Il Premio letterario internazionale Tiziano Terzani, – riconoscimento istituito e promosso dall’associazione culturale vicino/lontano di Udine assieme alla famiglia Terzani, nel segno e nel ricordo del giornalista e scrittore fiorentino. – ha annunciato i cinque finalisti del Premio Tiziano Terzani 2023: tra loro anche Paolo Giordano, Zerocalcare (Michele Rech), il vincitore del premio Strega Europeo Mikhail Shishkin.
Ecco la cinquina:
- Cal Flyn per “Isole dell’abbandono. Vita nel paesaggio post-umano” (Blu Atlantide)
- Paolo Giordano per “Tasmania” (Einaudi)
- Pierre Sautreuil per “Le guerre perdute di Jurij Beljaev” (Einaudi)
- Mikhail Shishkin per “Russki Mir: guerra o pace?” (21lettere)
- Zerocalcare per “No Sleep Till Shengal” (Bao Publishing): sono i cinque finalisti della diciannovesima edizione del
Lo ha annunciato la Giuria, riunitasi nella casa fiorentina della famiglia Terzani.
«Ancora una volta – commenta Angela Terzani, presidente della giuria – abbiamo cercato di candidare al Premio opere che ci aiutino a comprendere, nella loro complessità umana, oltre che storica e politica, le questioni di maggiore attualità nel mondo. Cerchiamo sempre uno sguardo sincero, libero dalle interpretazioni preconfezionate. Questo, per restare fedeli allo spirito di Tiziano – alla cui memoria il premio è dedicato – che ha sempre voluto tentare di capire, e far capire, ciò che avveniva al di là delle facili spiegazioni».
I giurati – Enza Campino, Toni Capuozzo, Marco Del Corona, Andrea Filippi, Milena Gabanelli, Nicola Gasbarro, Ettore Mo, Carla Nicolini, Marco Pacini, Paolo Pecile, Remo Politeo, Marino Sinibaldi – si sono ora riservati un supplemento di riflessione prima di passare alla votazione finale.
Il vincitore sarà annunciato a inizio aprile e sabato 6 maggio (alle 21, Teatro Nuovo Giovanni da Udine) sarà l’atteso protagonista della serata-evento per la consegna del Premio, appuntamento centrale della 19esima edizione del Festival vicino/lontano, in programma a Udine dal 3 al 7 maggio.
Vediamo insieme le cinque opere e i loro autori:

Dove l’umanità scompare, la natura prospera. Una piccola speranza si nasconde nei luoghi più devastati del pianeta, e ha la forma di un germoglio verde nato sul cemento, dell’inaspettato ronzio di un insetto, del colpo di coda di un pesce che si inabissa in un lago velenoso. Dalla Chernobyl post-nucleare alle più remote isole scozzesi, passando per gli avamposti industriali di Detroit e le sue case abbandonate, le montagne della Tanzania e i grandi fiumi inquinati degli Stati Uniti, fino alla martoriata Verdun e alle regioni minerarie della Scozia, Cal Flyn traccia la sua personale topografia delle isole dell’abbandono. Nella devastazione che il progresso umano e tecnologico lascia dietro di sé la vita riprende a poco a poco il suo dominio sulle cose, mostrandoci da un lato la transitorietà dell’impatto dell’uomo sulla Terra e dall’altro la speranza di una natura che torni in possesso di ciò che le è stato tolto. Reportage brillante sul futuro che ci aspetta, e racconto di un nitore cristallino dei luoghi più remoti del pianeta, Isole dell’abbandono è lo straordinario resoconto degli errori dell’umanità, dell’indistruttibilità della vita e del nostro rapporto con l’ambiente che ci ospita.
Cal Flyn, giovane autrice scozzese, scrive per alcune delle più importanti testate giornalistiche di lingua inglese e collabora regolarmente con The Guardian.

Tasmania è un romanzo sul futuro. Il futuro che temiamo e desideriamo, quello che non avremo, che possiamo cambiare, che stiamo costruendo. La paura e la sorpresa di perdere il controllo sono il sentimento del nostro tempo, e la voce calda di Paolo Giordano sa raccontarlo come nessun’altra. Ci ritroviamo tutti in questo romanzo sensibilissimo, vivo, contemporaneo. Perché ognuno cerca la sua Tasmania: un luogo in cui, semplicemente, sia possibile salvarsi. La crisi di cui racconta questo romanzo non è solo quella di una coppia, forse è quella di una generazione, sicuramente la crisi del mondo che conosciamo – e del nostro pianeta. La magia di Tasmania, la forza con cui ci chiama a ogni pagina, è la rifrazione naturale fra ciò che accade fuori e dentro di noi. Così persino il fantasma della bomba atomica, che il protagonista studia e ricostruisce, diventa un esorcismo: l’apocalisse è in questo nostro dibattersi, e nei movimenti incontrollabili del cuore. Raccogliendo il testimone dei grandi scrittori scienziati del Novecento italiano, Paolo Giordano si spinge nei territori più interessanti del romanzo europeo di questi anni, per approdare con felicità e leggerezza in un luogo tutto suo, dove poter giocare con i nascondimenti e la rivelazione di sé, scendere a patti con i propri demoni e attraversare la paura.
Paolo Giordano ha un dottorato in fisica ed è autore di cinque romanzi: La solitudine dei numeri primi (Mondadori 2008, Premio Strega e Premio Campiello Opera Prima), Il corpo umano (Mondadori 2012), Il nero e l’argento (Einaudi 2014 e 2017), Divorare il cielo (Einaudi 2018 e 2019) e Tasmania, uscito nel 2022 sempre per Einaudi, con cui ha pubblicato anche Nel contagio (2020) e Le cose che non voglio dimenticare (2021). Ha scritto per il teatro (Galois e Fine pena: ora) e collabora con il «Corriere della Sera».

Quando arriva in Ucraina nel 2014 per coprire la guerra del Donbass, il ventunenne Pierre Sautreuil entra in contatto con «il Gatto», tale Jurij Beljaev. Ex poliziotto diventato mafioso, milionario in rovina, leader di un partito di estrema destra, militare durante la guerra nell’ex Iugoslavia e accusato di aver ucciso piú di sessanta bosniaci, sospettato di aver tentato di uccidere Boris El’cin, latitante ricercato in Russia, Beljaev ha deciso di rifugiarsi sul fronte di Lugansk. Quando Pierre Sautreuil lo incontra, in lui vede un uomo anziano un po’ stanco, braccio destro di Aleksandr Bednov, comandante del battaglione Batman, milizia filorussa impegnata ad accaparrarsi una parte del bottino ucraino senza guardare in faccia nessuno – tantomeno la legge internazionale. Presto, però, il giornalista alle prime armi stringe con il mercenario incallito un legame fatto di confessioni ambigue, di fascinazione e repulsione. Mentre la guerra devasta il paesaggio ghiacciato del Donbass, Pierre insegue il protagonista per conoscere la sua storia. Le guerre perdute di Jurij Beljaev attraverso il ritratto di un personaggio tragicamente unico e allo stesso tempo «banale», a suo modo tipico prodotto del disfacimento di un impero, mediocre come spesso è mediocre il male, è una discesa nei territori piú neri d’Europa, dal Donbass a Mosca, dalla Bosnia alla Cecenia. «Un ritratto a tinte forti, una storia vera avventurosa, piena di colpi di scena: attraverso la vita del suo antieroe, Sautreuil racconta la grande Storia dell’Est».
Pierre Sautreuil è nato nel 1993. Giornalista e scrittore, è corrispondente per Russia, Ucraina e lo spazio post-sovietico del quotidiano La Croix. Ancora studente di giornalismo, nel 2014 è partito per l’Ucraina per il suo primo lavoro come reporter del settimanale L’Obs, vincendo, nel 2015, il Prix Bayeux Calvados-Normandie per giovani corrispondenti di guerra.

Russki mir: Guerra o pace? (Traduzione di Veronica Giurich Pica) è una raccolta di saggi di approfondimento su alcune dinamiche della Russia contemporanea con un orizzonte che parte dalla sua nascita. Partendo infatti dalle prime invasioni vichinghe, passando per l’occupazione mongola, Shishkin racconta della sua Russia fino ai giorni nostri; lo fa focalizzandosi maggiormente sull’ultimo secolo in cui la sua madrepatria ha tentato due volte di instaurare un governo democratico. La prima per pochi mesi nel 1917, dopo la caduta dell’impero zarista; la seconda per alcuni anni dopo il crollo della URSS negli anni Novanta.
L’autore ci parla di due futuri, quello semplice, che sta vedendo la Russia invasa dai rifiuti e da un decadimento dell’assistenza medica che ha portato un quarto dei russi ad una vita media di soli 55 anni, quello di un paese svuotato della sua popolazione, che sta emigrando nella vicina UE.
Il futuro anteriore invece è fatto di giovani che scendono in piazza senza sconforto o disperazione, ma con fiducia in sé stessi, e che rispondono così alle interviste: “Lassù ci hanno portato via tutto quello che c’era nel Paese. Sono venuta perché non mi portassero via il futuro.”
Mikhail Shishkin è nato a Mosca nel 1961, da metà degli anni ’90 vive a Zurigo dove lavora come insegnante e traduttore per i rifugiati. Nel 2010 diventa il primo e tutt’ora unico scrittore a vincere i tre più importanti premi letterari russi con il Big Book Prize assegnato a Pis’ Movnik (Punto di Fuga, edito da 21lettere, la mia recensione). È considerato uno degli autori più importanti della letteratura russa contemporanea. Si oppone dichiaratamente al governo di Putin, nel 2013, in seguito all’occupazione della Crimea, ha rifiutato di rappresentare la Russia al Book Expo negli Stati Uniti. Da anni impegnato nella promozione della cultura e della letteratura russa, Shishkin pubblica articoli su The New York Times, The Wall Street Journal, The Guardian, Le Monde, The Independent, e altri importanti quotidiani.

Nella primavera del 2021 Zerocalcare si reca in Iraq, per far visita alla comunità ezida di Shengal, minacciata dalle tensioni internazionali e protetta dalle milizie curde, e documentarne le condizioni di vita e la lotta. Il viaggio si rivela difficile perché più volte la delegazione italiana viene respinta ai vari check point controllati dalle diverse forze politiche e militari che si spartiscono il controllo del suolo iracheno. Questo libro a fumetti è la fotografia di un momento geopolitico preciso, in cui un manipolo di persone si oppone allo strapotere di chi chiama “terrorismo” ogni tentativo di resistenza, mentre gli assetti di potere cambiano lentamente, e il sogno del confederalismo democratico in un pezzetto troppo spesso dimenticato di Mesopotamia rischia di svanire per sempre, nell’indifferenza assordante dell’occidente.
Zerocalcare – alias Michele Rech (1983) – è uno dei più noti fumettisti italiani. Da sempre attivo nel mondo dei centri sociali, pubblica il suo primo libro a fumetti, La profezia dell’armadillo, nel 2011, prima per Graficart e poi per Bao Publishing, che continuerà a pubblicare i suoi volumi successivi, tra cui L’elenco telefonico degli accolli (2015), Kobane calling e Macerie prime (2016), Scheletri (2020), Niente di nuovo sul fronte di Rebibbia (2021). Nel 2021 è uscita su Netflix la serie animata Strappare lungo i bordi. Sue mostre personali sono state allestite al Maxxi di Roma e alla Fabbrica del Vapore di Milano, quest’ultima tuttora in corso.
Sembrano tutti molto interessanti
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Anche nelle passate edizioni i libri finalisti sono stati ottimi.
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