Un suono di campanello portò la novità che avrebbe cambiato il corso della mia vita. La raccomandata, indirizzata a Luciana Boccardi, mi giunse da: «I GRANDI PREMI LETTERARI», con sede a Torino. La mia sorpresa fu totale: mi informavano, congratulandosi, che avevo vinto il Premio Mentasti per il racconto breve intitolato Lettera a Casanova. Ero invitata a ritirare il premio – un assegno di cinquemila lire! – che mi sarebbe stato consegnato presso la Camera di Commercio dal presidente della giuria, Georges Simenon.
Dentro la vita, pag.127
Dentro la vita, di Luciana Boccardi, Fazi editore 2021, pagg. 302
Luciana Boccardi torna in libreria con Dentro la vita, seconda parte del suo memoir, che fa seguito a La signorina Crovato (mia recensione). Nel primo libro avevamo lasciato Luciana sedicenne al lavoro tanto desiderato di dattilografa in Biennale, e da lì riprende il racconto. Ne La signorina Crovato il narrato aveva una andamento da saga familiare, poiché l’autrice e protagonista aveva compreso, con un progetto di ampio respiro, le vicende delle sue due famiglie, paterna e materna, risalendo ai bisnonni, e allargando il racconto a tutto l’ambito familiare. In Dentro la vita, il fulcro della narrazione è Luciana, la sua maturazione, il suo ruolo nel lavoro, le amicizie e il grande legame “bianco” con il marito Virgilio Boccardi, conosciuto alla Biennale di Venezia. All’inizio, accanto a lei sono ancora presenti la mamma Marcella, il fratello Giorgio, il padre Raoul e i nonni Iginio e Gina. Figure a cui lei è ancora molto legata da un sentimento forte, che si è venuto consolidando nel tempo grazie all’amore e alle difficoltà davanti a cui la vita li ha posti. Passati alcuni anni, proprio quando Luciana ormai ha spiccato il volo nella sua traiettoria lavorativa, deve fare i conti con la perdita del padre e dei nonni.

Il memoir inizia nel 1950 quando Luciana è impiegata alla Biennale di Venezia come Segretaria dei Festival del Teatro e di Musica. Attraverso i suoi ricordi, precisi e narrati con una verve che cattura il lettore, possiamo seguire tutti retroscena e i preparativi in cui fu coinvolta: come ad esempio le ingerenze democristiane per fare annullare la rappresentazione dell’opera di B. Brecht Madre coraggio e i suoi figli.
Il giorno dopo ripresi il mio lavoro per il Festival di Teatro. Erano già state fissate le prime sedute del Consiglio Internazionale, nominato dai maggiorenti della Biennale con la presenza dell’allora sindaco di Venezia e di un inviato della Curia patriarcale, imposto dall’egemonia democristiana. La presenza di un rappresentante della Curia non era prevista dallo statuto, ma era una sorta di cortesia concessa dal presidente Ponti. C’era invece, chiaramente espresso, l’obbligo di accogliere nel Comitato un rappresentante governativo, nominato dal Ministero a Roma. Quello appena scelto – un giovane politico molto appoggiato dal Governo, di nome Giulio Andreotti – aveva declinato l’incarico perché preferiva occuparsi del settore Cinema della Biennale, che gli stava più a cuore. Optò quindi per una presenza fissa nel direttivo del Festival d’Arte Cinematografica, cedendo ad altri il suo posto nel Comitato.
Dentro la vita, pag.19
Tanti i progetti artistici e i nomi con cui Luciana viene in contatto e che hanno fatto la storia della cultura in Italia. Lei, con professionalità ed umiltà, ma anche con una spiccata fierezza di carattere, riesce a tenere testa ai tanti impegni – e lavoretti extra che deve fare per tenere in pari il bilancio familiare – ma, con l’arrivo del nuovo direttore del personale – un ex repubblichino ritornato in auge – arrivano i primi problemi. Non avendo la licenza media e avendo frequentato un corso di avviamento commerciale per soli tre anni, non sarebbe assumibile, poiché lo statuto della Biennale prevede l’obbligo della licenza di terza media per tutti gli impiegati. Spronata dal suo responsabile che ne apprezza le qualità e le vuole bene come ad una figlia, decide quindi di tentare l’esame di terza media da privatista per il quale si stava preparando da tempo, con l’aiuto del nonno Iginio.
Luciana racconta l’inaugurazione della prima Biennale dell’arte del dopoguerra del 1950: un grande evento, per la cultura, per la città, per tutti. C’era grande interesse e motivo d’orgoglio in città, che culminano nella cerimonia a cui presenziano le autorità cittadine e dello stato, tra cui il presidente della repubblica Luigi Einaudi, oltre a tantissimi nomi della scena culturale di quegli anni.
L’11 giugno di quell’anno, Luciana sostiene l’esame per la licenza di terza media che supera brillantemente. Ottenuto finalmente il diploma, può entrare a fare parte dell’organico a tutti gli effetti, con relativo aumento di stipendio che arriva come una manna per la famiglia. Nel raccontare la vita di tutti i giorni, Luciana traccia anche un ritratto della Venezia nella fase di transizione dalla vita provinciale, legata alle tradizioni e ai mestieri, ad una città più aperta agli stimoli provenienti dal resto dell’Italia e non solo. Si coglie un briciolo di nostalgia tra le pagine in cui fanno capolino i ricordi di una Venezia che non c’è più, di mestieri scomparsi, come le “impiraresse”
In Biennale conosce Virgilio Boccardi, che diviene presto il suo più intimo amico, colui al quale riesce ad aprirsi e a sentirsi compresa.
Boccardi era anche lui veneziano, studente di Legge a Padova e appassionatissimo di teatro. Era stato suggerito a Zajotti da Giovanni Poli, che a sua volta stava mettendo in piedi un teatro universitario per Ca’ Foscari, con una compagnia di attori e attrici non professionisti. Tra le debuttanti c’era anche la Titti, e con mansioni di aiuto regista – oltre che di bravissimo attore – il giovane Virgilio, che qualche volta si era fermato a parlare con me: gentile, simpatico, pieno di ironia veneziana e molto comprensivo. Poteva essere un buon amico.
Dentro la vita, pagg.23/24
Sono anni di grande fermento durante i quali Luciana vive immersa in una continua eccitazione coinvolta com’è nella sfera lavorativa – ad esempio i preparativi per il Festival di Musica del 1951, nel quale il primo, grande evento sarebbe stato il debutto de La carriera di un libertino di Igor’ Stravinskij – e in quella personale. L’amicizia con la Titti che le confida i suoi guai; il fratello Giorgio che cresce e riesce bene negli studi, coltivando ambizioni; la mamma che, dopo il lutto per la morte del marito, inizia a rifarsi una vita. E la presenza di Virgilio sempre più assidua:
Tra una canzone e l’altra, un panino e un bicchiere di latte, Virgilio (Boccardi) e io rinsaldavamo il nostro rapporto, che si faceva sempre più intimo e affettuoso: ci accomunava lo stesso modo di pensare, malgrado le nostre radici e la nostra formazione culturale fossero tanto diverse. La sua tutta borghese, la mia così bohémienne; lui cattolico osservante, accomodante, incline al compromesso, io atea e intransigente, devota solo all’onestà, alla ragione, al rispetto, alla vita. La differenza stava solo nel modo di volerci bene: perché Virgilio si innamorava giorno dopo giorno, mentre io per lui provavo solo affetto e stima.
Dentro la vita, pag.55
La Biennale ormai era la sua seconda casa. Con la nomina del nuovo direttore del Festival di Musica coincide l’inaugurazione della nuova sede dell’ufficio, che si sposta al terzo piano dell’edificio di Ca’ Giustinian da cui Luciana gode di una vista mozzafiato:
Traslocammo quindi al terzo, spostando mobili e libri nel grande salone con le due finestre affacciate sul Canal Grande. L’arredamento era composto da due grandi tavoli per i rispettivi direttori dei festival, più il mio tavolino e quello per la macchina da scrivere; c’erano poi due grandi armadi per le pratiche d’ufficio e vari scaffali e contenitori per libri e faldoni. Un gran divano e due poltrone furono piazzati davanti alle finestre affacciate sull’ultimo ramo del Canal Grande, che sfocia nel bacino di San Marco, davanti alla Salute, alla punta della Dogana, lasciando scorgere da un lato il molo, Palazzo Ducale, la riva degli Schiavoni e in fondo la laguna infinita, le isole San Giorgio, Giudecca, San Lazzaro e il Lido. Un panorama mozzafiato che Piovesan definì subito «un quadro del Canaletto a portata di finestra».
Dentro la vita, pag.61
Tantissimi i nomi con cui Luciana viene in contatto: Peggy Guggenheim, Olivier e Vivien Leigh, Luchino Visconti, solo per citarne alcuni…
Arriva anche il matrimonio con Virgilio Boccardi: un matrimonio da amici, che resterà “bianco”, sarà cioè un rapporto di amicizia – ma questo rimane una sorta di segreto tra loro due; una soluzione che aggiusta le vite di mamma che può finalmente sposarsi con Giovanni, quella del fratello Giorgio a cui il nuovo marito assicura di pagare gli studi, e non ultimo, l’amore per lei da parte di Virgilio.
Un’unione come la nostra, così anomala e senza precedenti – né modelli da seguire – lasciava molti punti in ombra: lacune pesanti e impulsi che non potevano seguire imposizioni, ma venivano dettati direttamente dall’anima, dai sentimenti, dalle occasioni. Quello che potevo garantire a Virgilio era il rispetto di una libertà che ci eravamo promessi fin dall’inizio della nostra relazione. Una relazione che – alla luce di quel nuovo capitolo – assumeva persino gli aspetti di una “perversione sociale”. Lo dissi a Virgilio, che rispose divertito: «Vedi, io ho bisogno di te, del tuo modo di vivere, del tuo pensiero sulla vita, sull’amore, su noi».
Dentro la vita, pag.92
Il Comitato, il “consiglio dei Dieci” della Biennale, aveva deciso che il nuovo direttore stabile del Festival di Musica sarebbe stato Mario Labroca. Compositore, scrittore, sperimentato organizzatore di eventi, responsabile dei programmi RAI, sovrintendente del Maggio Musicale Fiorentino e in seguito, a Venezia, del Teatro La Fenice, Labroca aveva avviato con Alfredo Casella negli anni Trenta la prima rassegna di musica contemporanea per la Biennale. Luciana lavora fianco a fianco con il nuovo affascinante direttore e nonostante la differenza di età – Labroca aveva trent’anni più di lei – tra loro sboccia l’amore.
Il racconto della Boccardi si intreccia ad altri incontri: con Montale, che conosce a casa di Lea Quaretti e Neri Pozza. Luciana regala a Montale una crostatina per il suo compleanno, piccola piccola e lui la cita nella dedica che le scrive sul suo libro. Poi l’incontro a Parigi con Gala Élouard (ottantenne quando Luciana la incontrò), compagna di Dalí, nella sua casa “di campagna” con vigneti sulla collina di Montmartre a Parigi. Insomma, un carosello impressionante!
Passato il periodo del grande entusiasmo, Luciana si dimette dalla Biennale che ormai ha cambiato atmosfera: non ci sono più i vecchi capi, e la nuova dirigenza ha dei rapporti tesi con i dipendenti e di conseguenza l’ambiente è divenuto sindacalizzato. Luciana accetta di lavorare con Labroca che nel frattempo, lasciata la Biennale, lavora per l’UNESCO. Anche Virgilio, che ormai lavora per la RAI, è felice della scelta di Luciana e delle opportunità di viaggiare all’estero insieme. Una volta al mese con Mario si recano a Parigi per lavoro poiché Luciana lavora come sua assistente, occupandosi dell’organizzazione dei concerti. Prende in affitto una stanza in Strasbourg Saint-Denis. È lì, in quella stanza, che inizia a scrivere e ad usare il nome di penna, Luciana Boccardi, che in fondo era il suo cognome da sposata.
Nel frattempo, a livello familiare, la morte dei nonni Iginio e Gina, a cui era molto affezionata e che aveva rappresentato un grande sostegno, economico e morale, per la sua famiglia. Suo fratello Giorgio intanto frequenta l’università. Quando Mario Labroca viene nominato direttore del Teatro La Fenice, lascia l’incarico a UNESCO e così Luciana rimane senza lavoro; inaspettatamente, il suo futuro le viene annunciato da un premio, il suo primo premio letterario (vedi citazione in apertura).

Longo, che era il direttore de Il Gazzettino le offre una collaborazione col giornale. Dopo poco tempo le viene proposto di essere la giornalista che si occupa di moda. Inizia la sua carriera con le sfilate dell’alta moda a Roma, al Grand Hotel.
Luciana racconta la storia della moda italiana, dell’alta moda e del prêt-à-porter che proprio in quegli anni iniziava la sua poderosa cavalcata verso il successo. E poi le rivalità tra Roma, Firenze e Milano che, forte del suo dinamismo e delle strutture già presenti (la Fiera campionaria, che allora stava in città) iniziò a imporre la sua posizione di leadership. L’alta moda invece la porta a Parigi, per le sfilate di Coco Chanel, Dior, Yves Saint Laurent.
Con la nuova cittadella del lusso italiano nasceva anche la sede milanese della Camera Nazionale della Moda, che si sarebbe occupata di gestire calendari di sfilate ed eventi, nonché l’ufficio stampa. A Firenze restava l’eccellente organizzazione del Pitti, in grado di proporre grandi cose: fu accolta l’idea di Franco Savorelli, che suggeriva di creare al posto del Pitti Donna (ormai trasferito sui Navigli) una rassegna analoga per il prêt-à-porter maschile. Fu così che nacque il Pitti Uomo.
Da settore di nicchia per intenditori e per il mercato del lusso, la moda “per tutti” diventava trainante per l’economia. Quanto all’alta sartoria, sabotata dagli stessi organi direttivi e privata degli aiuti finanziari, si prospettava un declino inesorabile. Venne ritenuto di lasciarla a Parigi, dove l’haute couture trionfa ancora oggi. Una scelta che ha penalizzato, e penalizza ancora oggi, i nostri sarti.
Dentro la vita, pag 151
Per seguire le sfilate, Luciana diviene una giramondo: Stati Uniti, Messico, Dubai e persino una sperduta oasi nel deserto del Sahara. Fonda anche il mensile “Il Femminile”, che raccoglie un pool di donne a firmare gli articoli, proprio negli anni della rivoluzione culturale, dopo il sessantotto, la liberazione dei costumi e le riforme legislative che emancipano le donne. Proprio in quegli stessi anni, la vita le riserva la più importante delle prove: un’inaspettata e rischiosa gravidanza, che le darà la possibilità di diventare mamma in una situazione inconsueta, come del resto lo è stata tutta la sua vita. Anche in questo frangente, sono le due colonne portanti della sua vita, la mamma Marcella e soprattutto Virgilio, a starle vicini e a permetterle di vivere con serenità la nuova, fondamentale, esperienza.
Insomma, come già avevo detto in apertura della recensione de La signorina Crovato, una vita da romanzo. E tenetevi pronti, perché il libro, nel suo finale, lascia intendere che ci sarà da scrivere un altro capitolo per continuare a raccontare questa vita straordinaria.