Il canto del profeta, di Paul Lynch, 66thand2nd 2024, traduzione di Riccardo Duranti, pp. 288

Sono i volti senza nome che hanno portato allo stato presente, eppure sono facce come la sua, facce che passano come sempre in questa città che continua a respirare l’incessante fluire della notte nel giorno.

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Il canto del profeta, libro vincitore del Booker Prize 2023, mi ha attirato subito dopo avere letto la sinossi. Lynch (che mi ricorda molto Manuel Agnelli degli Afterhours) ha scritto un romanzo in cui letteratura e politica si uniscono per dare vita ad un racconto che pone l’accento sulle derive di certi autoritarismi imperniati su un pericoloso mix di nazionalismo, ordine sociale e repressione del dissenso.

Lo scenario che Lynch costruisce per il suo romanzo è distopico poiché descrive un’Irlanda del prossimo futuro, in cui un partito nazionalista di estrema destra ha vinto democraticamente le elezioni, è salito al potere in modo legittimo, dunque, ma appena insediato, ha iniziato una dura campagna di repressione di ogni libertà, spingendosi a compiere atti di violenza di massa per reprimere qualsiasi tentativo di opporsi a ciò che accade. Un regime brutale come quelli che si sono visti in America Latina (Cile, Argentina, tanto per dire).
Se usciamo dalla finzione narrativa e ci guardiamo intorno, credo ci venga spontaneo sentire i brividi correre lungo la schiena: è così distopica questa ipotesi? E se fosse un’agghiacciante anticipazione di ciò che potrebbe riservarci il futuro? Ecco dunque che il primo aggettivo che mi viene in mente per definire quest’opera è inquietante, seguito da agghiacciante dopo avere voltato l’ultima pagina.

In un contesto internazionale (ma non solo) in cui i venti di guerra spirano a tutta forza, in cui le libertà di parola e di pensiero sono minacciate o calpestate, in cui diritti civili e umani sono costantemente negati o repressi, viene spontaneo pensare che sentirsi al sicuro nel nostro “piccolo mondo” occidentale è solo un’illusione.

Il romanzo di Lynch non si inoltra nelle motivazioni strettamente politiche di come si sia arrivati a quella deriva, ma mostra gli effetti e gli sviluppi che conseguono all’esercizio del potere da parte di chi lo detiene attraverso la smantellamento quotidiano e sistematico di un sistema democratico. Un sistema in cui i cittadini ripongono fiducia, ormai così consolidato da non sospettare che possa essere sovvertito tanto facilmente. E invece, come l’incredula protagonista dovrà sperimentare, è tutto molto semplice.

Protagonista del libro è Eilish Stack, una scienziata che lavora nell’industria della biotecnologia molecolare, appena rientrata dalla maternità del quarto figlio; il marito Larry è un professore delle superiori nonché vicesegretario generale del Sindacato insegnanti irlandese. Una qualunque famiglia borghese, con quattro ragazzi e un matrimonio felice, che vivono in una villetta con giardino in un tranquillo quartiere della città di Dublino.

All’inizio del racconto ricevono l’inquietante visita di due energumeni del governo per parlare con Larry: secondo le informazioni in loro possesso Larry, per via della sua attività di sindacalista, in seguito a una manifestazione repressa brutalmente dalle forze dell’ordine, è un agitatore rivoluzionario, e perciò gli chiedono di recarsi prima possibile, meglio la sera stessa, in un grigio e anonimo ufficio burocratico per rendere conto delle sue azioni. Nonostante i toni apparentemente cortesi, il loro atteggiamento è minaccioso. Larry intuisce subito che andare in quell’ufficio potrebbe essere un pericolo. Ma il suo senso civico e la certezza di non avere commesso niente di male, uniti ad un certo fatalismo, lo spingono a recarsi a quell’appuntamento. Da quel momento tutto precipita e nel giro di poco tempo si perdono le sue tracce.

Eilish si dà da fare per rintracciare suo marito: contatta legali, colleghi, conoscenti, mantenendo il sangue freddo e la determinazione a risolvere quello che ritiene essere un fraintendimento, un banale errore di valutazione. Eilish è una scienziata, ha una forma mentis razionale, crede nelle garanzie che, per quanto la situazione stia scivolando verso una deriva proibizionista, il governo deve conservare.
Intanto continua la sua vita tra lavoro, scuola e accudimento dei figli; tra loro parlano della vacanza in Canada che hanno in programma in estate per ricongiungersi con la sorella, certi che la loro vita tornerà sui binari della normalità.

In breve tempo però la situazione degenera, le proteste sono represse nel sangue, migliaia di persone – famiglie, ragazzi, donne – spariscono nel nulla. Le voci che serpeggiano tra la popolazione profetizzano sviluppi sempre più cupi. Nonostante Eilish cerchi di proteggere suo figlio maggiore che è stato precettato per la leva obbligatoria, lui decide di aderire alle forze dei ribelli, e come suo padre, diventa un fantasma con cui Eilish perde ogni contatto.

Risuonano particolarmente profetiche le parole della sorella di Eilish, Áine, che vive in Canada, e che si adopera per organizzare la fuga dei membri della famiglia rimasti in Irlanda. Durante una drammatica telefonata, cerca di persuadere la sorella a lasciare l’Irlanda con i tre figli più piccoli. Áine avverte Eilish del pericolo che corre con toni tragici: la storia, sostiene, è una lista di quelle persone che non hanno saputo andarsene in tempo, sottraendosi alla morte quando ancora ne avevano la possibilità. Ma Eilish non se la sente di lasciare il paese senza avere notizie del marito e del figlio maggiore, crede che le paure di sua sorella siano esagerate e paranoiche, si rifiuta di riconoscere che anche nel suo Paese potrebbe accadere il peggio; crede cecamente nella solidità del sistema liberale, ma quel sistema è stato del tutto smantellato.

Sto cercando di tenere insieme questa famiglia perché ora come ora è la cosa più difficile da fare in questo mondo che sembra fatto apposta per strapparci l’uno all’altro, certe volte non fare niente è il modo migliore per ottenere quello che vuoi, certe volte bisogna rimanere in silenzio e a testa bassa.

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La decisione di Eilish di rimanere nonostante la situazione stia precipitando rende la lettura angosciante perché è chiaro che tutto peggiorerà, fino alle estreme conseguenze, come le cronache ci mostrano nei telegiornali, scivolando da uno scenario di guerra all’altro senza soluzione di continuità, anche se lei si illude che si possa tornare indietro. I capitoli diventano dunque la cronaca di un quotidiano stravolto dalla guerra civile che impazza furiosa e distruttiva; anche le azioni di Eilish e dei figli sopravvissuti si adeguano a questa falsa normalità, che eppure è necessaria. Procurarsi il cibo, sfruttare le poche ore in cui l’energia elettrica e l’acqua sono disponibili, captare i segnali radio stranieri per avere un minimo di informazioni.
Il dramma di questa famiglia spezzata assomiglia a quello delle migliaia di altre famiglie che si trovano in ogni luogo in cui la guerra divampa col suo potere funesto.
Eilish si troverà a prendere decisioni difficili, in un contesto su cui non può più esercitare alcun controllo, fino a scendere in un mondo di tenebra.

Con una scrittura che non lascia scampo, Lynch organizza il racconto in lunghi e incalzanti capitoli, in cui nemmeno i dialoghi sono arginati dalla punteggiatura, per costringere il lettore a leggere tutto d’un fiato, per tenerlo incollato alle pagine. E ci riesce magnificamente, ve lo assicuro.

Come apprendiamo verso la fine, le profezie a cui rimanda il titolo non riguardano un determinato assetto politico o un contesto storico, ma piuttosto afferiscono alla stessa condizione umana. Non si tratta di profetizzare la fine del mondo, quanto di sapere che le violenze che sono già accadute nel passato, con andamento ciclico, continueranno a succedere, esattamente come accadono tuttora in vari angoli del mondo.
Quello che il romanzo di Lynch ci ricorda è che it can happen here, nessuno è al sicuro.

Il canto dei profeti non è altro che lo stesso canto sempre cantato nel corso del tempo, l’avvento della spada, il mondo divorato dalle fiamme, il sole che cade sulla terra a mezzogiorno e il mondo che precipita nelle tenebre, la furia di una divinità incarnata nella bocca del profeta che si scaglia contro la malvagità che sarà scacciata e il profeta non canta la fine del mondo, ma quello che è stato e sarà fatto, quello che è fatto ad alcuni ma non ad altri, che il mondo finisce continuamente in un posto ma non in un altro e che la fine del mondo è sempre un evento locale, arriva nel vostro paese e visita la vostra città e bussa alla porta della vostra casa mentre per altri diventa solo un vago avvertimento, un breve servizio al telegiornale.

Pag. 272

Qui potete leggere l’incipit del romanzo.

Paul Lynch è un autore irlandese. Nato a Limerick nel 1977, è cresciuto nella Contea di Donegal. Ha diretto la sezione di critica cinematografica dell’«Ireland’s Sunday Tribune» e collabora da tempo con il «Sunday Times». Cielo rosso al mattino (66th and 2nd, 2017) è stato il libro dell’anno per l’«Irish Times», il «Toronto Star» e l’«Irish Independent». Il suo secondo libro, Black snow, ha vinto in Francia il Prix Libr’à Nous per il miglior romanzo straniero e il Prix des Lecteurs Privat. Considerato tra gli scrittori irlandesi più brillanti della sua generazione, la sua scrittura è stata spesso accostata ad autori come Cormac McCarthy, Seamus Heaney e William Faulkner.
Nel 2023 vince il Booker Prize con il romanzo Il canto del profeta, pubblicato in Italia nel 2024 da 66thand2nd e finalista del Premio Strega Europeo 2024.