«Di grandissima varietà, molto cool e molto sexy», così la giuria dell’International Booker Prize ha definito la Shortlist di quest’anno, selezionandoli tra i candidati della longlist.

Tra i sei libri candidati all’edizione 2023 del premio ce ne sono due tradotti da lingue mai incluse prima nella storia dello stesso: il catalano, la lingua dalla quale Julia Sanches ha tradotto Boulder, il romanzo di Eva Baltasar (in Italia lo ha tradotto Amaranta Sbardella per nottetempo); il bulgaro, la lingua di Cronorifugio di Georgi Gospodinov (mia recensione), tradotto in inglese da Angela Rodel (in italiano, invece, lo ha tradotto Giuseppe Dell’Agata per Voland).

Gli altri quattro romanzi selezionati sono: 

  • Il vangelo del nuovo mondo di Maryse Condé – che a 89 anni è diventata la persona più anziana a essere mai candidata per l’International Booker Prize – tradotto in inglese dal marito Richard Philcox e in italiano da Silvia Rogai per Giunti; 
  • Whale di Cheon Myeong-kwan, portato nel Regno Unito da Europa Editions con la traduzione di Chi-Young Kim e che arriverà in Italia a ottobre grazie a E/O
  • Posti in piedi di Gauz, in Italia uscito per Elliot con la traduzione di Angelo Molica Franco, titolo inglese Standing Heavy (traduzione di Frank Wynne);
  • Still Born di Guadalupe Nettel, tradotto dallo spagnolo all’inglese da Rosalind Harvey, edito in Italia da La Nuova Frontiera col titolo La figlia unica (mia recensione).

I boulder, in geologia, sono morene che si trovano tra il permafrost e la superficie, grossi blocchi rocciosi striati, nati dall’accumulo di materiali trasportati dai ghiacciai nel Pleistocene. Enormi massi emersi in mezzo al paesaggio o nelle acque dell’oceano: pochi sanno da dove provengano e perché siano lí, “pezzi di mondo avanzati dalla creazione, isolati, esposti a tutto”.

Boulder, la protagonista che dà voce a questo romanzo, è pietrosa ed ermetica come una di quelle rocce, rasentate dalla vecchia nave mercantile in cui si guadagna da vivere preparando i pasti in una cucina abbastanza angusta da non doverci lavorare con altri. È la situazione perfetta: la solitudine “necessaria a qualsiasi essere vivente per crescere” e la provvisorietà per compagna, una piccola cabina e il vuoto attorno, il blu, il vento che taglia la faccia, il resto del mondo sfocato all’orizzonte e ogni tanto un porto in cui incontrare una donna che non rivedrà mai piú. Fino al giorno in cui, in un bar all’estremo nord della Patagonia cilena, conosce Samsa, l’amore che metterà tutto in discussione. La donna per cui Boulder lascerà il mare e andrà a vivere in una casa gialla e perfetta a Reykjavík, quella che, dopo qualche anno e tra pensieri aguzzi come spine, accetterà di accompagnare in una clinica di riproduzione assistita. Ma quel momento, Boulder lo sa, sancisce un esilio inesorabile dal corpo di Samsa, espropriato da una maternità onnipotente e feroce che fa crescere nella protagonista un’insofferenza spietata, un “freddo permanente” che nutre il vuoto e il bisogno di fuga, alla ricerca irriducibile della “polpa di senso” che, chissà, forse è solo una nuova solitudine. 

Dall’autrice di Permafrost, un nuovo romanzo che fa del disincanto poesia e del tormento ironia.

 

Laura e Alina si sono conosciute a Parigi quando avevano vent’anni. Ora sono tornate in Messico. Laura ha affittato un piccolo appartamento e sta finendo la tesi di dottorato mentre Alina ha incontrato Aurelio ed è rimasta incinta. Tutto sembra andare per il meglio fino a quando un’ecografia rivela che la bambina ha una malformazione e probabilmente non sopravvivrà al parto.
Inizia così per Alina e Aurelio un doloroso e inatteso processo di accettazione. Non sanno ancora che quella bambina riserva loro delle sorprese. È Laura a narrarci i dilemmi della coppia, mentre anche lei riflette sulle incomprensibili logiche dell’amore e sulle strategie che inventiamo per superare le delusioni. E infine c’è Doris, vicina di casa di Laura, madre sola di un figlio adorabile ma impossibile da gestire.

Scritto con una semplicità solo apparente, La figlia unica è la storia di tre donne e dei legami d’amore e d’amicizia che intessono mentre si confrontano con le differenti forme che la famiglia può assumere al giorno d’oggi.

Gaustìn, un bizzarro personaggio che vaga nel tempo, inaugura a Zurigo una “clinica del passato” dove accoglie quanti hanno perso la memoria per aiutarli a riappropriarsi dei loro ricordi. Ogni piano dell’edificio riproduce nei dettagli un decennio del secolo scorso, e la prospettiva di un confortevole rifugio dal presente finisce per allettare anche chi è perfettamente sano. In Europa intanto viene indetto il primo referendum sul passato e la campagna elettorale si fa ben presto movimentata…

È una domenica di Pasqua quando la signora Ballandra trova nel suo giardino un neonato. Lei e il marito, che nella vita si dedicano alla coltivazione di magnifiche rose, non hanno figli e interpretano il suo arrivo come un dono del cielo. Ma forse il bambino cela dentro di sé un segreto più grande: Pascal è infatti un mulatto di una bellezza ultraterrena e nel tempo gli vengono attribuiti vari miracoli, tanto che intorno a lui si raccoglie un gruppo di appassionati discepoli. Dio o impostore? Pascal stesso è dominato da una sola ossessione: scoprire le proprie misteriose origini e rintracciare il suo vero padre. Chi è allora Pascal e qual è la sua missione? Un’opera densa di riferimenti biblici e filosofici che ci spinge a riflettere sulla possibilità di costruire una società più giusta.

Ossiri è un brillante studente ivoriano che negli anni Novanta decide di emigrare in Europa in cerca di un’occupazione. Inizia così la sua avventura a Parigi alla scoperta della comunità, composta quasi esclusivamente da uomini neri immigrati, legata al lavoro di vigilantes nei grandi magazzini, lavoro per il quale si viene pagati per “stare in piedi” e controllare la clientela. Nelle lunghe ore trascorse tra i reparti del negozio, Ossiri guarda la società e ce la racconta con travolgente ironia, nella sua infinita varietà di abitudini, vezzi, inettitudini e assurdità da consumatori medi occidentali. Posti in piedi è una cruda ed esilarante fenomenologia della globalizzazione che, andando a ritroso negli anni, mostra cosa si cela oggi dietro a concetti come immigrazione, integrazione, benessere, tolleranza e lavoro. Acclamato dai giornali (miglior esordio dell’anno 2014 per la rivista «Lire») e dai lettori francesi, vincitore del “Premio dei librai Gibert Joseph”, il romanzo di Gauz mescola l’epica delle vite ordinarie con la più intelligente delle critiche sociali contro stereotipi e pregiudizi.

l vincitore del premio sarà annunciato il 23 maggio a Londra. Ricordiamo che, come tradizione, la vittoria sarà doppia: saranno premiati sia l’autore/autrice del romanzo che il traduttore/la traduttrice dello stesso, che si divideranno equamente il premio di 50 mila sterline.

Nel 2022 l’International Booker Prize è stato vinto da Geetanjali Shree con Tomb of Sand, il primo libro hindi tradotto in lingua inglese.