Il segreto di Amrit Kaur, di Livia Manera Sambuy, Feltrinelli 2022, pp. 368

A pochi giorni dal funerale del fratello, Livia si ritrova in un museo di Mumbai, il Prince of Wales Museum, dove in mostra ci sono ritratti fotografici di maharaja e maharani. Rimane affascinata davanti all’immagine di una giovane donna, alta e bruna, avvolta in “un sari impalpabile e traslucido”, una collana di diamanti al collo e due lunghe file di perle, all’anulare un diamante tagliato smeraldo di Cartier: una principessa indiana, all’epoca della foto ventiquattrenne.

È vero, come legge nella didascalia che accompagna lo scatto, che la principessa ha venduto i suoi gioielli per salvare vite di ebrei? E che per questo è stata arrestata dalla Gestapo nella Parigi occupata ed è morta in un campo di concentramento?


“È così che è cominciata quest’avventura: come un lampo di curiosità in un momento della mia vita in cui il senso di perdita era così intenso da oscurare sia il passato sia il futuro. Desideravo saperne di più. Desideravo capire che cosa avesse spinto una principessa del Raj a lasciare l’India per Parigi negli anni trenta; e soprattutto desideravo scoprire che cosa l’avesse trattenuta là finché era stato troppo tardi.”


Istintivamente, visceralmente, Livia si lascia coinvolgere nel mistero, perdendosi nella storia del Raj britannico, tra i diamanti e gli zaffiri dei suoi palazzi, tra i balli e i giubilei dell’aristocrazia del Novecento, e nelle vite di personaggi straordinari come il maharaja Jagatjit Singh di Kapurthala, il banchiere ebreo Albert Kahn e l’esploratore russo Nicholas Roerich, tutte tessere di un mosaico che lentamente restituisce nella sua sorprendente interezza la figura di Amrit Kaur. Un lavoro di ricostruzione che dura ben dodici anni, che l’ha portata a viaggiare tra Parigi, Londra, Chicago, e che è ora racchiuso nel libro che Feltrinelli ha appena pubblicato.

C’era un particolare, nell’opinione del curatore della mostra Russell Harris, che rendeva quel ritratto fuori dell’ordinario. In contrasto con lo splendore del sari e la teatralità della posa, la rani indossava relativamente pochi gioielli: segno di una certa originalità, “dal momento che suo padre spendeva ogni anno un quarto della propria rendita per comprare chili di perle e smeraldi grossi come noci con cui adornarsi”.

La figura centrale di questo giallo d’epoca è una principessa, figlia del maharaja di Kapurthala Jagatjit Singh Bahadur e moglie del raja di Mandi, Amrit Kaur. Aveva ricevuto un’educazione europea, in Inghilterra e in Francia, aveva viaggiato a Londra, dove si era recata col marito per presentarsi alla corte di Re Giorgio V. Conosceva la condizione delle donne in India e si era battuta per i loro diritti ben prima che Gandhi lo facesse. Partecipava alle assemblee delle donne asiatiche, nel 1928 aveva guidato una delegazione per chiedere al viceré l’abolizione del matrimonio tra bambini, chiedeva l’istruzione delle donne e l’abolizione della poligamia.

A fronte di queste sue battaglie il marito che fa? Giusto per ribadire la sua aderenza alla tradizione, prende una seconda moglie. Amrit, nel 1933, quindi parte per Parigi e da lì non farà mai più ritorno in patria, abbandonando i figli, una bambina di quattro anni, Nirvana detta Bubbles, e un bambino di otto, Tibu. Perché e per chi sia rimasta a Parigi fino a quando fu impossibile – date le circostanze storiche – tornare indietro è tuttora un mistero.

Dopo l’incontro con la figlia ottantenne della principessa, “Bubbles”, la ricerca assume una nuova dimensione: la figlia, infatti, non aveva mai ricevuto alcuna informazione sulla madre e sul suo destino, fino a quando la scrittrice è entrata in contatto con lei, restituendole ricordi che le erano stati strappati. E mentre si sforza di riavvicinare una figlia alla madre che l’ha abbandonata, Livia si ritrova a sciogliere alcuni nodi della sua stessa vita.

Il segreto di Amrit Kaur è un mystery letterario avvincente, basato su fatti e personaggi reali, un commovente ritratto di donne, attraverso i secoli e i continenti, alla ricerca della libertà a qualsiasi costo.

Livia Manera Sambuy è una giornalista letteraria che scrive sul “Corriere della Sera”. Ha realizzato due film documentari su Philip Roth. Ha vissuto tra Milano e New York, ora vive tra Parigi e la Toscana. Philip Roth. Una storia americana è stato pubblicato da Feltrinelli nella collana di dvd “Real Cinema” nel 2013. Ancora per Feltrinelli, Non scrivere di me (2015).