Il mestiere di leggere. Blog di Pina Bertoli

Letture, riflessioni sull'arte, sulla musica.

La casa capovolta

INCIPIT

Le bambole erano tutte in fila sullo scaffale della cameretta di Eva. Avevano capelli lunghi di nylon e sorridevano di nascosto quando Eva le guardava. Gli occhi di vetro mandavano riflessi azzurri che galleggiavano nell’aria come una risata. Quando le prendeva, loro si trasformavano. La loro pelle diventava morbida, gli occhi si accendevano e quelle parlavano fitto con le loro voci trasparenti. La Signora, la bambola più vecchia, la scrutava con gli occhi severi, occhi che mandavano lampi taglienti. Era esigente con Eva; non sorrideva mai. La sua pelle sembrava di legno solido e duro. Eva aveva quasi dieci anni, e ancora faceva giochi infantili. Laura, la sua unica amica, quando la vedeva arrivare con l’una o l’altra delle sue bambole storceva il naso. Si guardava intorno perché non voleva che qualcuno nella via la vedesse entrare in casa sua con quella roba: chissà cosa avrebbero pensato. Eva non capiva che ci fosse da pensare e se anche c’era, che facessero pure.
Lei nemmeno la vedeva la gente per strada. Camminava con le bambole che le pendevano una di qua e una di là, a testa in giù spazzando l’asfalto con i loro capelli, e mentre camminava immaginava sempre di essere da un’altra parte e finiva per non vedere niente e nessuno, come fosse cieca. Davanti al portone della casa di Laura si svegliava e la prendeva una specie di entusiasmo per il gioco che aveva in mente di fare, e il suo entusiasmo contagiava Laura in un baleno. Ogni volta l’amica le apriva la porta accigliata: era di una testa più alta di lei e voleva farla finita con quelle trovate infantili. Era una ragazzina piena di buon senso, che quando discuteva con qualcuno pretendeva di aver ragione e di solito ce l’aveva sempre. Ma la luna le si raddrizzava in un baleno. Laura cascava sempre dentro il gioco dell’altra, nel mondo dell’altra. Si faceva attirare dalla gente con facilità, non solo da Eva. Da sola stava tutto il tempo
a riempirsi di noia.
Eva all’opposto era piccola e scura, i capelli tagliati corti con la macchinetta. Di buon senso non ne aveva nemmeno un po’. Camminava a testa bassa, guardando apparentemente per terra i sassolini che si ritrovava in mezzo ai piedi, ma di solito non vedeva nulla: di solito fantasticava. I suoi non facevano molto caso a dove andava e con chi, ma quando ci facevano caso avevano da ridire. Non devi dar fastidio, non andare sempre da quella gente, dicevano; soprattutto suo padre, quando Eva usciva per andare nella casa di fronte, da Laura. Se sua madre fosse riuscita a interessarsi a lei, avrebbe detto la stessa cosa.

Elisabetta Pierini

Recensione

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