, un ladro che lavora per i servizi segreti, e Kip, un sikh, abile artificiere. La narrazione mantiene sempre una connotazione intima e fortemente introspettiva. La memoria, i miti e le leggende personali dei quattro protagonisti, lacerati e turbati dall’esperienza della guerra, ripercorrono la storia di un’intera epoca.
Spero di avervi fatto fare un bel viaggio letterario nel segno del Booker Prize e naturalmente aspetto i vostri commenti!!
I’d like to accept this on behalf of all the stories told and untold, the writers heard and unheard, from the remarkable continent I’m part of. Please keep listening to us, there’s a lot more to come.
Damon Galgut accepting the Booker Prize 2021, November 3 2021
Un viaggio letterario davvero interessante <3. Dovrò segnarmi alcuni nomi e titoli.
Il tempo, come dici giustamente tu, ci dirà se chi ha vinto il Booker Prize lascerà davvero un segno nella storia della letteratura. Si sicuro, Atwood e Coetzee mi hanno dato molto su cui riflettere, mentre Saunders mi ha regalato un'ottima esperienza di lettura.
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Credo che tutti siano comunque capaci di rendere il nostro tempo. Chi li leggerà tra 20, 50, 100 anni potrebbe farsi un’idea…
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Forse vado controcorrente, ma secondo me solo pochi nomi di scrittori moderni resteranno famosi tra tanti anni. Oggi c’è una tale sterminata produzione e così tanti premi letterari che si fa anche fatica a capire cosa è davvero “grande letteratura”. Non dico che siano brutte storie, ma che è difficile emergere davvero e brillare sugli altri in futuro.
Ovviamente dipende anche cosa si intende per “famoso”.
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I premi letterari sono davvero una marea.. Ho citato giusto quelli più autorevoli.
Non so cosa poi veramente rimarrà nella storia della letteratura. Però, se guardiamo per esempio allo Strega, nella sua storia ci sono grandi esempi…
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È un premio letterario che conosco poco, grazie per la segnalazione, cercherò qualche titolo. Riguardo alla tua analisi, credo che Margaret Atwood rimarrà nella storia grazie al suo romanzo distopico ‘Il racconto dell’ancella’. Ha usato il problema della fertilità per creare un mondo degno di altri romanzi distopici divenuti ormai classici. Forse una previsione azzardata, spero di avere il tempo di verificarla 🙂
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Sono d’accordo con la tua analisi su Atwood e speriamo, certo, di poterla verificare….
In generale, penso che forse i più innovatori sono quelli che potrebbero ritagliarsi un posto di primo piano. Temi e stili secondo me fanno la differenza.
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In biblioteca mi aspetta Milkman, del quale sono curiosissima, aspetto comunque il tuo pensiero su La promessa. Mi piace ricordare anche Il senso di una fine, di Julian Barnes, che ha vinto diversi anni fa, se non sbaglio, ma che io ho letto, dopo l’ascolto su Storytel (e se rileggo un libro dopo averlo ascoltato è sempre segno che sono quantomeno molto molto colpita!), solo lo scorso anno. Mi ha lasciato un ricordo indelebile e delle sensazioni molto vivide. Tutta quella solitudine e quel vago rimpianto.
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Julian Barnes credo lo abbia vinto due volte; in ogni caso è un autore con uno stile ben definito e riconoscibile. In UK ha ispirato molti autori venuti dopo di lui.
Su Milkman, ti posso dire che è una lettura impegnativa, per lo stile – linguaggio che sembra volere tutto annichilire, i personaggi non hanno un nome, ma sono identificati per il loro ruolo sociale, tipo, il lattaio, ma anche fratello, fratello 2, sorella 1 e 2, ecc- e soprattutto per il tema trattato. L’atmosfera pesante, minacciosa, carica di violenza di quegli anni in Ulster viene fuori in maniera prepotente.
La promessa mi sta piacendo molto, spero così fino alla fine…
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Sicuramente l’ascesa alla ribalta degli scrittori indiani grazie al Booker prize ha cambiato, non so se la letteratura, ma quanto meno il nostro modo di intenderla e di fruirla. I premi internazionali spesso hanno questo merito, di allargare il cerchio delle esperienze dei lettori, il che poi dovrebbe contribuire a cambiare anche il modo di far letteratura. E a volte penso che quelli inglesi e americani siano più lungimiranti dei nostri, dove non sempre sono i migliori ad avere la palma, ma giocano molto gli interessi e il potere delle case editrici
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Grazie per queste riflessioni. Fare scoprire altre letterature, specialmente se si tratta di paesi a cui non è riconosciuto del tutto il peso letterario – il Nobel di quest’anno è un bell’esempio .. – sicuramente è già un bel merito e credo che comunque, anche involontariamente, le contaminazioni si producano e aiutino a fare crescere tutti.
Per quanto riguarda gli interessi legati ai premi, credo che, come si dice in Toscana, “tutto mondo è paese”…. poi, certo , l’italietta degli orticelli sa eccellere… però, guardando al passato, ricordiamoci che dallo Strega sono passati Pavese, Morante, Bassani….
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Certo, tanti grandi scrittori hanno vinto lo Strega, e personalmente sono contenta per la vittoria di Emanuele Trevi quest’anno, ma anche tante mezze cartucce…
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😁😁😁
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