Il caldo eccezionale di questa estate fa crescere in maniera esponenziale la nostra voglia di lasciare le città e di fuggire verso le spiagge, i laghi e la montagna. Anche per pochi giorni, potersi concedere una tregua è davvero il desiderio di tutti. Per rendere piacevoli i vostri momenti di relax vi lascio qualche consiglio libresco, sperando di accompagnare le vostre vacanze con delle letture stimolanti, intriganti e piacevoli: sotto l’ombrellone, sotto larici di montagna, a bordo piscina o sulle rive di un lago, un buon libro non può mancare!

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Cominciamo con questo:

La professione e l’amore, con la passione a fungere da comune denominatore. Brividi d’estate racconta la storia di Donato Brighenti, giornalista vicentino, classe 1961, emigrato negli Stati Uniti sul finire degli anni Ottanta per lavorare come corrispondente per l’Italia. Approdato al “New York Post” per scrivere di sport, la sua materia prediletta, a ridosso dei Mondiali di calcio del 1994, organizzati proprio in America, si ritrova a seguire il cammino della Nazionale del suo Paese, a causa di una serie di inaspettate coincidenze. Comincerà quindi per lui un mese travolgente, vissuto tra incertezze, timori e speranze. A rendere ancora più intense quelle calde settimane, fatte di continui spostamenti da una località all’altra, con orari impossibili e temperature insopportabili, l’improvviso riavvicinamento con Caterina, la ragazza che in passato scelse di seguirlo negli States, prima che le loro strade si separassero. La sensazionale cavalcata degli azzurri di Arrigo Sacchi nel corso del torneo, che culminerà amaramente nella finale di Pasadena, sarà scandita da una serie di incontri fugaci con la sua ex, pronta a rifarsi una vita a Boston e difficile da riconquistare.

Un romanzo che ritrae la crisi generazionale dei millennials, persi nei loro desideri di fuga e stabilità, con un linguaggio asciutto e nitido.

Tutti vorrebbero la vita di Anna e Tom. Un lavoro creativo senza troppi vincoli; un appartamento a Berlino luminoso e pieno di piante; una passione per il cibo e la politica progressista; una relazione aperta alla sperimentazione sessuale, alle serate che finiscono la mattina tardi. Una quotidianità limpida e seducente come una timeline di fotografie scattate con cura. Ma fuori campo cresce un’insoddisfazione profonda quanto difficile da mettere a fuoco. Il lavoro diventa ripetitivo. Gli amici tornano in patria. Il tentativo di impegno politico si spegne in uno slancio generico. Gli anni passano. E in quella vita così simile a un’immagine – perfetta nel colore e nella composizione, ma piatta, limitata – Anna e Tom si sentono in trappola, tormentati dal bisogno di trovare qualcosa di più vero. Ma esiste? Vincenzo Latronico torna alla narrativa con una storia lucida e amara di sogni e disillusioni, una parabola sulle nostre vite assediate dalle immagini dei social media e sulla ricerca di un’autenticità sempre più fragile e rara.

In un crescendo di tensione e colpi di scena, nel suo primo romanzo Calla Henkel esplora il tema dell’amicizia femminile, dei legami tossici, della ricerca di un’identità e di come sia difficile crescere trovando un equilibrio tra le proprie passioni e i compromessi necessari alla sopravvivenza, sullo sfondo di una Berlino vitale e quanto mai affascinante.

Nel tentativo di superare l’omicidio dell’amica del cuore, Zoe lascia New York e si trasferisce a Berlino grazie a una borsa di studio. Qui ritrova Hailey, già sua compagna alla scuola d’arte, alla quale si appoggia completamente stringendo un’amicizia intensa e poco equilibrata. La differenza tra le due ragazze, infatti, non potrebbe essere più evidente: tanto Zoe è priva di scopo e influenzabile quanto Hailey è egocentrica e sicura di sé, idolatra Andy Warhol e Britney Spears e vuole fare della propria vita un’opera d’arte. A complicare la situazione ci sono le stranezze dell’appartamento in cui vivono – rumori insoliti e voci che non si sa da dove provengano – di proprietà di una scrittrice di thriller. Hailey e Zoe si convincono che la donna le stia spiando, forse per trovare materiale per i suoi romanzi. Decidono allora di giocare al suo stesso gioco, cercando di essere loro a determinare la narrazione: organizzano party esclusivi all’insegna dell’eccesso e presto tutta la Berlino del circuito artistico e giovanile fa a gara per ottenere un invito. Le notti diventano sempre più frenetiche e fuori controllo e Zoe, che cerca se stessa anche indossando i vestiti delle amiche, inizia a chiedersi quale storia stia vivendo e come andrà a finire

Proseguiamo con un esordio sorprendente, una storia che celebra l’amore nella sua forma più tenace, più appassionata, che non si cura dei generi, sopporta gli abbandoni e resiste al passare degli anni.

Giulia e Cristi si incontrano bambine, negli anni Novanta, durante le estati trascorse in un piccolo paese delle Marche. Giulia, determinata e razionale, subisce il fascino di Cristi, così fragile e così selvaggia, e capisce presto di provare per lei qualcosa di più dell’amicizia. Anche Cristi è attratta da Giulia, però i suoi occhi cercano in continuazione Mattia, un bambino che sembra comprendere la sua natura selvatica più profondamente di quanto l’altra riesca a fare. Dopo una serie di estati scandite dai giochi in riva al fiume e da sofferte gelosie, i tre, arrivati alla soglia dell’adolescenza, si separano. Dieci anni più tardi, Giulia e Cristi si ritrovano a Bologna e il loro amore mai dimenticato esplode. Ma ancora una volta a turbare l’equilibrio ricompare Mattia. Da quel momento le loro vite appassionate si legano per sempre.

Un romanzo di formazione con protagonista un personaggio che potrebbe essere l”alter ego’ dell’autore, o almeno condivide con lei il quadro cronologico e le circostanze in cui si svolge la sua vita. Diviso in quattro parti o lunghi capitoli, ognuno copre una fase definita: infanzia, adolescenza, giovinezza (università) e maturità (incipiente). I primi tre funzionano come un blocco, tutti narrati dalla voce di una seconda persona, Belaundia Fu, creatura immaginaria o amica invisibile che accompagna Marta dai suoi sogni d’infanzia e che la interpella e la interroga nei momenti decisivi. Belaundia Fu è la voce ragionevole, ideale e infallibile che, quando Marta ha sedici anni e preferisce non ascoltare, le dice la verità in faccia: per esempio, che quel ragazzo, Charlie, non va bene per lei. Ma quando Marta ha ormai compiuto ventidue anni, quando si è laureata, quando comincia a prendere decisioni che segneranno il resto della sua vita, cosa ci fa Belaundia Fu ancora lì? È ancora lì perché è lei che ha sempre raccontato a Marta la sua storia. “Chi è Belaundia Fu?”, ci chiediamo; eppure la domanda che conta davvero è: chi è Marta?

Un memoir di culto, in cui Lidia Yuknavitch accompagna il lettore attraverso questioni di genere, sessualità, corpo e famiglia.

Il nuoto, il corpo che si perde e si ritrova nell’acqua, e la letteratura, il desiderio di scrivere senza compromessi, sono le uniche due certezze di Lidia. “La cronologia dell’acqua” è così la storia di una vita che “non segue alcun ordine. Gli avvenimenti non rispondono al rapporto di causa ed effetto come vorremmo. È tutta una serie di frammenti e ripetizioni e trame,” perché “questo condividono il linguaggio e l’acqua”. Tutto scorre, nelle parole come nelle corsie di una piscina, in questo romanzo che rinnova radicalmente la tradizione del memoir, raccontando senza ipocrisie il genere, la sessualità, l’abuso, l’elaborazione del lutto, il superamento della sofferenza. Lidia cresce con un padre violento e una madre incapace di proteggerla, in una famiglia che la condizionerà anche quando, proprio grazie a una borsa di studio per il nuoto, riuscirà ad allontanarsi. Colpita da una perdita straziante, si trova a fare i conti con un dolore estremo: Lidia reagisce, sbaglia, cerca nell’alcol e nel sesso una via di fuga, tocca il fondo, reagisce ancora, riprende a nuotare. Dentro la muove un desiderio di vita e di creazione – e attraverso incontri decisivi con autori come Ken Kesey e Kathy Acker prende forma il suo cammino di scrittrice. Il viaggio che Lidia affronta, e nel quale trascina con passione e levità struggente il lettore, è un viaggio di dipendenza e autodistruzione, e poi di sopravvivenza. Un viaggio che trova una conciliazione finale in un amore sincero, in un figlio che nuota felice anche se malissimo, e in un libro, questo, che testimonia una nuova profonda consapevolezza di sé nel proprio mondo.

È una gelida notte d’inverno. In una cittadina di provincia, un senzatetto dorme al riparo d’un porticato, quando un gruppo di ragazzi si avvicina e gli dà fuoco. Salvato per miracolo, il barbone viene ricoverato in terapia intensiva, ma la sua identità rimane un mistero: non ha con sé documenti e nessuno va a chiedere di lui all’ospedale. Una delle poche cose salvate dal fuoco è il suo zainetto, dove c’è una copia del romanzo del giovane scrittore Lorenzo Fabbri. Lorenzo apprende la notizia casualmente, dal telegiornale, mentre cena. Non dà importanza al ritrovamento del suo libro: il successo è stato tale da giustificare la sua presenza nello zaino di qualsiasi sconosciuto. In seguito, però, emergono altri particolari e in lui si insinua il dubbio: quel senzatetto è davvero un estraneo o la storia raccontata nel romanzo li lega a doppio filo? Una storia ispirata all’estate di vent’anni prima, quando, per vincere la noia delle vacanze in città, Lorenzo aveva fondato il Club dei perdenti insieme con altri tre ragazzini come lui: Sara, Giacomo e soprattutto Ema, il suo migliore amico dalla vita sghemba, l’unico ad avere il coraggio di fronteggiare i bulli della scuola e dotato di un talento straordinario per il disegno. Nel corso di quell’estate, Lorenzo aveva scoperto il valore dell’amicizia e la passione bruciante per le parole. Ma poi era successo qualcosa, qualcosa che aveva cambiato tutto… Per Lorenzo, il presente diventa allora l’occasione per sbrogliare una volta per tutte il passato, riportando alla luce volti, storie e sentimenti ormai sopiti. Ma può un romanzo riscattare gli sbagli compiuti nella vita vera? E può la vita essere all’altezza di un romanzo?

Claudio e Cecilia hanno origini lontane, vivono separati dall’oceano, lui a New York, lei a Parigi, e hanno esistenze completamente differenti, lui lavora in una casa editrice, lei è una studentessa che trova un po’ di serenità solo passeggiando nei cimiteri. Condividono due cose soltanto. La prima è la solitudine spaesata di chi fugge dalle ferite del passato. La seconda è un inverno che passeranno insieme. Anzi c’è una terza cosa che li unirà: l’amore, quello che cambia la vita. Anche se non sempre nel modo in cui ti aspetti…

Claudio è cubano, ha quarant’anni, vive nell’Upper West Side a New York e lavora in una casa editrice. Ogni giorno combatte per salvaguardare un ordine preciso contro il terrore di perdersi nel caos, segue un rituale complicato di pulizia e abitudini, è appassionato di musica, orgogliosamente misogino e geloso della propria privacy. Cecilia invece è messicana, a venticinque anni ha deciso di trasferirsi a Parigi per sfuggire al ricordo della madre che l’ha abbandonata, a un padre inadeguato, a una malinconia che si manifesta in una precoce passione per le tombe e i cimiteri. Entrambi hanno una relazione, anche se precaria e instabile, ma quando Cecilia incontra Claudio, in viaggio a Parigi, è un colpo di fulmine, la rivelazione di un senso nascosto delle cose, che cambia per sempre la loro vita, anche se non nella direzione in cui i due amanti avrebbero voluto. Il loro incontro è intrecciato a una colonna sonora fatta della musica di Nick Drake, di Keith Jarrett e Philip Glass, del Kind of Blue di Miles Davis: note che fanno da contrappunto al loro avvicinarsi, scoprirsi, fino a un mettersi a nudo tanto intimo quanto minaccioso perché rivela anche gli abissi in cui rischiano di precipitare. Ma nessun inverno, per quanto lungo, dura per sempre.

Mettete insieme una girandola di personaggi che vanno dal regno umano a quello animale, un noir soprannaturale con dialoghi da commedia, un pizzico di cultura pop, ambientate il tutto nella Pisa degli anni Novanta – provate a mescolare una scrittura irresistibile con l’horror, Shakespeare con Stranger Things, e non avrete che una pallida idea dell’oggetto che vi trovate tra le mani. Che cos’è questo libro? E chi è Ortensia? Nella città universitaria – un mondo «di felicità bonheur fortuna sotto la ruota del cielo» – un gruppo di ventenni è impegnato nella più terrena delle educazioni, quella sentimentale. Al suo inizio, Trovate Ortensia! è una storia di ragazzi che parlano il gergo (reso strepitosamente dall’autore) dei loro anni Novanta e vivono al ritmo di una commedia. Ma tra gli psicodrammi di Florian ed Emilia, gli incontri clandestini di Simone e Viola, tra le puntate al bar di Zughy e i siparietti di Ludovico e Oreste si insinua lentamente una presenza indecifrabile, Ortensia appunto: esserino demonico, adolescente fragile, ragazza-vampiro venuta dal passato, ma anche destino di noi tutti che viviamo in «questo nostro povero mondo sublunare e incline ai mutamenti». E tutto comincia a colorarsi di mistero… Con Trovate Ortensia!, romanzo scritto vent’anni fa che solo ora vede la luce, Paolo Zanotti ci dà un indimenticabile ritratto della giovinezza, del suo terribile impasto di futuro e di morte, e l’ulteriore conferma del suo originalissimo talento.

Nel cuore dell’inverno innevato, in un piccolo paese dello Yorkshire, la giovane Melanie scompare. La polizia manda a investigare il suo uomo migliore, il detective Jim Brindle. Anche Roddy Mace, in forze al giornale locale dopo aver sacrificato un’importante carriera da reporter a Londra, è interessato al caso, che potrebbe offrirgli un’occasione di riscatto. Ma non è semplice condurre un’indagine all’interno di una comunità estremamente riservata. In Blu come te Benjamin Myers accompagna il lettore in un tour de force avvincente, confermandosi, dopo il successo di All’orizzonte.

Sharon, detta Sharo, poco piú di vent’anni, bionda, alta, magra, la faccia sempre imbronciata; non una bellezza classica, eppure attira gli uomini come il miele le mosche. Vive in periferia con la madre invalida e ha bruciato un bel po’ di lavoretti precari sempre per la stessa ragione: le mani lunghe dei capi. Poi una misteriosa consegna portata a termine per conto del fidanzato, un piccolo balordo, cambia la sua esistenza. Con la protezione di un annoiato aristocratico, Sharo inizia la sua irresistibile ascesa criminale. Ma la mala che conta, quella che controlla il mercato della droga, si accorge di lei e comincia a tenerla d’occhio, a guardarla con rispetto, con timore, con odio. Lí, in quell’ambiente, nella zona oscura della città, nessuno la chiama piú con il suo nome. Per tutti è la Svedese.

È il 1949, Gunther vive a Dachau e gestisce l’hotel della moglie, dove però nessuno mette mai piede. La donna è da tempo ricoverata in una clinica e lui è sempre più convinto di vendere la struttura e riprendere l’attività di investigatore. L’occasione perfetta gli si presenta a Monaco di Baviera: sommersa dal caos della sconfitta, la città pullula di affari sporchi, avidità dilagante, criminali di guerra in fuga e colpi bassi di ogni genere. Un luogo dove un investigatore privato può trovare tante opportunità di lavoro non del tutto rispettabili: ripulire il passato nazista della gente del posto, favorire i latitanti nella fuga all’estero, risolvere le rivalità tra malviventi… Finché una donna non si presenta nel suo ufficio: suo marito è scomparso. Trattandosi di un ricercato che dirigeva uno dei lager più feroci della Polonia, non vuole ricongiungersi con lui, ma solo assicurarsi che sia morto. Un lavoro abbastanza semplice. Ma nella Germania del dopoguerra nulla è semplice: accettando il caso, Bernie affronta molto più di quanto si aspettasse, e presto si ritrova in pericolo, circondato da sciacalli, in un paese sconfitto e diviso, dove è difficile distinguere gli amici dai nemici, gli uni dagli altri…

Molto promettente anche questo, Vincitore del premio catalano Josep Pla 2021: una delicata storia di seconde chance.

È possibile cambiare il corso della propria vita quando si è già vissuto molto? Le seconde occasioni possono presentarsi anche in età avanzata? Armand, vedovo, da quando è andato in pensione fatica a riempire la propria giornata ed è in costante lotta con i fantasmi del passato che lo hanno allontanato dal figlio, trasferitosi ormai da anni all’estero. Elena è un’ex insegnante a cui mancano il lavoro e il contatto con i bambini. Vive con il marito Ramir, intellettuale e poeta, in una routine ormai stanca. Armand ed Elena si incontrano a un corso di yoga e cominciano a frequentarsi con la cautela e la diffidenza portate dall’età. Stanno bene insieme, non si pongono obiettivi, non vogliono dimostrare niente, ma nemmeno negarsi nuove chance. Maria Barbal ci regala una storia apparentemente breve e asciutta, ma frasi, dialoghi ed episodi essenziali agiscono come tessere di un mosaico che, unendosi, compongono l’illustrazione più vasta di un nuovo percorso di vita, da esplorare in due, uniti. Perché solo pedalando insieme, come su un tandem, si può provare a raggiungere una nuova felicità.

Per gli amanti del romanzo storico e della Scozia:

Il secondo volume dei Fiori di Scozia. Sebbene molti clan scozzesi condividano una storia di massacri e di lotte per la sopravvivenza, solo i MacGregor hanno dovuto affrontare una sistematica e incessante persecuzione per mano dei governi britannici e di alcune famiglie connazionali. La loro esistenza è pertanto minata di intrighi, di invidie e di odio ancestrale mentre il loro nome è stato cancellato per quasi due secoli. Si è trattato di una sorta di genocidio che ha indotto molti membri della stirpe a mutare identità. In questo libro si vuole dar voce a un’intera comunità che, forte del proprio orgoglio, del proprio senso di appartenenza e di giustizia, nel corso del tempo si è stretta per affrontare in modo solidale le sofferenze imposte dalla cupidigia dei potenti.

Per gli amanti della poesia:

Le poesie di La colpa al capitalismo dissezionano con lingua asciutta e precisa un sentimento sempre in bilico fra malinconica resa alla presunta modernità e resistenza e confermano Francesco Targhetta come una delle voci più originali e nitide della poesia italiana.
A dieci anni dall’acclamato romanzo in versi Perciò veniamo bene nelle fotografie, che rivelò Francesco Targhetta tra le principali voci della generazione precaria degli anni dieci, La colpa al capitalismo apre un nuovo capitolo dedicato all’indagine in versi dell’esistenza. Abitata da personaggi isolati e vulnerabili, sospesi tra strategie d’esistenza e tentativi d’amore, disseminati lungo paesaggi labili dai profili industriali, la raccolta racconta la solitudine, il conformismo e il senso di competizione sotto la morsa del tardo capitalismo, vessato ulteriormente dalla pandemia. Le poesie di La colpa al capitalismo dissezionano con lingua asciutta e precisa un sentimento sempre in bilico fra malinconica resa alla presunta modernità e resistenza e confermano Francesco Targhetta come una delle voci più originali e nitide della poesia italiana.

Edward Hopper, Gloucester Beach, Bass Rocks

Buone vacanze a tutti!!!