Il deserto era un’incognita familiare e io ero adeguatamente rispettoso, molto determinato e dannatamente felice di rivedere la stessa cosa che vedevo da vent’anni, e di vederla nuova ogni giorno, sempre uguale ma sempre diversa. (pag. 46)
Lullaby Road, di James Anderson, NN Editore, mia recensione
INCIPIT
Solo un silenzio fugace segnava il passaggio dall’estate all’inverno. Dopo aver vissuto nel cuore del deserto dello Utah gran parte dei miei quasi quarant’anni, di cui venti alla guida di un camion, ero giunto alla conclusione che di fatto esistevano solo due stagioni: una calda e ventosa, l’altra fredda e ventosa. Tutto il resto era solo una variazione sul tema. Una sera, sul tardi, mentre me ne stavo in dormiveglia nel mio letto, capii che quel silenzio significava che la stagione era cambiata.Mi piace pensare di saperne qualcosa, del silenzio. Il vero silenzio è più che assenza di suoni: è qualcosa che si percepisce. Qualche attimo prima un vento costante aveva disperso i rumori residui della sera – il motore di una macchina, le parole dei vicini dietro le porte chiuse, un cane che abbaiava da qualche parte – il solito frestuono ovattato delle vite intorno a me. Poi più nulla, niente di niente, come se il deserto e tutti quelli che lo abitavano fossero svaniti lasciandosi dietro solo un’incurante luce senza stelle.
