Negli anni a venire si sarebbe spalancato l’abisso della transizione postcomunista, che li avrebbe costretti a vendere l’appartamento e a rifugiarsi in campagna. Molte delle loro cose ormai vecchie sarebbero state gettate nel cassonetto oppure regalate ai vicini. Sarebbe stato come rinunciare a una parte di se stessi.
Prima che Brežnev morisse, di Iulian Ciocan, Bottega Errante edizioni 2022, traduzione dal romeno di Francesco Testa, pp.138
L’epoca è il crepuscolo del decrepito regime di Brežnev, il luogo la Repubblica Socialista Sovietica di Moldavia: la periferia latina dell’Impero. La Repubblica di Moldavia è racchiusa tra Romania e Ucraina, la capitale è la città di Chișinău e la lingua ufficiale è il romeno. Venne occupata dall’Unione Sovietica nel 1940, nell’ambito del patto Molotov-Ribbentrop, ma fu successivamente occupata dalle truppe dell’Asse nel 1941 durante la seconda guerra mondiale. Dal 1944 al 1991 fu annessa all’URSS e trasformata in una Repubblica Socialista Sovietica, che dichiarò l’indipendenza il 27 agosto del 1991.
Con un occhio acuto e gogoliano per i dettagli grotteschi, spesso squallidi, della vita quotidiana in URSS, Iulian Ciocan dipinge ritratti cupamente umoristici dell’Homo sovieticus.
Conosciamo il piccolo pioniere Iulian (l’autore stesso), che vive in un appartamento di quaranta metri quadri con i genitori e la zia Sanja; quando sua madre decide di abortire perché non possono permettersi di crescere un altro figlio, Iulian è vinto dall’amarezza, perché capisce che non avrà mai un fratello e che lui è al mondo solo perché è nato per primo. Il veterano-da-poco-pensionato Polikarp Feofanovic aveva combattuto contro i nazisti, aveva creduto negli ideali socialisti; ora però deve scontrarsi contro una giovane generazione contaminata dall’indifferenza e dalla mancanza di rispetto per il passato; nessuno si cura più di lui, il figlio ingegnere vive ad Odessa e non arriva nemmeno in tempo per il funerale. Anche Aleksej Petrovic, il difensore di Stalingrado, che se ne va in giro con le medaglie appuntate al petto, può solo spaventare dei ragazzini. Ionel Pislari, facchino presso una fabbrica; arrivato a Chişināu dalla campagna, aveva sposato Ljuba, una lavoratrice di buon carattere; insieme conducono una vita monotona, costretti in una casa condivisa squallida e sovraffollata, sopraffatti da un reciproco disprezzo. Griša Furdui, cugino di Ionel, giunge nella capitale dalla campagna per comprarsi un cappotto e rimane sopraffatto dalla città. L’indolente Pvel Kavrig, direttore del Dipartimento ideologico presso il comitato di partito, vive in una casa con molti lussi: è il classico arrivista che cerca di ottenere tutti i vantaggi che gli derivano dalla posizione ricoperta. E poi ci sono le “bande di capelloni vagabondi” che disturbano la quiete serale del cortile e che Iulian detesta: suonano la chitarra, bevono birra, imprecano, e il ragazzo non si riconosce in questi comportamenti.
Iulian è un ragazzino introspettivo, gracile, timoroso e spesso preda dei bulli più grandi che non gli risparmiano insulti e botte; lo accusano di essere un “byk”, un campagnolo stupido e rozzo, e ciò lo rende ancora più schivo, nonostante il suo amico Laric cerchi di rassicurarlo. Proprio i “capelloni”, invece, che lui guardava con sospetto, lo trattano in modo più umano. Ma per lui ciò che conta è diventare un buon cittadino, abile nel lavoro e in grado di difendere la patria.

La vita non è facile: i lavori non danno alcuna soddisfazione, solo fatica e umiliazioni e allora non resta che annegare tutto nell’alcol: gli uomini si ritrovano per giocare a domino e sbronzarsi. Le donne, incattivite, si lamentano e litigano con i mariti e tra di loro, tra invidie e recrimìnazioni: la convivenza forzata negli appartamenti sovraffollati del kombinat (insediamento industriale) non favorisce buone relazioni. Su tutto domina un senso di amarezza e disincanto, nonchè l’amara certezza che i nobili ideali della società sovietica erano da sempre bugie.
Poi, un giorno, il padre di Iulian riceve in dono una Spidola, una radio, per i vent’anni di eroico lavoro svolto nella fabbrica. Di giorno la radio è in balia della madre e della zia, mentre il padre la ascolta solo qualche minuto la sera, prima di crollare distrutto dalla stanchezza. Di notte, finalmente, il ragazzo riesce ad appropriarsi della radio che equivale ad aprire una finestra sul mondo. Una sera, capta una radio straniera, una voce che parla perfettamente russo: capisce immediatamente che si tratta di propaganda anti-russa (come potrebbe essere altrimenti…) al soldo del nemico capitalista. Rimane turbato dalle notizie che sente in merito alle armi nucleari tanto sbandierate dal nemico; in lui si affacciano i timori di una possibile guerra. Ma più di tutto, lo turba la notizia, per di più appresa per voce straniera, che Leonid Brežnev sia gravemente malato. Per il giovane pioniere idealista Iulian, la più grande disillusione di tutte sarà la brusca rivelazione della mortalità di Breznev.
Iulian continuava a rivivere la terribile scena del pesante feretro che veniva calato nella fossa, pensando che una guerra devastante sarebbe potuta scoppiare da un momento all’altro.
Il romanzo di Ciocan si compone come un puzzle che, pezzo dopo pezzo, arriva a delineare un’immagine d’insieme. Attraverso i volti dei personaggi e le loro esistenze riusciamo a farci un’idea di come fosse vivere nella repubblica moldava. Un testo scritto con uno stile diretto, senza fronzoli, venato di amara ironia.
Qui potete leggere l’incipit del romanzo.
“Completamente disorientati e ampiamente impreparati alla nuova economia di mercato e alle sue numerose regole non dette, i personaggi di Ciocan lottano con scelte morali, nostalgia per il passato e aspettative irrealistiche. Questa esperienza traumatica di dover ricostruire completamente il proprio sistema di valori, ricreare la posizione sociale e sopravvivere in un ambiente nuovo e raramente misericordioso è ciò che milioni di cittadini sovietici, incluso Ciocan, hanno vissuto direttamente negli anni ’90.” Filip Noubel, Asymptote
Iulian Ciocan è scrittore e giornalista. Nato nel 1968 a Chişinău (Repubblica di Moldavia), è uno degli autori moldavi contemporanei più tradotti. Parallelamente alla sua attività di scrittore, si occupa di giornalismo e critica letteraria. Collabora inoltre alla programmazione culturale di Radio Europa Libera nella sede di Chişinău. È autore di una “trilogia moldava” inaugurata nel 2007 dal romanzo Prima che Brežnev morisse – tradotto in ceco, inglese e serbo. Ciocan è stato ospite del PEN World Voices Festival di New York e della European Literature Night di Amsterdam.

Grazie per questa proposta di lettura! Per chi ha visto l’Eurovision, il nome di Chişinău è associato a una canzone a dir poco folkloristica, che ha finito col catalizzare l’attenzione sulla Moldavia e, nel mio caso, anche su libri dedicati a questo paese.
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Come sai, cerco sempre romanzi che mi facciano scoprire realtà che non conosco e in questo caso è stato davvero interessante capire qualcosa di più su un Paese di cui so molto poco.
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