“Scusa, ma ti sembra bello quello che fai? Ti stai prendendo gioco di quel poveretto.”
“Ma no, è solo un gioco, te l’ho detto, un flirt innocente. Gli uomini, sono così prevedibili! Basta saper usare le parole giuste, tenerli un po’ sulla corda, e cascano come pere mature. Sai come mi ci diverto…”
“Mi sembra una cosa crudele. Lui magari crede di piacerti, si illude…”
“È questo il bello. Sapere che hai qualcuno in mano, che te lo puoi giostrare come vuoi… è eccitante. È una forma di potere, in fondo, e io amo il potere.”
Il ferro da calza, pag.62
Il ferro da calza, di Marisa Salabelle, Tarka edizioni 2022, collana Appenninica diretta da Paolo Ciampi e Marino Magliani, pagg. 180
Marisa Salabelle torna in libreria con un nuovo romanzo, un giallo appenninico sulla scia dei precedenti, L’estate che ammazzarono Efisia Caddozzu, e L’ultimo dei Santi (che trovate recensiti sul blog, insieme al suo romanzo storico Gli ingranaggi dei ricordi), in cui ritroviamo il giornalista Saverio Giorgianni, – ottimo fiuto giornalistico e un debole per le bionde con le gambe lunghe – già coinvolto negli altri due casi.

Il delitto attorno a cui ruota l’indagine avviene a Porretta Terme, comune dell’Appennino tosco-emiliano, situato tra Bologna e Pistoia, proprio sulla strada porrettana e sulla linea ferroviaria che collega le due città. Un paesotto di collina che ha ormai alle spalle l’era dei fasti legati alle attività termali, ormai ridotte, e che l’autrice ben descrive: infatti, una delle caratteristiche che contraddistinguono i suoi romanzi è proprio la capacità di rendere l’ambiente in cui i delitti maturano, descrivendolo da tutti i punti di vista, geografici, storici e sociali. La sua formazione di storica le fornisce una marcia in più, e la si vede sia nel metodo che nella sintesi.
Veniamo al caso. Trafitta alla schiena da un ferro da calza, avvolta da un telo da bagno, Marianna Maffucci, bionda bellezza statuaria, ambiziosa attivista della sede bolognese di Amnesty International, viene ritrovata morta nella sua casetta di Porretta Terme – casa ereditata dalla nonna ormai defunta, in cui amava ritirarsi per trascorrere ore di relax – proprio nel giorno in cui, insieme all’amica di vecchia data Ginevra Pelagatti, attivista dell’associazione locale Il granello di senape, avevano organizzato un convegno nella cittadina dedicato ai fatti di Genova del luglio 2001 e alle violazioni dei diritti umani che là erano state commesse.
Il convegno, che si sarebbe tenuto nella sala congressi di Casa Arancio, proprio nel centro di Porretta, il 10 dicembre 2002, alle ore 17, era stato organizzato in grande stile: alla presenza di Francesco Gesualdi, del Centro Nuovo Modello di Sviluppo, dell’Assessore alla cultura del Comune di Porretta e di una rappresentante del Presidente della Regione Emilia Romagna, si aggiungevano Nerys Lee, del segretariato internazionale di Amnesty e gli ospiti Felix Osabuohien, un giovane e talentuoso fotografo di madre italiana e padre nigeriano, e il buon Saverio Giorgianni, giornalista di QN. I due avevano partecipato alle giornate genovesi per realizzare un reportage ma si erano ritrovati coinvolti nel caos che aveva sconvolto la città e avevano riscosso una bella scarica di botte da parte delle forze dell’ordine. Da quella terribile esperienza erano scaturiti un libro scritto dal Giorgianni e una mostra delle foto scattate da Osabuohien allestita nel centro che ospitava il convegno.

Il corpo viene ritrovato dal fidanzato di Marianna, Nicola Baroncini, informatico, impiegato all’aeroporto Guglielmo Marconi, che, insospettito dal ritardo e dalle chiamate non risposte, entra in casa aiutato da una vicina. Nella sala congressi, frattanto, si ritardava l’inizio dei lavori nell’attesa della comparsa dell’avvenente Marianna: chi ben la conosceva pensava ad una tattica, per entrare quando tutti fossero già seduti e attirare così su di sé tutti gli sguardi, mossa tipica della sua personalità narcisistica, egocentrica e maniaca del potere sugli altri.
Ma la poveretta ormai non poteva più stupire nessuno… Giunti presso la sala convegni, due poliziotti interrompono il convegno appena iniziato: negli astanti serpeggia lo stupore. A partire dalla frastornata Ginevra che aveva provato, senza successo, a chiamare l’amica al telefono visto che la attendeva ormai da mezz’ora.
E così le indagini prendono l’avvio: vista la rilevanza del caso e la notorietà delle persone coinvolte la Questura di Bologna decide di prendere in carico il caso, affidandolo al commissario Fabrizio Vignoli e all’ispettore Marina Silvestri, coordinati dal magistrato Teresa Pedrelli, che iniziano subito i colloqui con le persone che conoscevano la vittima, a partire dal fidanzato, dall’amica Ginevra e dai due ospiti, Giorgianni e Osabuohien.
Senza entrare nei dettagli per lasciare intatto il piacere della scoperta, anche in questo caso la prima cosa da dire è che spesso le cose non sono come sembrano e che andando a scavare saltano sempre fuori delle sorprese.
Mentre il commissario e l’ispettore interrogano le persone coinvolte, si delineano i caratteri, le abitudini e i segreti che ognuno custodisce, a partire dal fidanzato della Maffucci. E dalla stessa vittima…
I rapporti tra Marianna e il fidanzato rivelano alcune zone d’ombra così come l’amicizia con Ginevra, che potrebbe nascondere un risentimento nei confronti di Marianna. Lei così poco appariscente, all’ombra di una donna bella e volitiva, a cui nessuno sa resistere; l’una che vedeva l’attività delle associazioni come una missione, l’altra come un trampolino di lancio per la carriera. Man mano che le indagini proseguono però emergono relazioni e amicizie nella vita della vittima e i sospetti si moltiplicano.
Marianna arrivò alle sette e venti, fresca come una rosa, attraversò la piazza senza fretta, in modo che ogni passante, barista o negoziante presente in quel momento potesse ammirare il suo vestitino sbracciato, aderente sui fianchi, le sue gambe lunghe, il passo elastico, i capelli color del grano. Saverio la guardò arrivare, il volto inespressivo da statua greca, bellissima, impenetrabile. Che donna!
Il ferro da calza, pag. 48
Il buon Giorgianni – che nel frattempo si barcamena nella gestione dei figli e del complicato ménage con le sue ex – si butta a capofitto nel caso: il suo fiuto giornalistico e la sua innata curiosità sono subito sollecitati e con l’aiuto dell’amico Felix, di Ginevra e dell’ispettore Marina Silvestri, ottiene informazioni importanti sulla bella Marianna, con cui durante i preparativi per l’organizzazione del convegno, aveva tentato un approccio. Tentativo che si era rivelato un insuccesso ma che era bastato a fornirgli elementi per farsi un’idea sulla Maffucci.
Le pagine del romanzo scorrono veloci perché l’autrice è molto brava a disseminare indizi che stuzzicano la fantasia del lettore – tenete a mente le citazioni in esergo -; il flusso narrativo procede su due binari, alternando il presente dei fatti, al passato dei protagonisti, scavando nelle loro vite. Il plot è rafforzato da capitoli in cui Salabelle approfondisce le personalità dei vari protagonisti. Come sempre per capire chi potrebbe essere il colpevole, quale motivazione potrebbe avere scatenato la sua efferata reazione, bisogna scardinare le difese e le reticenze, e non fidarsi di ciò che sembra scontato.
Qui potete leggere l’incipit del romanzo.
“Non si sa mai, mia cara, l’animo umano è insondabile. D’altra parte, il movente di un delitto viene sempre per ultimo: prima si indaga sui fatti, sugli spostamenti delle persone, sugli alibi, poi, se si intuisce che qualcuno ha avuto la possibilità di commettere il crimine, allora ci si comincia a interrogare sul motivo per cui avrebbe dovuto farlo.”
Il ferro da calza, pag 65

Che meraviglia! La prima recensione in assoluto! Pina, sei meravigliosa…
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Complimenti Marisa, la tua penna mi ha tenuto in ostaggio anche questa volta…. letto tutto d’un fiato.
Mettetelo in valigia, vi farà buona compagnia in vacanza!
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Sei un amore…
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Magari anche… Ma più che altro sei tu che sei brava… 👏👏👏
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Bella recensione che rende il libro da non perdere… E, visto che lo spazio per parlare dei libri è sempre aperto, ti chiedo: conosci un romanzo ambientato nella Turchia degli anni ’60? Ti ringrazio in anticipo
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Grazie Silvia. Posso consigliarti Il signor Cevdet e i suoi figli di Orhan Pamuk, una saga familiare che parte da inizio secolo e arriva fino agli anni Settanta.
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Perfetto, grazie 🙏
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👏👏👏
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Marisa salabelle è una certezza! Lo leggerò prestissimo.
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E fai bene 👍👍
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Lo sto leggendo in questi giorni, e la tua focalizzante recensione impreziosisce la lettura.
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Grazie e buona continuazione!
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