La regola fondamentale per evitare che le menzogne si possano incrociare, è mantenere una vita strutturata a compartimenti stagni. La famiglia non doveva mai incontrarsi con l’ambiente universitario, lo stesso i vecchi amici, e questi non dovevano incontrarsi con le nuove conoscenze. (..) E ora, dopo aver basato ogni rapporto, professionale, personale, affettivo, sulla menzogna, il mondo che ho costruito mi è crollato addosso. (..) Sono stato ingannato dalle mie stesse bugie. (Pag. 140)
Nero chiaro quasi bianco, di Pippo Zarrella, Neo Edizioni 2021, pagg. 148
La prima cosa che colpisce di questo libro è ovviamente il titolo, il richiamo ad un colore non-colore, più una zona franca avulsa da certezze, un territorio quasi incolore: quello della menzogna e dell’ipocrisia, ma anche quello dell’illegalità e della truffa.
Come diceva Carlos Ruiz Zafón: “Sono poche le ragioni per dire la verità. Mentre quelle per mentire sono infinite.” Soprattutto se sono remunerative, accattivanti, lusinghiere. E Pippo Zarrella nella sua dark comedy racconta proprio una parabola di vita che si poggia su un castello di menzogne, che fa del cinismo e della truffa un mestiere e uno stile di vita, in un ambiente in cui tutto ciò appare quasi normale, o almeno ineluttabile.
Protagonista del romanzo è l’avvocato Oreste Ferrajoli – la j è una sua invenzione, per rendere più nobile il nome – uno dei tanti che affollano il Foro di Napoli, e che esercita in un lussuoso studio a via dei Mille. Le sue umili origini sono un ricordo rispetto al giro d’affari che è riuscito a mettere in piedi, naturalmente tutto incentrato sul sistema della truffa, principalmente ai danni delle assicurazioni e del Comune di Napoli. Tipo, una signora si rompe una gamba in casa facendo lavori domestici? Basta prenderla, portarla in una delle tante vie dissestate del territorio comunale, inscenare una caduta e chiamare un’ambulanza. Parte subito una causa e tutti gli attori in causa hanno qualcosa da guadagnare. E se proprio uno non vuole cadere in casa, gli si possono sempre spezzare tibie, malleoli, polsi o costole, e mettere in scena un incidente, sempre ai danni dei soliti noti.
Un sistema che si regge su connivenze in larga scala, dove bene o male tutti sono coinvolti e tutti hanno interesse a coprirsi a vicenda, perché i proventi sono molto lucrosi. L’avvocato Ferrajoli è un maestro in questo genere di operazioni, ha la sua cricca di fedelissimi, e un amico d’infanzia, anche lui avvocato, con cui lavora d’ingegno per inventare nuove truffe e con cui condivide serate in locali per scambisti o frequentati dalle più belle escort che il mercato partenopeo mette a disposizione di chi ama la trasgressione. Il nostro avvocato ha una naturale predisposizione alla finzione anche nella vita privata, polarizzata tra la moglie che si è scelto più per lustro che per amore, e una giovane stagista che lo aiuta in studio.
Stavo ore a guardare le file di formiche vicino alle piantine di mamma (..) Era un mondo nascosto che avevo ignorato per tanto tempo. Nessuno lo conosceva fino in fondo. Li osservavo con una piccola lente di ingrandimento uscita come sorpresa da un uovo di Pasqua. Con quella stessa lente mi accorsi che potevo studiarli nei loro particolari ma anche controllarne la vita e la morte. Ero il loro Dio. (Pag. 64)
L’unico vero amore (?) della sua vita sono gli insetti, quelli che ha iniziato a collezionare da bambino, continuando ad arricchire la sua collezione di rarità man mano che la disponibilità economica gli ha permesso di dedicare loro una stanza a studio, affollata di teche e terrari. Solo con loro riesce ad essere se stesso, il vero sé, quello che nessuno conosce. Ma quanto a lungo può durare la finzione? Quanto solido può essere il castello che si è costruito intorno? E soprattutto, da chi può arrivare la spallata che fa tremare fino alle fondamenta la roccaforte?
Considerai quei soldi un trattamento di fine rapporto, una liquidazione per il grande impegno profuso. Li annusai e capii che non volevo essere un avvocato penalista. Non mi interessava essere l’anello di congiunzione tra il bene e il male. Non avevo piacere nel far uscire i cattivi dalla prigione. Non godevo nell’affiancare i pubblici ministeri per far mettere i cattivi al fresco. Ero rimasto folgorato dall’odore del denaro. Era quello che volevo. (Pag. 33)
Il romanzo di Zarrella è una lettura molto scorrevole, di quelle in cui bruci le pagine senza accorgetene, perché la storia è molto coinvolgente, ha tutti gli ingredienti per acchiappare il lettore: un misto di commedia e di crime story, di affresco sociale, di scappatelle e umorismo – nero, per lo più – senza prendersi troppo sul serio ma affondando la lama di un coltello ben affilato nel ventre di una città e di un sistema che eleva l’ingegno truffaldino a sistema economico parallelo e a prassi condivisa. C’è anche una riflessione profonda, che scatta nel finale, e che spinge il lettore verso un terreno più scivoloso e insidioso: cosa siamo disposti a fare pur di salvarci quando non resta più niente intorno a cui aggrapparsi?

Pippo Zarrella, Cava de’ Tirreni, 1986. Avvocato, impegnato nell’associazionismo e nel sociale. Laureato in Giurisprudenza e in Scienze politiche, ha conseguito un Master di II Livello in Criminologia.
Suoi racconti sono stati premiati in diversi concorsi nazionali, tra cui “Concorso Storie di Sport” per il Festival Rocky Marciano, “Premio Letterario Comune di Giugliano”, “Premio Internazionale di Poesia Città di Trieste – Castello di Duino”, “Premio Internazionale Raduga”, “Concorso Dame di Cava de’ Tirreni”, “Concorso UNICEF Castello Doria di Angri”. Nel 2017 vince il contest “Buon compleanno commissario” per il lancio del romanzo Rondini d’inverno di Maurizio De Giovanni.
Ha pubblicato i romanzi Avanzi (FI Editrice, 2013) e Sottopelle (Il Quaderno Edizioni, 2017).
Deve essere davvero interessante…e alternativo. 😁
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Racconta con ironia un certo malaffare…. Ma anche la tendenza di alcune persone di mascherarsi dietro le menzogne.
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