La Siberia, la sterminata regione asiatica che a partire dal XVI secolo è diventata parte integrante prima dell’impero zarista, poi dell’Unione Sovietica e, oggi, della Federazione Russa, si è guadagnata la sua sinistra fama di luogo di dolore e di morte nell’Ottocento, dopo la sua trasformazione in meta di deportazione ed esilio per criminali comuni e oppositori politici, e nel Novecento, in quanto desolata e gelida scena del crimine del Gulag “rosso”.
La Siberia è un territorio dell’Asia settentrionale, che si estende, in longitudine, dal piede orientale dei monti Urali fino alle rive del Pacifico e, in latitudine, dalle catene dei monti Altaj e dei monti Saiani fino alle rive del mare Artico, territorio tutto compreso nella Russia, di cui copre il 75% della superficie, visto che si estende su 13,1 milioni di km quadrati. Enorme, ma poco abitata: ha infatti 3 abitanti per km quadrato.
Il limite meridionale corrisponde al confine della Russia con la Mongolia e con la Manciuria cinese, mentre tra il monte Beluha (Altaj) e gli Urali il limite è segnato all’incirca dal confine settentrionale del Kazakistan. La costa del mare Glaciale Artico si articola in numerose insenature, soprattutto in corrispondenza delle foci dei fiumi, e in accentuate penisole, come quella di Jamal, di Gyda e del Tajmyr; appartengono alla Siberia anche l’arcipelago della Terra del Nord (Severnaja Zemlja), quello della Nuova Siberia e più a oriente l’isola di Wrangel.
Sul fronte del Pacifico, dopo la penisola dei Čukči, che protende sullo stretto di Bering il capo Deznëv, si trova la lunga penisola di Kamčatka, continuata dall’arcipelago delle isole Curili che circondano e chiudono il mare di Ochotsk, e l’isola di Sachalin che è separata dal continente dallo stretto dei Tartari, attraverso il quale, come attraverso lo stretto di La Pérouse, si penetra nel mare del Giappone.
La vita è difficile in Siberia: d’inverno la temperatura può spingersi fino a -60° C e le estati sono tiepide, ma brevi. La durata del giorno varia dalle 21 ore di metà luglio, alle 3 ore di dicembre, nella zona più a nord della regione. In Siberia si trova la città di Yakutsk, la più fredda sulla Terra. La temperatura media di gennaio è di circa -42 °C, con sole 3 ore di luce solare al giorno, e in alcuni villaggi arriva a -47 °C. Ma d’estate si riscalda fino a 30°C. Il punto più alto della Siberia si trova nella penisola della Kamčatka ed è un vulcano. Il Klyuchevskaya Sopka è un luogo sacro per gli abitanti della regione, convinti che quello sia il posto dove la Terra ha avuto inizio. Con i suoi 4.750 metri di altezza è alto poco meno del Monte Bianco. Tra i luoghi segreti della Siberia, c’è la Buriazia, una regione montuosa a cinque fusi orari est di Mosca. È una Repubblica buddista (religione praticata dal 60% degli abitanti), con un complesso di templi nei pressi della capitale Buryat. I buriati sono una delle tribù mongole della Siberia.
Il Lago Baikal, patrimonio mondiale dell’UNESCO nella Siberia orientale, è il lago più profondo del mondo (1.642 metri), contiene circa il 20% di tutta l’acqua dolce del pianeta ed è uno dei laghi più ricchi di biodiversità. Da gennaio ad aprile il ghiaccio di questo “mare interno” è così spesso che è possibile anche per i mezzi pesanti.
Molta della letteratura in cui è protagonista la Siberia si rifà alla sua triste fama di luogo di confinamento e detenzione. Vediamone alcuni.
Romanzo scritto nel 1861 al termine della pena scontata in Siberia. Un’opera in parte autobiografica e ispirata alle condizioni che l’autore visse in prima persona in carcere. Scritto nella forma avvincente e incalzante del diario, lo scrittore russo, nella prefazione del manoscritto, si attribuisce la paternità di una confessione di un recluso immaginario accusato di aver ucciso la moglie. Intanto gli altri carcerati che popolano le celle, ma anche i carcerieri, vengono splendidamente descritti, tanto da far emergere la loro nascosta umanità, i loro sentimenti più profondi, i loro intimi segreti o tragiche colpe. Un libro che riflette sulla condizione umana, sulla speranza, sulle ingiustizie, sul senso profondo della libertà, ma soprattutto tenta di comprendere il destino dell’essere umano e per il quale Tolstoj disse: «un modello dell’arte superiore, religiosa, proveniente dall’amore di Dio e del prossimo». Con un saggio di Leone Ginzburg.
A proposito di Dostoevskij e del suo esilio siberiano, vi consiglio il romanzo di Jan Brokken, sull’amicizia tra Alexander von Wrangel e Fëdor Dostoevskij. Qui trovate la mia recensione.
La casa dei morti. La Siberia sotto gli zar: Daniel Beer traccia una storia della Siberia come terra di contenimento e reclusione che ha i tratti di una discesa agli inferi, dove a suggestive descrizioni di paesaggi e preziose notazioni antropologiche, si alternano potenti scorci socio-politici e racconti di vite eroiche e miserabili, di episodi di sublime virtù e di sordida abiezione. Fulcro dell’analisi è il progressivo disfacimento di un sistema penale basato sull’esilio e il lavoro forzato, e minato dall’insanabile contraddizione tra le esigenze di una colonizzazione che avrebbe potuto, specie con le scoperte e gli strumenti della modernità, sfruttare al meglio le enormi ricchezze naturali della regione e quelle, opposte, di un sempre più traballante regime carcerario.
Il grande e famosissimo romanzo autobiografico di Solzenicyn che ha svelato la realtà delle isole del Gulag; isole che formavano un invisibile arcipelago, popolato da milioni di cittadini sovietici. Dal Circolo polare artico alle steppe del Caspio, dalla Moldavia alle miniere d’oro della Kolyma in Siberia, le “isole” del Gulag – l’organismo che gestiva i campi d’internamento nell’Unione Sovietica – formavano un invisibile arcipelago, popolato da milioni di cittadini sovietici. Nei Gulag è vissuta o ha trovato fine o si è formata un’”altra” Russia, quella di cui non parlavano le versioni ufficiali. In un fitto intreccio di esperienze dirette, di apporti memorialistici, di minuziose ricostruzioni dove non un solo nome o luogo o episodio è fittizio, «Arcipelago Gulag» racchiude una tragica cronaca di quella che è stata la vita del popolo sovietico “del sottosuolo” dal 1918 al 1956. Un’opera corale che ha visto la luce per la prima volta a Parigi nel 1973.
Racconti spesso molto brevi, dedicati a un qualche “caso” della vita quotidiana nella funesta regione dei lager della Kolyma: un’occasione di abbruttimento, depravazione, assurdità, barbarie, abiezione, pietà, solidarietà, coraggio, lotta per la sopravvivenza, resa, morte; una qualsiasi delle occasioni che hanno segnato il destino di milioni di esseri umani (decine di milioni: non conosceremo mai il loro numero) nella Russia sovietica. Nulla riscatta l’orrore di questo macabro mondo, neanche la natura, che con la sua asprezza sembra allearsi con gli aguzzini per facilitarne il compito, una natura maligna che ruba le ultime briciole di umanità. Eppure a quella natura Salamov sa dare anima in subitanei, velocissimi squarci visionari, e la cosa crudele che circonda i prigionieri prende vita e testimonia di una lotta tra forze primordiali in cui l’uomo è soltanto timida comparsa.
Salamov ha raccontato la sua esperienza diretta anche in “Visera“: arrestato nel 1929 per “propaganda e organizzazione sovversiva”, fu infatti condannato a scontare tre anni di lavori forzati in uno dei primi lager sovietici, quello di Visera, nel Nord degli Urali.
viaggio in una delle ultime badland rimaste al mondo, un luogo pieno di fantasmi, gulag e sopravvissuti, radunatisi tutti – sembra – lungo i 2000 chilometri dell’autostrada della Kolyma. Bader ascolta e ci riporta gli incantevoli, talvolta devastanti, racconti che hanno condotto i suoi “compagni di viaggio” in questa terra “benedetta”. Ne scaturisce un libro sui discendenti dei prigionieri che riescono a malapena a vivere, sui truffatori, i veterani, i commercianti di ferro, i politici corrotti e la criminalità organizzata… Qui trovate la mia recensione.
Nella Kolyma è anche ambientato un famosissimo thriller/spy story: “Le montagne ghiacciate di Kolyma”. Uno scienziato morente, imprigionato in un laboratorio sovietico perduto in un’immensa e desolatissima Siberia, fa pervenire un disperato messaggio in codice a Johnny Porter, indigeno canadese del popolo Gitskan, erudito, scienziato e profondo conoscitore dei dialetti siberiani: lo supplica di raggiungerlo in segreto, a tutti i costi, lui, lui solo. E Porter, agente dei servizi segreti americani, accetta la sfida; compie un viaggio impensabile, rischia la vita per un segreto cifrato e poi tenta la più grande fuga di tutti i tempi, quasi impossibile.
Questa è la storia di un viaggio come nessun altro: Jacek Hugo-Bader si avventura attraverso la Siberia, da Mosca a Vladivostok, in pieno inverno. Viaggiando da solo su una jeep russa modificata, attraversa un continente che è grande due volte e mezzo l’America, pieno di banditi e dove le strade lo sono solo di nome. Lungo la sua odissea, Hugo-Bader scopre grandi tragedie umane, ma anche un inatteso humour nero tra i pastori di renne, le tribù nomadi, gli ex hippy, gli sciamani, i senzatetto e i seguaci di alcune delle molte religioni arcane che ancora fioriscono in questa terra isolata e incredibile. Qui trovate la mia recensione.
A Ekaterinburg, dove è stato ucciso lo zar Nicola II con la sua famiglia, inizia il viaggio di Thubron in Siberia, attraverso la Mongolia e poi a Est verso il Pacifico muovendosi tra i popoli che più hanno risentito della fine del regime comunista e della frantumazione dell’impero sovietico. Thubron ha incontrato buddisti e animisti, sette cristiane, comunisti e reazionari, ha visitato il villaggio di Rasputin, le tombe degli antichi Sciti e il Bajkal, il lago più profondo del mondo.
Un libro diverso, che parte da una scelta personale: la decisione di vivere in Siberia un periodo di stacco totale dal proprio mondo. Un noto scrittore e viaggiatore ha deciso di lasciare Parigi. Saluta gli amici, la fidanzata, il lavoro e gli impegni. Per sei mesi andrà a vivere in totale isolamento nelle foreste della Siberia, in una capanna di pochi metri sulle sponde del lago più antico del mondo, a 120 chilometri di distanza dal primo villaggio abitato, senza vicini di casa né strade di accesso. Lo attende una solitudine differente da quella del navigatore o dell’alpinista che attraversano paesaggi e scenari: nei boschi ghiacciati l’uomo sta fermo e viaggia dentro se stesso, e la natura si gode lo spettacolo. E poi ci sono i libri, davvero insostituibili.
Quando si parla di Siberia, viene in mente la mitica strada ferrata: la Transiberiana, voluta dallo zar Nicola II e realizzata in meno di 15 anni grazie all’opera di 90 mila uomini, in gran parte deportati ai lavori forzati. Nel 1887 l’inaugurazione dei lavori veniva celebrata a Vladivostok e avviata contemporaneamente anche a Mosca. Nel maggio del 1891 i treni sferragliavano già lungo il primo tratto, mentre nel 1900 la Transiberiana veniva presentata ufficialmente all’Esposizione Universale di Parigi. Ci vuole una settimana intera per percorrere la celebre ferrovia Transiberiana, che si estende da Mosca a Vladivostok, lungo 9.198 km. L’intero percorso attraversa sette fusi orari, 87 paesi e città e 16 grandi fiumi. In tutto il treno fa… 1000 fermate!
Ancora oggi questa ferrovia costituisce la spina dorsale russa, l’arteria dalla quale arrivano a Mosca tutte le ricchezze delle miniere della Siberia, con un tragitto che attraversa i territori di diversi gruppi etnici ufficiali, riconosciuti dalla Federazione Russa dopo il disfacimento della vecchia Urss nel 1991. Come quello dei tatari, originari della Turchia
Sono stati scritti molti reportage e diari di viaggio della Transiberiana o della Transmongolica, la linea ferroviaria lungo la Mongolia che si dirama dalla Transiberiana, con la quale è possibile raggiungere Ulan Bator attraverso il deserto del Gobi, e poi fino a Pechino; vediamone alcuni.
Un lungo viaggio da Mosca a Vladivostok sui treni della leggendaria Transiberiana per andare a vedere cosa c’è oltre gli Urali. Mentre le giornate scorrono pigramente a bordo del treno, sfilano dal finestrino le città siberiane sopravvissute alla seconda guerra mondiale. Soste di pochi giorni o poche ore diventano occasioni per entrare in contatto con culture e tradizioni affascinanti. E gli incontri si moltiplicano: bellissime donne dagli occhi a mandorla, nostalgici del comunismo e sostenitori del nuovo ordine, un cuoco stagionale che ha trovato lavoro a seimila chilometri da casa e un ex combattente della prima guerra cecena. Giunti infine sul mar del Giappone non resterà che tornare indietro riportando testimonianze, impressioni e colori di un viaggio nel cuore e nella periferia del più grande paese del mondo che ancora oggi rimane in gran parte sconosciuto.
Il treno è verde, con un cartello in caratteri cirillici e cinesi che riporta la città di partenza, Mosca, e quella di arrivo, Pechino. In mezzo, c’è un mondo selvaggio, quelle regioni estreme raccontate da esploratori e pionieri, territori vasti ed enigmatici, sul filo del sogno. Il treno è un ponte lunghissimo che attraversa la taiga siberiana, le steppe mongole, il deserto del Gobi, superando il remoto confine tra le regioni di Gengis Khan e il paese più popoloso del mondo, la Cina. Passando da una civiltà pressoché immutata nei secoli a una dimensione avveniristica e tecnologica. Il treno è una casa in movimento, che ospita passeggeri stravaganti e ombre del passato. Mauro Buffa ci racconta questo insolito viaggio in treno (più la digressione in Mongolia, sceso dal convoglio) in cui ha incontrato russi post sovietici, babuske infreddolite, pastori nomadi maestri dell’essenzialità; ha brindato con la vodka insieme agli occasionali compagni di scompartimento, ha trovato ospitalità nelle gher, mangiando carne di montone e bevendo tè salato, lasciandosi incantare dagli spazi infiniti ancora non contaminati dall’uomo.
Dalla cima dei monti Urali alle profondità del lago Baikal, la gelida Siberia è capace di avvolgere il visitatore in un calore inaspettato, grazie all’accoglienza dei suoi abitanti. Per molti attraversare due continenti via terra, viaggiando su una ferrovia lunga diecimila chilometri, è il sogno di una vita: questa guida vuole essere uno strumento per dare a tutti la possibilità concreta di percorrere la Transiberiana, scoprendo lungo il tragitto i segreti della Russia più profonda e misteriosa.
Per quanto riguarda la narrativa, vi consiglio due libri.
Il romanzo di Rosa Liksom, “Scompartimento N.6“, del quale trovate qui la mia recensione.
E il romanzo/memoir di Sergej Lebdev, “Il confine dell’oblio“, del quale trovate qui la mia recensione.
Ah la Siberia! Sto scrivendo le mie “memorie” 😀😀solo che io e Maria siamo arrivate solo fino a Novosibirsk!!! Ne ho letti molti dei libri che citi e sono affascinanti per Molti motivi! Bravissima come sempre
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Beh, caspita, un bel viaggio il tuo!! Aspettiamo le tue “memorie”…. Grazie, sei sempre molto squisita!
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È solo quello che penso
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Ecco un’altra terra che mi affascina molto… sarà che gli ambienti freddi li preferisco a quelli tropicali 😉
(Non c’entra con il post, ma non sono riuscita a trovare una mail a cui scriverti sul tuo blog e lo faccio qui: ho ricevuto una proposta di collaborazione da una redattrice editoriale (per piccole case editrici e per l’autopubblicazione). Si tratta di segnalare le nuove uscite e, quando un libro mi interessa, recensirlo dopo averne ricevuto copia omaggio.
Se non sbaglio è una cosa che fai anche tu, e vorrei chiederti se, una volta deciso di collaborare, si possono lanciare le segnalazioni quando lo si ritiene opportuno o se la norma è segnalare sempre i libri che ti vengono girati con la cartella stampa.
Le recensioni sono a mia discrezione, ma non tutto ciò che mi viene proposto lo approvo; perciò mi sto chiedendo se ha senso accettare e dedicare un post solo e soltanto a quei testi che mi convincono tra quelli proposti – o se significa prendersi troppo spazio.
Perdona l’invasione, ma non voglio impelagarmi in una cosa che poi non mi va di portare avanti! Buona serata 🙂 )
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Allora, andiamo con ordine.
Sul blog non ci sono mail, vero, ma c’è un modulo di contatto che mi arriva via mail, e da lì poi posso rispondere. Questo lo dico per eventuali altri lettori che vogliono mettersi in contatto con me. E anche per te, per il futuro.
Per quanto mi riguarda, non ho alcuna collaborazione editoriale in atto. Ricevo moltissime proposte da case editrici, da uffici stampa e da autori; proposte che mi fanno piacere, ma che non accetto in toto, e anche quando le accetto, non sono vincolate da nessun accordo.
In generale, non accetto autori auto-pubblicati, preferisco che dietro ci sia sempre uno sforzo editoriale di mercato. Non prendo in considerazione CE a pagamento, o a doppio binario. Scelgo, e sottolineo scelgo, le proposte che ritengo valide, e che incontrano i miei interessi, non garantendo la recensione, e, nel caso poi faccia una recensione, chiarisco che potrebbe essere positiva come negativa.
Come sai, ho una rubrica che si chiama Bookshelf, nella quale faccio delle segnalazioni. Nella stragrande maggioranza dei casi, sono segnalazioni autonome, non proposte; mi è capitato di utilizzare quella rubrica in due occasioni, dove il libro mi sembrava interessante, ma non avevo materialmente il tempo per leggerlo, se non dopo molto tempo dal suo arrivo in libreria.
In generale, io preferisco mantenere la mia autonomia anche se, di fronte a proposte che avrei comunque preso in considerazione, accolgo volentieri il testo che mi viene presentato. Questo sia che provenga da CE che da autori.
Sono scelte personali, devi valutare tu come preferisci muoverti.
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Ti ringrazio molto, ora saprò regolarmi già meglio. E scusami ancora se ho usato questo canale – colpa mia che sono orba…il modulo non l’ho proprio visto!
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Una precisazione: considerando tutti i libri che ho letto e recensito negli ultimi dodici mesi, solo quattordici sono proposte giunte dall’esterno. Gli altri sono tutti acquisti fatti da me.
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Non so se ti sia mai capitato di vedere il film L’educazione siberiana, credo tra l’altro tratto da un romanzo, te lo consiglio vivamente
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Lo conosco, ma non ho inserito il libro perché non è ambientato in Siberia, ma in Transnistria, in Moldavia. Il libro ha suscitato molte critiche, in merito ala veridicità e alle molte incongruenze che contiene. Al di là però delle polemiche, rimane che non si svolge in Siberia.
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