La cosa peggiore, che è ciò che volevo raccontare sin dall’inizio di questa storia, è che cominciammo ad avere paura di Yerka. Ma non la paura naturale che si può avere di un cane, paura che ti morda, che ti trasmetta la sua rabbia feroce o questo genere di cose. Si trattava di un altro sentimento: evitavamo di guardarla negli occhi, temevamo di riconoscerci qualche spirito cattivo, di trovare nel fondo di quell’animale uno spirito infranto. Ed è terribilmente triste avere paura di qualcuno che hai amato tanto. Di tutte le cose di questo mondo, vi giuro che questa è la più triste. (Cagne e soldatini, pag. 52)
Ricomporre amorevoli scheletri, di Giovanna Rivero, gran vía edizioni 2020, coordinamento delle traduzioni diretto da Matteo Lefèvre, pagg. 285
Ho letto questa raccolta di racconti nell’ambito di un progetto di lettura di autrici dell’area latino-americana, di quella area linguistica, cioè, che si esprime attraverso il castigliano e che rintracciamo nei paesi centro e sud americani, così come nell’area caraibica. Una vasta zona, con tante caratteristiche e peculiarità specifiche, in cui però – tra le tante – spicca una comune originalità: le voci femminili che si esprimono attraverso la misura del racconto, terreno facilmente scivoloso se non padroneggiato bene, ma estremamente efficace quando utilizzato con maestria.
Queste letture – una volta portato a termine il percorso che mi sono prefissa – verranno raccolte in un post riassuntivo, in cui le potrete trovare inquadrate in un discorso più generale. Il progetto è partito in comune con Claudia, autrice del blog Il giro del mondo attraverso i libri, per cui vi suggerisco di andare a vedere anche le sue letture, perché anche laddove sono in comune, sono però interpretate secondo il personale punto di vista di ciascuna di noi.
Veniamo a questo volume, un progetto originale e inedito della casa editrice gran vía, specializzata in narrativa spagnola e sudamericana, che propone quindici racconti tra i più rappresentativi di Giovanna Rivero, tradotti per noi da un team di traduttori che si sono formati nel laboratorio “Tradurre la narrativa breve”, organizzato dalla casa editrice, e coordinati da Matteo Lefèvre, a cui si deve anche la scelta dei racconti tra i tanti della produzione di Rivero.
In Rivero le fantastiche ambientazioni gotiche sono una cornice, o meglio, un pretesto, in cui collocare delle realtà e delle verità devastanti; la sua scrittura è come un precipizio in cui si cade a rotta di collo, senza possibilità di fermarsi, a cui ci si abbandona in preda alla vertigine, con quella specie di malessere che ti prende allo stomaco e che, allo stesso tempo, ti fa girare la testa per la sensazione di ebbrezza. Facendo leva su quelle che possiamo definire delle paure collettive, Rivero si addentra in situazioni che si vorrebbero rimuovere, ignorare e che invece ci vengono sapientemente e spietatamente sbattute in faccia.
Una scrittura che non saprei come definire se non abissale. Rivero padroneggia perfettamente il suo stile che spinge la realtà verso il suo limite, fino alle ultime conseguenze, fino a quell’ultimo step prima del trabocco, prima che tutto sfugga per sempre di mano. E magari anche oltre. Il suo è un realismo traboccante, quasi una sfida continua, tra disperazione, follia e desiderio. Ad un passo dall’abisso che tutto può inghiottire, i registri narrativi del gotico e talora del macabro, inchiodano il lettore alla pagina, in un misto di attrazione e repulsione. Ma ci sono anche le suggestioni distopiche, o fantascientifiche, che prospettano realtà alternative, inquietanti e possibili.
I racconti sviluppano alcuni temi in modo quasi ossessivo, temi che ritornano come un filo rosso a legare insieme le pagine, e questi temi sono le passioni, i ricordi tormentati che echeggiano dal passato, i fili che si sono spezzati, le illusioni infrante, le speranze disattese, il disincanto, le fragilità che minano l’esistenza e che producono fratture.
I personaggi che popolano i racconti temono di morire di noia, o di non ritrovarsi nelle loro vite; c’è come un fuoco che, sotto le braci, arde e rischia di bruciare quello che gli si accosta. Brucia durante il viaggio sulla metropolitana di New York, mentre i pensieri ribollono nella mente della narratrice che vuole salvare il suo matrimonio e trafigge il suo corpo con siringhe e ormoni per cercare di concepire mentre è attratta dalla gamba putrescente di un mendicante.
Mi piace guardare la gente, quei volti unici che quasi sicuramente uno non rivedrà mai più (..) volevo sentire la vibrazione dei sussulti, l’elettricità sussidiaria del movimento metallico che mi avviluppava come una madre. Volevo proprio questo, un’elettricità madre in quella cavità multipara che avanzava con tutte le sue creature per lanciarle verso la vita. (L’Uomo della Gamba, pag 7)
Il tema della follia emerge con lucida rassegnazione nel racconto I due nomi di Saulo, mentre la protagonista fa visita al fratello pazzo, alienato nella sua mente traboccante e visionaria, come l’eccesso di acne che deturpa il volto.
Nell’inquietante Yuko, siamo turbati dal racconto in prima persona del folle cannibale, che ripercorre la sua aberrazione mentre sta per essere linciato dalla folla. Il suo sguardo cinico, freddo è come una lama che affonda nelle coscienze.
C’è in queste storie un fascino per le parole, le descrizioni. Nell’opera di Rivero, la lingua è anche giungla, una foresta in cui immergersi e perdersi. E i personaggi si rivelano nel loro rapporto con parole ed espressioni che li marchiano. Nel racconto di Saulo, la follia è ritratta da un certo esame del linguaggio:
Saulo parla in maniera impersonale, separandosi da oggetti, dai segni, dagli affetti. Separandosi da me e al tempo stesso gridando il mio nome dal profondo di quel baratro in cui si è convertito (..) Solo in un secondo momento imparammo il linguaggio insolente e botanico dei medici e capimmo che si trattava di un ‘attacco’, qualcosa di simile a una fioritura improvvisa. Saulo è divenuto questo, un albero molto vecchio con radici profonde che sperimenta stagionalmente nuove fioriture (I due nomi di Saulo, pag. 21-22).
Dentro è la storia di un adolescente, Fabio, che si ritrova a dover fronteggiare la gravidanza di una ragazzina hippy (“una compressa effervescente di vitamina C”). La ricerca del denaro per l’aborto diventa un breve ma intenso percorso di formazione che gli farà sperimentare il dolore. Anche in questo racconto vediamo come Fabio riflette sul rapporto dei suoi genitori, soffermandosi sulle parole:
Amano usare quelle due parole: “funzionare” e “accoppiarsi”. Ora usano la versione dark di quel concetto: “non funzionano”, come se fossero un gadget o un water otturato. Ogni volta che Fabio sente la terminologia tecnico-amorosa dei suoi genitori, pensa a quel tipo di difficoltà, oggetti duri che non sono più plasmabili, simili ad auto ammaccate, con il muso accartocciato come una fisarmonica. (Dentro, pag. 101)
In queste storie c’è una continuità dei corpi, un’interrelazione dei corpi con la terra, l’acqua, gli animali che lo circondano. E se una cosa cambia, tutto vibra, tutto si trasforma. Le sue storie non si leggono solo con gli occhi, ma si vivono con tutti i sensi.
Ogni racconto in questa raccolta funziona come un microcosmo complesso e ciascuno potrebbe essere scritto in modo estensivo, dare vita ad un romanzo. I racconti sono avvolti da un’atmosfera sfuggente, condividono l’ambiguità dei loro finali e la loro qualità di persistere nella nostra memoria; la predilezione per i personaggi strani, folli, oscuri, quelli che si riconoscono diversi dagli altri e le cui esperienze passano attraverso il filtro della frattura o dell’alienazione sociale. Attingono da fonti diverse per suscitare smarrimento e talvolta orrore e sono il perfetto esempio dell’ibridazione e del meticciato di cui si parla spesso quando si cerca di spiegare o sezionare la letteratura latinoamericana. Rivero non crea spazi didascalici, non introduce il lettore nell’antro oscuro del racconto: gli spalanca la porta e lo spinge dentro, obbligandolo ad orientarsi a sue spese, a tenere a bada le sue inquietudini, esattamente come devono fare i personaggi in cui si imbatte, esseri – umani e animali – fratturati, intenti a ricomporre i loro amorevoli scheletri.
I racconti inclusi nel volume:
L’Uomo della Gamba; I due nomi di Saulo; Yucu; Cagne e soldatini; Albumina; Passò come uno spirito; Ritorno; Dentro; La mansuetudine; Margarita; Pesce, tartaruga, avvoltoio; Quando piove, sembra umano; Emily; Pelle d’asino; Viaggio a Broadway.
Vi suggerisco anche la lettura di questo articolo, a firma di Francesca Lazzarato su il manifesto.
Giovanna Rivero è nata a Montero, provincia di Santa Cruz, Bolivia, nel 1972. Scrittrice dal solido percorso letterario, ha vinto il Premio Municipal de Literatura de Santa Cruz con Las bestias (1996), il Premio Nacional de Cuento Franz Tamyo con Dueños de la arena (2005) e, nello stesso anno, il Premio Internacional de Cuento Cosecha Eñe con il racconto Albumina, incluso in questa raccolta. Tra le altre pubblicazioni, ricordiamo Contraluna (2005), Sangre dulce (2006), Niñas y detectives (2009), 98 segundos sin sombra (2014) e Para comerte mejor (2015), da cui sono tratti diversi racconti selezionati per il presente libro. Attualmente Giovanna Rivero vive in Florida.
Bella iniziativa, intanto mi segno questa autrice che non conoscevo 🙂
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E’ stata una gran rivelazione! Devo ammettere che molti suoi racconti mi hanno turbato profondamente. Scavano molto a fondo nelle nostre paure, nei lati oscuri…. brava brava! Una scrittura mai banale.
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Una bella iniziativa!
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Grazie!! Ho dei bei libri in lista… Non vedo l’ora di leggerli! Buon pomeriggio 🤗
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non la conosco, ma mi hai incuriosito, quindi dwvo approfondire! sempre una magnifica recensione!
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Anche per me è una novità…. ne ho diverse sul tavolo, in realtà, perché sto esplorando nuove autrici…..
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e fai bene così ci aggiorni!
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Affascinante la copertina, affascinante il titolo, super affascinante la tua recensione :). Non vedo l’ora di scoprire le tue prossime letture.
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Le autrici che ho selezionato sono davvero sorprendenti… Come si vedrà man mano, hanno molto in comune, in termini di stile e di tematiche…. Buona serata!
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