PROLOGO
Ho sempre sostenuto di essere colpevole. L’ho detto durante gli interrogatori e lo ripeto qui, così che non rimangano dubbi.
Però alla fine deciderete voi. È così che funziona il sistema, giusto? L’avvocato mi ha detto che l’obiettivo della legge è cercare di ristabilire gli equilibri, di riparare le cose. Gli ho risposto che è una grande cazzata. Ci ha ripensato, ha detto che forse no, non ripara un bel niente, ma ha insistito sul concetto degli equilibri.
In un certo senso sono d’accordo.
Sono d’accordo perché ci ho provato con le mie mani, a rimettere le cose in equilibrio. Ma non ci sono riuscito.
Ora mi affido a voi.
*
Gionata scatta seduto sul letto e fa un respiro profondo. Cerca di controllare il battito. Una cupola rossa attorno alla radiosveglia, le cifre illuminate:
01:33
20.03.2007
Si alza, in boxer, e attraversa l’appartamento. In bagno beve a piccoli sorsi.
Un’ombra appare sulla soglia della seconda porta che dà sul salotto.
«Ti ho sentito urlare.»
«È tutto a posto, Pippo. Non volevo svegliarti.»
«Non pensi che… intendo, forse dovresti vedere qualcuno.»
«Sto bene. Torna a dormire.»
In camera, Gionata accende la lampada sul comodino. Mezza canna nel posacenere, uno Zippo ammaccato col logo dei Ramones. Una vite conficcata nel cassetto sostituisce il pomello.
Fruga nel cassetto tra CD senza custodia e custodie senza CD, toppe comprate ai concerti e mai cucite sulla giacca, accendini coi nomi delle aziende per le quali ha lavorato, bustine di plastica vuote.
Scuote la boccetta di vetro, l’inchiostro si stacca dal fondo. Arroventa la punta dell’ago con la fiamma dello Zippo e arrotola i boxer sulla gamba destra.
Nella luce fioca, cerca uno spazio libero. La punta dell’ago pennellata di nero. Buca la pelle e strappa con decisione. Una linea lunga dieci centimetri, poi un’altra. Stringe i denti. Asciuga il sangue coi boxer, intinge l’ago nell’inchiostro e disegna un ultimo tratto.
Luca Brunoni