Mi sentivo solo come un pesce nel vaso di un gabinetto. Non avevo relazioni né amici con cui parlare a parte il tizio dello specchio del bagno che mi dava il buongiorno al mattino. Ultimamente, perfino lui aveva smesso di parlarmi e sembrava, molto spesso, salutarmi con un ghigno, come se gli fossi diventato odioso. Forse tutti eravamo diventati odiosi. Tutti noi tedeschi. Non c’era nessuno tra noi che gli americani guardassero con un sentimento diverso da un calmo disprezzo, a parte forse le ragazze con le quali si divertivano, e le prostitute. E non c’era bisogno di essere il chiaroveggente Hanussen per capire il pensiero dei nostri nuovi amici e protettori. Come avete permesso che succedesse tutto questo?, ci domandavano. Come avete potuto fare quello che avete fatto? È una domanda che spesso ho rivolto a me stesso. Non avevo una risposta. Non credo che nessuno di noi avrà mai una risposta. Che risposta possibile ci potrà mai essere? È solo qualcosa che è accaduto in Germania un tempo, più o meno mille anni fa.

L’uno dall’altro, pag. 85

L’uno dall’altro, di Philip Kerr, Fazi editore 2022, pagg. 442, traduzione dall’inglese di Luca Merlini

Uscito per i tipi di Fazi editore a fine luglio, L’uno dall’altro di Philip Kerr restituisce ai lettori l’amato personaggio dell’investigatore Bernie Gunther che avevamo già conosciuto nella Trilogia berlinese.

Il romanzo si apre su un episodio avvenuto nel 1937: Gunther si trova coinvolto nel tentativo apparentemente folle di alleare il nazismo alle brigate israeliane: tra Berlino, la Palestina e Il Cairo, tra emissari delle SS e ambigui rappresentanti del Dipartimento ebrei del Sicherheitsdienst, l’SD (che dovevano aiutare gli ebrei a lasciare la Germania e nello stesso tempo, però, riuscivano ad arricchirsi), tra l’Haganah (un’organizzazione militare e di servizi segreti ebraica) e il Gran Mufti di Gerusalemme, Gunther deve fare da tramite e spiare chi spia… come sempre in quel periodo pieno di ambiguità, il nostro investigatore deve riuscire a mantenersi a galla in acque tempestose.

Il lavoro di un detective è un po’ come entrare in un cinema quando il film è già cominciato. Non sai cos’è accaduto prima e, mentre cerchi di trovare la strada nel buio, è inevitabile che pesti un piede a qualcuno o che gli tagli la strada.

L’uno dall’altro, pag. 101

Chiuso il prologo (e capiremo più avanti l’antefatto), l’azione passa a Dachau, dove Bernie gestisce l’hotel della moglie senza successo; del resto, nel 1949 Dachau non è certo un luogo di villeggiatura, dato che a poca distanza da lì sorge uno dei monumenti all’orrore, uno dei principali luoghi di sterminio nazista. Con la moglie ricoverata per problemi mentali e una situazione economica molto precaria, Bernie decide che è tempo di riprendere il lavoro di investigatore e si trasferisce a Monaco. 

Il Gunther di questa storia cupa è un uomo disilluso: dopo tutto ciò che ha visto e sofferto, non nutre molte speranze nella umanità dei suoi simili. Ha vissuto gli orrori della guerra e del nazismo senza essere un nazista, era un poliziotto della Kripo che ha dovuto arruolarsi nelle SS dopo essere stato internato per molte settimane in un campo di prigionia a causa della sua freddezza verso il nazismo. Un uomo che ha vissuto l’orrore della guerra, che ha dovuto compiere crimini in nome di un ideale che non era il suo, un uomo che ha subito la brutalità della prigionia nelle mani dei sovietici, l’indigenza e il disprezzo dopo che, una volta scappato dalla prigionia, è ritornato libero.

Nella Germania dell’immediato dopoguerra sono tante le ombre che si allungano sul ritorno alla normalità. E soprattutto a comandare non sono i tedeschi ma gli alleati vincitori: americani, russi e inglesi, tutti pronti a compiere qualsiasi azione pur di prevalere sulle altre forze. Gli americani, alleati con gli inglesi, in nome di un nuovo nemico chiamato “comunismo”, sono pronti a passare sopra con grande facilità agli orrendi crimini perpetrati dal nazionalsocialismo. Nonostante la sua disillusione, però, Gunther mantiene saldi i suoi principi e ideali di giustizia e non è disposto ad accettare questa linea. In un contesto in cui diventa impossibile distinguere l’uno dall’altro, il giusto dallo sbagliato, lui è contrario a ogni forma di indulgenza nei confronti dei propri connazionali autori di crimini di guerra, non giustifica chi ha “eseguito gli ordini”, non ammette l’amnistia, il colpo di spugna auspicato dai nuovi governanti della Germania Federale in accordo con gli occupanti per permettere alla neonata nazione di risollevarsi al più presto ed ergersi a baluardo contro il pericolo sovietico.

«Sono stato nelle SS. Ma questo non vuol dire che non tenga alla giustizia, Herr Doktor. Uomini che hanno assassinato donne e bambini meritano la prigione. La gente ha bisogno di sapere che gli errori vengono puniti. È questa la mia idea di una Germania sana».

L’uno dall’altro, pag. 108

Nel suo ufficio di Monaco, dove è ripartito con l’attività di investigatore, viene incaricato di cercare un uomo, Friedrich Warzok, che era stato per qualche tempo comandante di un campo di lavori forzati vicino al ghetto di Leopoli. Un posto che si chiamava Janowska dove furono perpetrati crimini efferati contro gli ebrei. A cercarlo è la moglie che, dice, volendosi risposare ed essendo cattolica, ha bisogno di avere la certezza che l’uomo sia morto, ma che potrebbe invece essere fuggito in Sud America grazie alla copertura della CIA.

Bernie, suo malgrado si troverà coinvolto in una sottile e complessa macchinazione tesa ad aiutare alcuni medici, criminali di guerra nazisti, ad espatriare negli Stati Uniti, con la collaborazione della C.I.A, al fine di consentirgli la prosecuzione di esperimenti su cavie umane. Quando Bernie Gunther se ne renderà conto sarà troppo tardi e la lotta per la propria sopravvivenza e l’affermazione dei principi di giustizia ai quali, nonostante la guerra ancora crede, lo porterà a scelte estreme.

Certo, avevo sentito dei processi ai medici nazisti. Ricordavo la sorpresa che avevo provato per il fatto che gli Alleati avessero ritenuto opportuno impiccare il presidente della Croce Rossa tedesca… almeno fino a quando lessi di come aveva condotto esperimenti di sterilizzazione, e costretto degli ebrei a bere acqua di mare. Molte persone – la maggior parte della gente, inclusa Kirsten – si erano rifiutate di credere alle prove presentate al processo. Kirsten sosteneva che le fotografie e i documenti presentati durante i quattro mesi del processo fossero stati falsificati all’interno di una grande mistificazione volta a umiliare ancora di più la Germania. Che testimoni e vittime che erano sopravvissute avessero tutti mentito. Io stesso avevo trovato tutto questo difficile da capire: che noi, forse la nazione più civilizzata al mondo, potessimo aver fatto cose così spaventose in nome della scienza medica. Difficile da capire, sì. Ma non difficile da credere. Dopo la mia esperienza personale sul fronte russo, ero arrivato a credere il genere umano capace di un grado illimitato di disumanità. Forse proprio questo – la nostra profonda disumanità – è ciò che ci rende più di tutto umani. Cominciavo a capire cosa stava succedendo. Avevo ancora una domanda su cosa avessero in mente Gruen e Henkell. Ma era un tipo di domanda di cui sapevo dove trovare la risposta

L’uno dall’altro, 295

Come per tutti i romanzi di Kerr, anche qui la ricostruzione storica è minuziosa e precisa: dalle procedure agli uffici, dagli aspetti organizzativi dei vari organismi che operavano in Germania prima, durante e dopo la guerra, alle organizzazioni degli alleati, l’aderenza alla realtà è totale, frutto di una conoscenza della materia davvero impressionante. Poi, naturalmente, si apprezza la capacità dello scrittore di mescolare personaggi storici a personaggi inventati, che si muovono all’interno di un’indagine molto verosimile che restituisce una fotografia implacabile e senza edulcorazioni di quello che accadeva in quei tristi anni. Per certi aspetti, e per la maggior parte del romanzo, è come leggere un libro di documentazione storica sugli orrori perpetrati dai nazisti.

All’inizio il racconto senza procedere senza continuità, ma pagina dopo pagina, i particolari cominciano a concatenarsi, e gli eventi scorrono verso gli sviluppi attesi. Tra dialoghi serrati, indagini poliziesche, incontri ambigui, Gunther ci mette a parte delle sue riflessioni, dei dubbi e dei tormenti che lo assillano, spingendo il lettore a porsi, a sua volte, molte domande di natura etica.

Un altro romanzo di Kerr che non delude e che sa come coinvolgere il lettore.

Qui potete leggere l’incipit.

Nato nel 1956 a Edimburgo, Philip Kerr ha esordito con Violette di marzo, pubblicato nel 1989 e primo capitolo della trilogia berlinese, grazie alla quale ha collezionato una lunga serie di premi e riconoscimenti e viene considerato un maestro del giallo. È inoltre autore di numerosi romanzi di successo. Amato dai giallisti, dai grandi autori letterari, dai divi del cinema, è scomparso precocemente nel 2018. Fazi Editore ha pubblicato l’intera trilogia: Violette di marzo (2020), Il criminale pallido (2020) e Un requiem tedesco (2021).