Dopo i “mitici” anni Ottanta (ve ne parlo QUI), siamo scivolati dalle certezze modaiole, dalla politica “allegra”, e da un tenore di vita sopra le righe di cui poi se ne è pagato lo scotto, alle incognite di un millennio che finisce ad uno tutto da inventare, in un decennio in bilico tra la fine di un’epoca e un futuro prossimo che non presagiva niente di buono. Nei primi anni Novanta si cominciò a intuire che la festa era finita; in quegli anni si posero le basi della moneta unica, ma non quelle per un’Europa unita davvero. Scoppiò la Guerra del Golfo, morirono Falcone e Borsellino, ma si firmò per l’ambiente a Kyoto e Tangentopoli tentò di fare pulizia a casa nostra. Fiorello portava il Karaoke nelle piazze d’Italia, Boncompagni teleguidava Ambra negli studi di Non è la Rai. I Furby e il Tamagotchi spopolavano, non solo tra i bambini.

L’abbattimento del Muro di Berlino del 1989 divenne il simbolo di un mondo che cambiava velocemente. Nel 1990, l’elezione di Nelson Mandela a vicepresidente dell’African National Congress, segnò un cambio di passo che a cascata contribuì ad altre rivoluzioni. Poi ci fu il Nobel per la pace a Michail Gorbacev nel 1990, un riconoscimento alla sua lungimiranza per porre fine alla Guerra Fredda e allontanare lo spettro dello scontro nucleare.  Purtroppo gli anni Novanta hanno visto diverse guerre fratricide. Nel 1991 la Jugoslavia si tinge del rosso della pulizia etnica e iniziano a nascere i primi stati indipendenti: Slovenia e Croazia dichiarano l’indipendenza dalla Federazione Yugoslava. Stessa frammentazione anche nell’Unione sovietica: si staccano le repubbliche baltiche di Estonia, Lettonia e Lituania ma anche Ucraina, Bielorussia, Armenia, Turkmenistan e Tagikistan. E la lista è destinata successivamente ad allungarsi. Gorbacev, sfuggito a un colpo di stato, si dimette il 25 dicembre e l’Urss scompare il giorno successivo. Nel 1992, l’Europa si forma intorno al trattato economico e politico di Maastricht. Nella seconda metà del decennio la Comunità economica europea diventa Unione europea.

Bill Clinton tenta una riconciliazione tra Palestina e Israele; a Oslo, nel 1994, Yasser Arafat presidente dell’OLP, il ministro degli Esteri Shimon Peres e il premier israeliano Yitzhak Rabin, ricevono il premio Nobel per la pace per i loro sforzi per creare la pace in Medio Oriente. Nel 1994, mentre in Rwanda le etnie Tutsi e Hutu si combattono a colpi di machete, in Irlanda l’Ira proclama uno storico cessate il fuoco.

Nel 1998 papa Giovanni Paolo II, in visita a Cuba, incontra Fidel Castro; l’ex dittatore cileno Augusto Pinochet viene arrestato dalla polizia spagnola. Nell’anno successivo, in Russia, è eletto Vladimir Putin e, soprattutto, nell’Unione europea arriva l’euro.

A livello informatico nasceva il mondo virtuale: il 6 agosto 1991, infatti, il CERN annunciò la nascita del World Wide Web. Negli stessi anni Windows aprì le porte al grande pubblico, Al Gore parlava di “autostrade informatiche”, e se nel 1995 i computer connessi a Internet erano sedici milioni, nel 2000 passeranno a trecento. Alla fine del decennio però tutti temevano il fantomatico millenium bug

La musica degli anni Novanta era una prateria sterminata: dal consolidarsi del grunge che aveva già iniziato a fare capolino negli anni 80, passando dall’avvento della musica dance che fece scendere in pista proprio tutti per arrivare alle prime boyband e ai primi girl group che fecero impazzire i ragazzini di tutto il pianeta. Dai Nirvana ai The Verve, dalle Spice girls ai Take That e ai Backstreet Boys, dai Daft Punk, agli Oasis ai Cranberries, c’era spazio per tutti. Ma per Kurt Cobain la storia finì l’8 aprile del 1994.

Robbie Williams cantava Millenium, i Cranberries Zombie, i Radiohead Creep, i R.E.M. Loosing my religion; alle radio spopolavano Barbie Girl degli Aqua e Boombastic di Shaggie. In Italia, mentre Jovanotti pensava positivo, si ballava al ritmo di Sotto questo sole di Francesco Baccini, Come mai degli 883, ma anche Certe notti di Luciano Ligabue. Personalmente, stravedevo per 7 seconds di Yossou N’Dour e Ironic di Alanis Morrisette.

Il cinema di quegli anni ci ha regalato alcuni film iconici, come Mediterraneo di Gabriele Salvatores (liberamente tratto dal romanzo Sagapò di Renzo Biasion, vincitore dell’Oscar al miglior film in lingua straniera nel 1992), Pulp Fiction di Quentin Tarantino, e poi Forrest Gump, Il silenzio degli innocenti, Titanic, Trainspotting, Fight Club , Jurassic Park… E si possono dimenticare l’ironia di Quattro matrimoni e un funerale, lo spasso di Mamma ho perso l’aereo e la colonna sonora di Ghost?

E in ambito letterario che accadeva? Quali autori, quali romanzi si pubblicavano e si leggevano in quegli anni di fine secolo e fine millennio?

I ponti di Madison County di Robert James Waller (1992) narra la storia di una donna sposata ma sola, che vive nella Contea di Madison negli anni sessanta e della relazione di questa con un fotografo del National Geographic che è in visita alla contea per un servizio fotografico sui celebri ponti coperti. Il romanzo è presentato come tratto da una storia vera, ma è un’opera di fantasia. Comunque, l’autore, in un’intervista, ha sottolineato le similitudini fra il romanzo ed il proprio vissuto. Il romanzo è uno dei bestseller del XX secolo, con 50 milioni di copie vendute nel mondo. Dal libro nel 1995 è stato tratto l’omonimo film interpretato da Meryl Streep e Clint Eastwood.

Il paziente inglese dello scrittore singalese naturalizzato canadese Michael Ondaatje, pubblicato nel 1992 e premiato con il Booker Prize. Narra la storia di quattro personaggi, una donna e tre uomini, molto diversi tra loro, rifugiati in una villa italiana a nord di Firenze sul finire della seconda guerra mondiale. Nel 1996 il romanzo è stato trasposto nel film omonimo di Anthony Minghella, vincitore di nove premi Oscar.

Trainspotting di Irvine Welsh. (1993) “Scegli la vita. Scegli il mutuo da pagare, la lavatrice, la macchina; scegli di startene seduto su un divano a guardare i giochini alla televisione, a distruggerti il cervello e l’anima, a riempirti la pancia di porcherie che ti avvelenano”.
Ambientato nella Edimburgo degli anni Ottanta, ruota attorno alle avventure di un gruppo di amici: Renton, Sick Boy, Spud e Begbie sono i dannati di un modernissimo inferno chimico fatto di sesso, sballo e perdizione. Il romanzo per eccellenza degli anni ’90.

Cecità dello scrittore e premio Nobel per la letteratura portoghese José Saramago, pubblicato nel 1995. In questa opera viene utilizzato uno stile che prevede l’assenza di nomi propri per i personaggi, identificati tramite espressioni impersonali (come la ragazza dagli occhiali scuriil vecchio con la benda e il ragazzino strabico, e così via). I dialoghi non sono introdotti dai due punti, né vengono utilizzate le virgolette. Il romanzo indaga a fondo la nostra società e le sue strutture di potere. Durante la reclusione dei malati nel manicomio, infatti, essi si ritrovano in una situazione che ha fatto tabula rasa di tutte le condizioni sociali precedenti, lasciando loro la libertà di una organizzazione nuova e più equa, etica. Il pessimismo antropologico dell’autore, però, non fa sì che gli internati creino una società idillica, ma che attuino invece una regressione, che li porta a vivere in uno stato di natura hobbesiano in cui l’unica legge che conta è quella del più forte, e in cui viene messa in atto una guerra di tutti contro tutti per la sopravvivenza. L’unica organizzazione possibile risulta essere una dittatura di pochi che, tramite la violenza, tengono in scacco la maggior parte dei malati. Il romanzo contiene una profonda riflessione dell’autore riguardo al problema della fame nel mondo.

A voce alta – The Reader (1995) è il titolo del romanzo di ispirazione autobiografica dello scrittore tedesco Bernhard Schlink, già docente universitario di diritto e magistrato, conosciuto soprattutto per i suoi romanzi di genere poliziesco. Qui trovate la mia recensione.

Fight club di Chuck Palaniuk (1996). La storia ruota attorno ad un segretissimo club di pugilato fondato per dar sfogo a chi, come il protagonista Tyler, si ribella alle bugie di una società consumistica e convenzionale, e cerca nella violenza un antidoto alla realtà.

Infinite Jest di David Foster Wallace (1996). L’opera, lunga più di mille pagine, ha un’intricata ed inusuale struttura narrativa, caratterizzata dalla presenza labirintica di molteplici narratori e da una cronologia interna fortemente frastagliata e non lineare, sorretta da un’imponente mole di note narrative (se ne contano 388, molte delle quali note di ulteriori note), fungenti da collante tra vari livelli della narrazione e, allo stesso tempo, da caleidoscopico strumento d’approfondimento alle tematiche affrontate.

Pastorale Americana di Philip Roth (1997) Vincitore premio Pulitzer per la narrativa 1998, è un libro che fa riflettere e va a sgretolare lo stereotipo della grandezza americana. Definito dalla critica come “Il grande romanzo americano”, affronta temi come la guerra, la famiglia e il fanatismo.

Per passare a Underworld di Don de Lillo (1997). Vincitore di numerosi premi, racconta la società americana dall’inizio della Guerra Fredda fino agli anni Novanta, partendo dal Polo Grounds di New York, teatro dello storico match tra i Brooklyn Dodgers e i New York Giants. Libro complesso con molti elementi tipici della letteratura postmoderna.

La versione di Barney del canadese Mordecai Richler, pubblicato nel 1997, è il racconto della vita dell’ebreo canadese Barney Panofsky, scritta in forma di autobiografia. Il romanzo è costruito come una serie di flashback disordinati: i racconti delle giornate del “vecchio” Barney (acciaccato, abbandonato dalla moglie ed alcolista irrecuperabile) si mescolano alla girandola dei ricordi d’una vita ricca di avvenimenti e incontri straordinari. Le memorie di Barney vengono poi pubblicate postume, con l’inserimento di pignole note a piè di pagina, a correzione delle sviste di Barney, dal figlio Michael, che è inoltre autore del poscritto dell’opera, in cui si spiegano i motivi dei vuoti di memoria di Barney (che è infatti affetto dalla malattia di Alzheimer) e nelle quali viene infine chiarito il mistero sulla morte di Boogie.

Il dio delle piccole cose di Arundhati Roy (1997). Il romanzo narra le esperienze infantili di due fratelli gemelli, le cui vite vengono distrutte dalle “Leggi d’amore”, che stabiliscono “chi deve essere amato, e come. E quanto”. Il libro è una descrizione di quanto e come le minuscole cose della vita influenzino il comportamento delle persone e, in definitiva, il corso delle vite stesse. Il libro, acclamato bestseller a lungo ai vertici delle classifiche di vendita internazionali, ha vinto il Booker Prize nel 1997.

American Psycho di Bret Easton Ellis. Thriller psicologico ambientato a New York in cui il protagonista è un giovane rampante che di giorno lavora in modo regolare a Wall Street, mentre di notte è dedito a lasciarsi andare a qualsiasi tipo di trasgressione. Questa sorta di bipolarismo lo porterà a diventare uno spietato assassino.

Il senso di Smilla per la neve di Peter Høeg, (1992), è il precursore del giallo scandinavo, fenomeno che sarebbe poi esploso. Smilla Qaavigaaq Jaspersen è una ragazza che vive a Copenaghen: sua madre, morta quando lei era ancora una bambina, era un’inuit groenlandese, mentre suo padre è un ricco e celebre medico danese; nonostante gli anni trascorsi in Danimarca, Smilla non è mai riuscita ad adattarsi al suo ambiente sociale. Trascorre le proprie giornate sola, con l’unica compagnia di Esajas, un bambino inuit che vede in Smilla l’unica persona da cui lasciarsi accudire senza timore. Quando Esajas viene trovato morto, Smilla non può credere alla versione della polizia, secondo cui il bambino è scivolato dal tetto innevato di un palazzo, in quanto, in base alle sue profonde conoscenze della neve, argomenta che il bambino non può essere morto per un incidente. Sfidando la polizia, la donna comincia la sua indagine personale, ricorrendo a ogni mezzo pur di comporre il puzzle di una verità che si dimostrerà, pezzo dopo pezzo, sempre più inquietante.

Veniamo alle lettere di casa nostra, con il primo caso letterario degli anni ’90: Io speriamo che me la cavo, best seller da oltre due milioni di copie, nasce da una semplicissima idea del mitico maestro Marcello D’Orta: prendere 60 temi di una scuola elementare di Arzano, provincia di Napoli, e presentarli al pubblico senza toccare alcunché. Il risultato è un umorismo involontario e travolgente, tipicamente campano, che restituisce con delicatezza un mondo “sgarrupato” ma estremamente vitale. Un vero e proprio trattato di sociologia, alla faccia dei congiuntivi sbagliati e le h che vanno e vengono.

Jack Frusciante è uscito dal gruppo di Enrico Brizzi. Forse il romanzo di formazione per eccellenza. Quale sedicenne può dire di non essersi immedesimato nelle vicende tardoadolescenziali di Alex e Aidi? Ribellione e forti passioni giovanili in un classico che ha fatto la storia dell’editoria italiana, da cui è stato tratto il film che ha lanciato Stefano Accorsi.

Tutti giù per terra di Giuseppe Culicchia. Romanzo generazionale che racconta, con ironia e leggerezza, il precariato e la mancanza di prospettive di un giovane ventenne, che non riesce a diventare grande. Tematiche ancora oggi di grande attualità, non per niente il libro è stato ripubblicato a distanza di 20 anni in una versione ambientata ai giorni nostri.

Almost Blue di Carlo Lucarelli. Un thriller dal ritmo serrante, in una Bologna tra musica e delitti, in cui si muove un efferato serial killer, chiamato anche Iguana. Il bestseller di Lucarelli.

Gioventù cannibale di autori vari. Antologia che racchiude gli scrittori più trasgressivi degli anni ’90 (Ammaniti, Pinketts, Nove, ecc.). Racconti crudi per gli amanti del genere pulp, tanto in voga in quel periodo.

Pubblicato da Federico Moccia a sue spese nel 1992, a bassissima tiratura, Tre metri sopra il cielo diventa un cult per i ragazzi del ’90. Fotocopiato, amato, passato sottobanco, un successo crescente che culmina nella ristampa a furor di popolo da parte di Feltrinelli e con l’omonimo film che ha lanciato Scamarcio.

Oceano mare (1993) è forse il più noto dei libri di Alessandro Baricco, scrittore simbolo degli anni Novanta, assai apprezzato e tradotto all’estero e direttore, in Italia, della Scuola di scrittura Holden. Probabilmente è il libro italiano più citato su Facebook. Lo stile basato su paratassi e ripetizioni, il fascino della famigerata Locanda Almayer, le tante storie che si incrociano e si rincorrono: il giusto mix per farne un cult. 

Sostiene Pereira di Antonio Tabucchi (1994) Agosto 1938. Un momento tragico della storia d’Europa, sullo sfondo del salazarismo portoghese, del fascismo italiano e della guerra civile spagnola, nel racconto di Pereira, un testimone preciso che rievoca il mese cruciale della sua vita. Chi raccoglie la testimonianza di Pereira, redatta con la logica stringente dei capitoli del romanzo, impeccabilmente aperti e chiusi dalla formula da verbale che ne costituisce il titolo: Sostiene Pereira? Questo non è detto, ma Pereira, un vecchio giornalista responsabile della pagina culturale del «Lisboa» (mediocre giornale del pomeriggio) affascina il lettore per le sue contraddizioni e per il suo modo di “non” essere un eroe.

Va dove ti porta il cuore di Susanna Tamaro (1994) caso letterario da 16 milioni di copie vendute in tutto il mondo. Scritto in forma epistolare – in forma di lunga lettera, scandita come un diario -, ha il suo cuore nella confessione che una anziana signora fa alla propria nipote, facendo emergere una silenziosa menzogna che ha travolto la sua famiglia.

Dal libro è stato tratto nel 1996 l’omonimo film diretto da Cristina Comencini ed interpretato da Virna Lisi e Margherita Buy.

Premio Nobel per la letteratura negli anni Novanta: sicuramente il più discusso, almeno in Italia, fu il premio assegnato a Dario Fo. Nel decennio furono premiati diversi autori non europei, a cominciare dalla sudafricana Nadine Gordimer, al messicano Octavio Paz, al caraibico Derek Walcott, alla statunitense Toni Morrison, al giapponese Kenzaburō Ōe; inoltre, l’irlandese Séamus Heaney, la polacca Wisława Szymborska, il portoghese José Saramago, il tedesco Gunter Grass.

I vincitori del Premio Pulitzer più famosi sono stati Philip Roth, Annie Proulx e John Updike.

Il Premio Strega negli anni Novanta fu assegnato a Sebastiano Vassalli, Paolo Volponi, Vincenzo Consolo, Domenico Rea, Giorgio Montefoschi, Mariateresa Di Lascia, Alessandro Barbero, Claudio Magris, Enzo Siciliano e Dacia Maraini.