Il nuovo romanzo di Wolf Wondratschek Autoritratto con pianoforte russo – che sarà il libreria il 18 marzo – rende omaggio alla musica e alla libertà dell’arte. È ambientato a Vienna e ha le caratteristiche di un classico romanzo d’artista: l’eleganza stilistica e l’indeterminatezza.
Autoritratto con pianoforte russo, di Wolf Wondratschek, Voland edizioni marzo 2021, traduzione di Cristina Vezzaro, pagg. 176
Wolf Wondratschek ha scritto interi libri su due delle sue passioni, la boxe e il fumo. Ha acquisito la reputazione di un bohémien con contatti con la malavita e il quartiere a luci rosse e negli ultimi anni ha ripetutamente affermato di essere stufo dell’immagine del “beat generation old man“, dell’outsider della letteratura tedesca contemporanea. Ora ha 75 anni ed è ancora una volta molto chiacchierato grazie al suo più recente romanzo pubblicato dalla storica casa editrice di Berlino, Ullstein Verlag.
Il nuovo romanzo di Wondratschek, ambientato a Vienna, dove ha vissuto per molti anni, ha il carattere di un classico romanzo d’artista e i tratti del lavoro di un vecchio malinconico. Uno scrittore che inizialmente appare solo come ascoltatore conosce il vecchio, un tempo famoso pianista russo, Suvorin in un caffè.
Si incontrano ripetutamente, e più il vedovo Suvorin parla della sua vita, che, come dice lui, è stata plasmata da “comunismo e alcol”, più fluentemente si fondono i contorni e le voci dei due interlocutori. Ciò che li collega è l’ideale dell’arte e dell’esistenza artistica libera. I due uomini concordano sul fatto che si tratta di una reliquia del passato. Il presente coltiva il popolare, il luogo comune.
Senza soluzione di continuità, spesso appena percettibili al lettore, i passaggi vanno dalla narrazione in prima persona dello scrittore a quella del pianista russo Suvorin. Nella seconda metà del romanzo appare improvvisamente la voce narrativa di un violoncellista.
A prima vista, il narratore in prima persona sta parlando con Suvorin – che ha concluso la sua carriera dopo la morte accidentale di sua moglie e vive ritirato in un appartamento sempre più caotico – in un caffè viennese. La narrazione oscilla tra una chat e un flusso di coscienza. A volte è scenografico, poi si trasforma in un monologo, a volte diventa irregolare, produce solo frasi enigmatiche e mette insieme frammenti di pensiero e frammenti di memoria. Tutti questi elementi compongono una sorta di immagine, ma quando giri pagina, ci si perde di nuovo nella nebbia. A volte non sai più chi sta effettivamente parlando. Narratore e personaggio principale si sovrappongono, solo per essere chiaramente separati pochi paragrafi dopo.
A questo proposito, il titolo è adeguatamente ambiguo. Di chi è l’autoritratto? Di Wondratschek? Del narratore? Del pianista? Quest’ultimo sta già giocando a nascondino nel titolo: il suo strumento, il pianoforte, ha preso il suo posto; lui stesso probabilmente si gode lo spazio tra le parole ammiccando.
Autoritratto con pianoforte russo non riguarda solo la musica, ma traduce i suoi effetti nel linguaggio. I movimenti si allineano come le note di un’unica lunga melodia. Per quanto riguarda l’eleganza stilistica, il settantacinquenne bullo di classe della letteratura tedesca ha molto da insegnare; per quanto riguarda i temi, chi ha già letto suoi romanzi, troverà situazioni e atmosfere familiari. Wolf Wondratschek cerca di rispondere, con uno stile in bilico tra musica e letteratura, alla domanda atavica su cosa sia la perfezione e quale il prezzo da pagare per raggiungerla.
Scrittore, poeta, sceneggiatore, nato a Rudolstadt – Turingia, Germania – nel 1943, Wolf Wondratschek cavalca dagli anni ’60 la scena letteraria internazionale, in cui è noto come esponente della Beat Generation tedesca. Dal primo romanzo del 1969 si è affermato come figura innovativa per la sua tecnica letteraria ispirata al cinema in cui combina prosa corrosiva e laconica ironia. Vicino ai movimenti di protesta degli anni ’70, famoso per le raccolte di poesie dove i toni della musica rock si legano ai temi della cultura pop, la sua produzione cinquantennale ‒ che comprende anche racconti, reportage e radiodrammi ‒ alterna critica sociale, intimismo e ritratti di artisti.
Vi segnalo questo articolo apparso sul New York Times.
Mi intriga molto, grazie per questa bella recensione
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E’ particolare, ma di certo molto originale. Ciao, e buone letture domenicali. Vengo a vedere i tuoi estratti!!
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Molto interessante, grazie.
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È un libro particolare, come il suo autore. Grazie a te
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