In questi giorni sto leggendo il romanzo Fellowship Point di Alice Elliott Dark (NN Editore): un bellissimo romanzo, stratificato, profondo, con molti riferimenti letterari e con molte riflessioni sul senso della vita, dell’amore, dell’amicizia. Presto posterò la recensione ma oggi mi premeva condividere una riflessione legata all’arte della scrittura.
Tra i tanti rimandi letterari disseminati tra i capitoli vi è anche la famosa “teoria dell’iceberg” di Hemingway. L’autore suscita pareri molto contrastanti in merito ad alcuni aspetti della sua narrativa ma credo che rispetto allo stile ci siano pochi dubbi sulle sue capacità e sull’innovazione che ha rappresentato. Aspetti formali che oggi si danno per assodati sono in realtà passati attraverso la sua creatività. Al pari di altri milestones come il principio “show don’t tell” e la teoria della pistola di Checov.

Veniamo alla “teoria dell’iceberg” di Ernest Hemingway: si tratta di un precetto di scrittura attribuito all’autore e divenuto una delle regole imprescindibili da seguire per chi vuole scrivere una storia. Come tutti sappiamo, la caratteristica dell’iceberg è che si vede in superficie soltanto la punta di ciò che rimane sott’acqua. Applicando lo stesso concetto alla scrittura si delinea un processo che procede per omissione. Significa che quando si scrive un racconto, una storia, non si deve dire tutto, anzi: bisogna fare in modo che il lettore intuisca e percepisca anche quello che non si trova scritto sulla pagina. Perché in qualche modo c’è, anche se non è presente direttamente.

Questa teoria deve probabilmente molto al fatto che Hemingway fosse anche un giornalista e dunque abituato ad esprimersi in uno spazio limitato in cui però dovevano risaltare le cose fondamentali. E infatti lo stile che possiamo definire minimalista è proprio la sua cifra narrativa. Nelle sue storie c’è sempre di più di quello che un lettore può leggere. La storia è costruita mediante le azioni, la trama, i dialoghi, brevi descrizioni e questo è come la parte emersa dell’iceberg; ma il grosso, ciò che rimane sotto l’acqua, sono il tema, il sottotesto, i simboli, i sentimenti, le intenzioni.

Uno stile che personalmente amo molto perché porta il lettore dentro la storia e gli lascia lo spazio per riempirla con la sua immaginazione.

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