Aldo pensò che tutto si paga e che la vita gli stava presentando il conto di quegli anni di leggerezza. Si era spesso chiesto cosa volesse dire essere felice. Immaginava che la felicità fosse qualcosa di complicato, che si manifestasse in maniera chiara e inequivocabile; frutto di una misteriosa alchimia fatta di una serie di dettagli puntuali e definiti, meglio, predefiniti, che andassero al loro posto quasi magicamente, uno dopo l’altro. No. Proprio in quel momento in cui era perso e ancora non poteva realizzare appieno l’orrore di ciò che era accaduto, tra mille pensieri sconnessi, c’era quello che la felicità è legata a una complessa semplicità della quale ci si rende conto solo dopo; della quale lui si rendeva conto solo in quel momento, quando era stata interrotta in maniera così brutale. (Pag. 125)
Acari, di Giampaolo G. Rugo, Neo Edizioni 2021
Il libro di Rugo si presenta come un ciclo di tredici racconti connessi tra di loro in modo da formare un romanzo composto da testi/tessere, come quelle del puzzle, che da sole sono belle ed esprimono una parte, ma solo unite danno il senso di insieme che riesce a fare cogliere la bellezza del tutto.
All’inizio, letti i primi racconti, pensi: belli, personaggi strani e intriganti- la nonna centenaria del primo -, un bello spaccato di vita adolescenziale – il secondo – il calciatore fallito – nel terzo – insomma, una raccolta di ritratti …. ma poi, proseguendo, ti accorgi che i personaggi ritornano, quelli che prima erano comprimari diventano protagonisti, l’amico ora è al centro del racconto, la bella compagna di scuola è diventata adulta con un passato difficile alle spalle…. C’è un filo d’Arianna che ti guida e, man mano che leggi, inizi ad orientarti in una galleria di ritratti interconnessi.
Addentrandosi nei racconti ecco che ci si muove anche nel tempo, avanti e indietro, all’interno degli anni Ottanta vissuti a Roma e dintorni, soprattutto nelle periferie anonime disperse in una geografia urbana tentacolare, tra personaggi che abbiamo intravisto adolescenti e poi sono uomini e donne maturi, in una evoluzione discontinua. Roma è ambientazione e personaggio palpitante essa stessa.
Roma è immensa, gigantesca, non finisce mai. (..) Scendono a Ostia e poco lontano dalla stazione s’imbattono in un piccolo luna park. (..) È una giornata limpida, tersa. Il vento fresco della primavera nasconde l’alito dell’estate che sta per arrivare. (..) Riprendono a camminare; un barattolo di pomodoro, portato a riva da chissà quale mareggiata diventa una palla da prendere a calci, se la passano finché arrivano a una passerella di legno: è il momento di tornare a casa, affrettano il passo per prendere il treno che li riporterà a Roma. Ostia è vuota, in strada ci sono solo loro. (Pag.33)
Protagonisti del/i romanzo/racconti sono adulti incompiuti, un po’ disillusi; hanno rinunciato ai loro sogni, o forse li hanno solo intravisti, ci hanno creduto poco o si sono lasciati distrarre dal superfluo. Hanno alle spalle occasioni mancate o perdute, faticano a costruire rapporti, non credono che il futuro riservi loro qualcosa di buono. Eppure vivono, cercano nel quotidiano e nelle persone che hanno vicino un palpitare di vita che dia un senso.
Con uno stile scorrevole e diretto, Rugo, attraverso le parabole di vita dei personaggi, mette in evidenza temi come la solitudine, quella di chi è costretto dalla propria malattia ad una difficile comunicazione, o quella di chi viene dimenticato morto per dieci anni nel suo appartamento, ma anche quella di una promessa del calcio che ha visto sfumare i suoi sogni e di una ex bellezza sfiorita. C’è l’amicizia, quella di Mario e Gimbo, schietta e scevra di ogni pietismo. Il rimpianto, quelle delle scelte non fatte, o di foto mai sviluppate, o di una telefonata di troppo. E qualche breve attimo di felicità.
La sua attenzione cadde su un libro che aveva comprato pochi giorni dopo aver conosciuto Claudia. Era un libro illustrato: al suo interno c’erano fotografie delle pitture rupestri trovate in giro per il mondo. (..) Aldo pensò a quell’uomo di trentaduemila anni fa. Si sentiva commosso, prima ancora che dalla qualità del tratto, da quel bisogno di creare un gioco prospettico per emozionare qualcun altro. (..) E, seduto in poltrona, mentre il fumo della sigaretta saliva al soffitto e una sensazione di torpore lo avvinceva, pensò ancora – un’ultima volta – alla poliosi di Angela, agli occhi di Claudia e a quel misterioso amico di migliaia di anni fa che con lo sguardo pieno di una gioia arcana mostrava al pubblico stupefatto il suo piccolo prezioso gioco di prestigio. (Pag. 135)
E poi, naturalmente gli acari, quegli esseri microscopici che si annidano nei nostri spazi e nelle nostre vite, cibandosi di esse; nascosti e invisibili proliferano nei nostri materassi, quelli sui cui depositiamo cellule della nostra pelle, nutrimento di un microcosmo di cui a malapena cogliamo l’esistenza.

Giampaolo G. Rugo, ha scritto per il teatro, per la radio e per il cinema. Ha sceneggiato il film Governance (2021) di Michael Zampino con Massimo Popolizio e Vinicio Marchioni. Ha scritto per il teatro La svolta (2009), Liberaci dal male (2017) e Un uomo a metà premiato al concorso “Per voce sola” (2014) e vincitore del “Fringe Festival” di Napoli (2015). Vive e lavora a Roma. Acari è il suo primo libro.
L’idea dei racconti connessi tra loro è geniale (l’unico altro esempio che mi viene in mente è Di notte sotto il ponte di pietra). Sembra davvero una chicca da non perdere!
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Quando l’ho iniziato, non sapevo che fossero racconti legati tra loro. Non avevo letto né la sinossi, né recensioni, quindi è stata tutta una scoperta in corso di lettura. Mi ha molto piacevolmente colpita. Anche lo stile.
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